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POLITICA ITALIANA
Dopo aver incarnato la sfida a una sinistra conservatrice, arcaica e inefficace nelle politiche e nel pensiero, legata alle proprie rendite di posizione e interessata più a pascolare nei propri recinti che navigare in mare aperto per prendere la guida dell’Italia, Matteo Renzi, una volta raggiunto il potere, ha preteso di incarnare la sfida a tutto quanto di ostile all’innovazione vi è nel nostro Paese.
Ha preteso di essere l’avanguardia del nuovo contro quel vecchio che sino ad oggi ci ha impedito di proiettarci nel futuro.
Purtroppo, però, a quella che avrebbe dovuto essere la pars construens della propria impresa, è giunto in modo molto frettoloso, impreparato, a corto di idee e progetti concreti e senza un gruppo di lavoro all’altezza. Vago e dilettantesco rispetto alle riforme costituzionali, al modo in cui affrontare la spesa pubblica per ridurla drasticamente, al tema della riduzione del peso fiscale, alle politiche del lavoro, per citare solo i capitoli più rilevanti. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Al tempo stesso, nella sua nuova veste di uomo di governo ha ritenuto che la cifra della propria azione dovesse continuare ad essere quella della lotta contro il nemico. E soprattutto quella di una lotta solitaria, contro tutto e tutti. Non si è preoccupato di crearsi un’autorevolezza da uomo di Stato, convincendo della bontà (ragionevolezza, fondatezza, visione) dei suoi progetti, per allargare la platea dei suoi sostenitori. Ha semplicemente creato una narrazione semplicistica, con nuovi e discutibili luoghi comuni ripetuti a pappagallo dai suoi fedeli e dai suoi fan, dove sono contrapposti buoni e cattivi, riformatori e ostinati conservatori dello status quo. Le sue riforme (o pezzi di riforme, o promesse, o vagheggiamenti) e le sue scelte (la Mogherini come Mrs Pesc o niente) costituiscono l’orizzonte del futuro, tutto ciò che le mette anche solo in discussione rappresenta invece il cupo aggrapparsi al vecchio che soffoca l’Italia.
Poiché chi non vuole cambiare nulla per mantenere (sino a quando non si sa, dal momento che ormai da spartirsi non c’è più molto) posizioni, rendite e privilegi materiali e immateriali a danno di tutti esiste davvero, ecco che chi veramente vorrebbe partecipare al cambiamento di questo paese (e non da oggi), ma in modo meno approssimativo e cialtrone di quanto non stia facendo oggi il governo, si trova di fronte ad un aut aut tragico: vedendo nel nuovo corso un’enorme bolla politica, sperare che questa bolla duri e che dal movimento confuso, spesso a vuoto, erratico, emerga almeno qualcosa di buono, se non altro la rottura di vecchi e dannosi equilibri, oppure auspicare che la bolla scoppi il prima possibile, nel timore che di fatto essa non possa produrre alcunché e dunque tanto valga mettervi fine il prima possibile, per cominciare un nuovo percorso (ma quale?).
E’ questo che non perdono a Matteo Renzi. L’essersi intestato il cambiamento senza attrezzarsi per immaginarlo e metterlo in atto. E l’aver messo chi per un momento si era illuso che qualcosa di davvero importante stesse accadendo nella posizione di non sapere più cosa sperare per il domani. O entusiasti e acritici laudatori o invidiosi guastatori. Così, per chi non vuol portare il cervello all’ammasso, ma nemmeno portare acqua al mulino dei gattopardi (ché già abbastanza ne porta Renzi con il suo arrogante dilettantismo), non resta che raccontare ciò che mente e occhi consentono di vedere, ad ogni passo, sapendo che sarà, probabilmente, solo una testimonianza a futura memoria.
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