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Quello che il renzismo non dice (19): sul Pinocchio renziano da Collodi a Dickens. E sulla sfuriata della dipendente pubblica a VIRUS, il contagio delle idee (RAI 2).

Creato il 20 settembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Quello che il renzismo non dice (19): sul Pinocchio renziano da Collodi a Dickens. E sulla sfuriata della dipendente pubblica a VIRUS, il contagio delle idee (RAI 2).

“Una probabile morte di Pinocchio”, Walther Jervolino, oil on canvas

di Rina Brundu. “Geppetto è indagato e Pinocchio rischia l’eredità”, commenta, quest’oggi, con una straordinaria metafora collodiana, un anonimo lettore di un articolo sui patemi renziani del momento. In realtà, lo statement è ingeneroso almeno per quanto riguarda le vicenze giudiziarie che sembrerebbero avere coinvolto il padre del Premier, ma la definizione di “Pinocchio” appare quanto mai calzante quando si va a “guardare” dentro l’operato politico di questi giorni del Presidente del Consiglio.

È così, infatti, che si scopre un Pinocchio retorico e scontato. “Dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l’ha e chi no, tra chi ce l’ha a tempo indeterminato e chi precario? ”ha “tuonato” (si fa per dire) Matteo Renzi, scoprendo l’acqua calda, contro i sindacati capitanati dalla Camusso-Thatcher (ma quando mai!!), pronti ad impugnare le armi contro il suo Jobs Act. Naturalmente la risposta più ovvia avrebbe dovuto essere: “E dov’eri tu e il tuo Partito quando si consumava lo stesso reato?”. Purtroppo però la risposta è stata: “«La sfida che lanciamo noi è fatta dall’idea che si può fare lo statuto dei lavoratori, ma bisogna fare sì che tutti abbiano gli stessi diritti con contratti a tempo indeterminato», ad ulteriore dimostrazione di quanto distante (nel tempo e nello spazio si potrebbe forse dire), dalla realtà economica e contingente siano le politiche di queste unioni sindacali nostrane. Di quanto obsolete e per molti versi rischiose sotto molteplici punti di vista siano per i destini lavorativi ultimi di coloro che difendono.

Il mare magnum di semantica infarcita di luoghi comuni, perché il rimprovero renziano alla Camusso è un mero luogo comune, usata filastrocca e nulla più, dentro cui sta affondando il renzismo di questi tempi non sorprende chi (e tra questi ci sono anche io), ha una visione più scettica delle possibilità di questa nuova fase politica italiana. Non può essere fonte di futuro diverso una formula di governo che nella realtà pratica, nella sostanza, somiglia sempre più ad una sorta di gattopardismo melenso. Non può essere fonte di futuro diverso una formula di governo capace solamente di scontentare i meno, di uscite estemporanee e scontate, a meno che non si voglia credere che, in epoca post-rivoluzione digitale e post sboom economici e finanziari, i destini del Paese in crisi saranno determinati dalla Camusso “and the likes”. L’amara verità recita però che quando non c’é lavoro a nulla servono i sindacati per difenderlo, se non a peggiorare lo status-quo, e dunque meglio sarebbe che il governo si inventasse formule nuove per procurarne (di lavoro), invece che dirimere sull’ovvio.

Due giorni fa, durante il programma VIRUS (RAI 2) condotto da Nicolo Porro, abbiamo assistito alla filippica di una dipendente pubblica che ha giustamente difeso la sua categoria, lamentando l’essere quest’ultima una sorta di mammella gonfia da cui l’Esecutivo succhia quando occorre comprare il latte per la prima colazione in famiglia. Ha difeso, in maniera anche aspra, le tante ore di lavoro che, nella sua visione delle cose, i dipendenti pubblici coprirebbero, sovente scontrandosi allo “sportello” con un pubblico di clienti in dato modo assatanati. C’è da crederle senz’altro su questo punto. L’intervento però ha avuto il solo risultato di riportarmi alla mente un servizio televisivo visto alcuni anni fa. Riguardava una tribù sperduta in un remoto angolo di una remota Africa senza passato ne futuro. Senza presente. La tribù era composta da poche famiglie che non possedevano né armenti, né orti, né giardini dove procurarsi il cibo con cui campare. Fortuna che, a qualche decina di chilometri di distanza, c’era una miniera di proprietà dell’uomo bianco … Così, piovesse o tirasse il vento, gli uomini si alzavano alle due del mattino, correvano scalzi nella foresta per coprire la notevole distanza… trascorrevano una pesantissima giornata al lavoro… e poi di nuovo, di corsa, verso casa, verso la famiglia da riabbracciare… la sera ….

“Hard Times” scriveva Charles Dickens e forse non aveva ancora visto nulla.


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