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Radiografia de “Il Male”

Da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il marzo 13, 2012 | LETTERATURA | Autore: Mario Turco

Radiografia de “Il Male”Salto a piedi uniti la trappola dei giochi di parole su “Il Male” che gli ideatori del famoso settimanale satirico hanno tessuto intelligentemente creando un titolo così che si presta a tale procedimento. Sarà difficile evitare invece l’inciampo degli elogi su cui inevitabilmente si cade quando si deve scrivere delle pazzesche imprese che i redattori de “Il Male” hanno compiuto nella loro prima e breve vita. Sì, prima vita perché “Il Male” è risorto e in ben due forme distinte e separate. A causa dei dissidi tra le due anime della vecchia redazione infatti nelle edicole è possibile trovare sia “Il nuovo Male”, diretto da Vincenzo Sparagna (che si firmava Tersite nella prima incarnazione), sia il più famoso “Il Male”, edito da Vincino e Vauro Senesi. Come due ex fidanzati che si sono tanto amati, i due rispettivi direttori hanno offerto uno spettacolo penoso con Sparagna che nel primo editoriale accusava i suoi passati colleghi di fare satira salottiera e compiacente. Ed è perciò con maggior rimpianto che vado a parlare del libro “Il Male. 1978-1982. I cinque anni che cambiarono la satira”. Prevengo le critiche apponendole prima della recensione del libro. La mia è forse la tronfia esaltazione dell’esponente di una generazione che ha mancato quel periodo solo per pochi anni e che avrebbe tanto voluto farne parte. Cresciuto in quell’Italia da bere (che poi a scolarsela sono stati sempre i Soliti Noti), rimpiango il ‘77 con la nostalgia di chi è arrivato alla festa quando essa era già finita da un pezzo. A quelli come me è toccato mettere a posto i tavoli, spazzare il casino che quelli prima di noi hanno fatto e subire le dure rappresaglie del padrone di casa affinché non si scatenasse mai più un simile pandemonio.

Radiografia de “Il Male”

Questa recensione potrebbe anche apparire come il resoconto favoleggiante di un bimbetto delle medie che prova a descrivere gli sballi del fratello maggiore e del suo gruppo di amici, così fighi agli occhi febbricitanti di un pre-adolescente. E sia. A costo di scadere nel qualunquismo di posizioni populistiche appoggio in pieno costrutti sintattici come “Quei tempi non verranno mai più”, “Non è più come una volta”, “Adesso è tutto peggiore”. Per diamine, provate a sfogliare le pagine de “Il Male. 1978-1982. I cinque anni che cambiarono la satira” e ditemi se alla fine non provate un senso di perdita. Quest’antologia, contenente alcune delle pagine più belle del settimanale satirico, curata da Vincino (pseudonimo di Vincenzo Gallo) che ne fu fondatore e direttore, uscita per Rizzoli nel 2007 in un elegante formato, è un amarcord che pur nella sua sfrenatezza lascia mestizia nel cuore. Non solo e non tanto per gli esponenti di una redazione che pur nella sua volatilità raccoglieva le penne e le matite più graffianti dell’epoca (e non solo): da Andrea Pazienza a Stefano Tamburini, da Angelo Pasquini a Filippo Scozzari. Ciò che più si rimpiange è quella incredibile, per i nostri tempi, libertà artistica nella demolizione iconoclasta dei maggiori poteri del tempo. Alcune vignette restano impagabili anche a distanza di un trentennio.

Radiografia de “Il Male”

Sarebbe inutile addebitare l’immobilismo presente al berlusconismo e al suo strapotere mediatico perché gli anni in cui la rivista “Il Male” usciva nelle edicole erano quelli non meno grigi e irrigiditi della Democrazia Cristiana al potere, del compromesso storico e di un Partito Comunista ancora asservito, in certe dinamiche e con certi dirigenti, alle logiche totalitarie del bolscevismo russo. Il Vaticano era, allora come oggi, la terza Camera del Parlamento italiano e dettava le sue linee guida con la stessa protervia. Ma “Il Male” era una redazione di quelli che una volta esibivano con orgoglio le loro medaglie di “mangiapreti” e che adesso sono costretti a diluirsi in un innocuo anticlericalismo. Papa Giovanni Paolo XXIII, santo ancora prima di morire, venne sbeffeggiato con due copertine che non credo sarebbe possibile vedere nelle edicole odierne. Una, a Wojtyla ancora vivo, lo ritraeva morto come il Cristo di Mantegna e l’altra, dopo un viaggio in Brasile, con il viso deturpato dalla lebbra. Pur usando una dicitura ammuffita, quelli erano soprattutto gli anni di piombo, gli anni in cui l’Italia viveva il suo secondo boom, quello delle stragi terroristiche. “Il Male” nacque e quindi visse in pieno il rapimento di Aldo Moro da parte delle BR e scelse di non accodarsi al perbenismo ipocrita della stampa, che nei due mesi del sequestro lo trattò da subito come un morto, elevandolo a martire della Nazione.

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In un numero la rivista satirica scelse, ad esempio, di uscire con un poster che accanto alla celebre fotografia di Moro in maniche di camicia, col viso smunto e la bandiera brigatista alle spalle, inseriva un baloon con scritto. “Scusate abitualmente vesto Marzotto”. “Il Male” urticava le coscienze, le abradeva e le offendeva (come ricorda lo stesso Vincino che fa mea culpa sul cattivo gusto della vignetta sulla morte della signora Molteni) ma come la sua controparte metafisica è pur sempre necessaria all’esistenza del Cosmo. Non fosse altro che senza il Male, il Bene non esisterebbe e ci sarebbe un Tutto indistinto e mediocre, situazione nella quale stiamo degenerando. Questa colorata risma di punk della penna non poteva che incorrere in guai con la giustizia. Come i denigratori dell’epoca denunciavano, Vincino non nasconde che tutto ciò alimentava il loro successo ed era perseguito ad arte. Una settimana sì e una no la rivista veniva sequestrata da alcuni magistrati zelanti, si beccò alcune denunce da personaggi famosi (anche da Eugenio Scalfari, fondatore di “Repubblica”) e arrivò a subire perfino l’arresto di alcuni esponenti della redazione. Come si evince dal racconto del libro e da alcune pagine dell’epoca, la forza de “Il Male” era di saper trarre anche da queste disavventure nuovo materiale per fare satira. Il giornale veniva denunciato per “vilipendio di capo di Stato straniero” (scandaloso come un odioso reato risalente al fascismo non sia stato cancellato dal codice penale NdA) per una vignetta sul Papa? Bene, la rivista schiaffava nella copertina della settimana successiva 35 vilipendi ad altrettanti capi di Stato stranieri, per denunciare come un simile reato fosse stato sollevato solo per genuflessione al nostro enclave così potente.

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Altra famosa peculiarità de “Il Male” erano le iniziative collaterali che il giornale proponeva periodicamente. Un giorno il giornale cercò di installare un busto di marmo al Parco del Pincio dedicato ad Andreotti ma fu dissuaso dall’onnipresente polizia. E Vincino ricorda come solo un ritardo alla presentazione delle liste evitò che il Partito Socialista Aristocratico candidasse propri esponenti alle regionali del Lazio, dopo aver creato un proprio statuto e il proprio simbolo (un Paperon de’ Paperoni che si tuffa nella piscina delle monete!). Ma ciò per cui “Il Male” ancora adesso è ricordato fino a venir studiato nelle università è la creazione di alcuni tra i più clamorosi e divertenti falsi giornalistici, redatti con una modernità comunicativa che ha fatto proseliti. Il 3 Maggio 1979 i maggiori quotidiani del Paese uscirono con un’edizione straordinaria. “La Stampa”, “Il Giorno” e “Paese Sera” annunciavano a caratteri cubitali che il capo delle BR era stato arrestato. Si trattava di un insospettabile: l’attore Ugo Tognazzi era ritratto in manette mentre veniva caricato su un blindato dei carabinieri. Molti italiani abboccarono a questa bufala per via di un marchingegno perfetto.

Radiografia de “Il Male”

Le tre prime pagine erano ricostruite con la stessa impaginazione grafica, le stesse firme e perfino gli stessi caratteri degli originali. Adesso basta un semplice lavoro al computer ma in quegli anni tutto era frutto di inventiva e artigianalità paziente. Sulla scia di questo successo così clamoroso “Il Male” ci prese gusto e diede la stura alla propria immaginazione. Fu così che un finto “Corriere della Sera” annunciò lo sbarco di alieni che comunicavano tramite emissioni di fetidi odori, che un fittizio “l’Unità” mollò la DC proprio al culmine del compromesso storico, che un mendace “Il giornale di Sicilia” profetizzò con quindici anni di anticipo il pentitismo dell’allora plenipotenziario sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Le capacità “divinatorie” del settimanale si allargarono fino raggiungere vette epocali con il finto “Bild” che già nell’80 annunciava la riunificazione della Germania e la posticcia “Pravda” che prevedeva con otto anni di anticipo il crollo dell’U.R.S.S. Certo, il Male sarà anche tra noi, ma nemmeno esso è più lo stesso. Dopo il revisionismo storico, ecco comparirne un altro ancora più pernicioso: il revisionismo malefico!



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