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Recensione: "Avevano spento anche la luna" di Ruta Sepetys

Creato il 03 ottobre 2012 da Lauragiussani

Titolo: Avevano spento anche la luna
Autore: Ruta Sepetys
Editore: Garzanti
Data uscita: 6 settembre 2012
Pagine: 298
Prezzo: 9,90 euro
Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme alle famiglie di molti altri scrittori, professori, dottori. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. E l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi.

GIUDIZIO:  
IL TITOLO: Rende bene l'idea, anche se avrei preferito qualcosa di diverso. Si discosta molto dal titolo originale (Between shades of grey, in italiano Tra sfumature di grigio) ma forse questo è un bene, perché parlare di sfumature di grigio in questo periodo non invita decisamente alla lettura, almeno per quel che mi riguarda.
LA COPERTINA: Un po' scura nell'immagine riproposta in questo post, dal vivo è decisamente migliore. Semplice ed sintetica, pochi elementi essenziali avvolti da tonalità fredde rimandano all'istante una sensazione di incertezza e timore, gelo e solitudine.
RECENSIONE: Libro che ormai da tempo mi ripromettevo di comprare e leggere, e quando finalmente mi sono decisa (lo scorso mese) ho avuto anche una bella sorpresa: l'edizione economica, fresca di stampa, a soli 10 euro circa. Già un punto a suo favore (da sottolineare che l'edizione economica della Garzanti è di tutto rispetto, con copertina rigida e sovracopertina). Si tratta di un romanzo che cattura, rapisce e non si può fare a meno di leggere tutto d'un fiato. Mi aspettavo fosse bello, ma non così tanto. Una storia inventata che sa di vita vera, dove nella drammaticità della deportazione nei gulag -  e qui i dettagli sulle pratiche crudeli e disumane non si risparmiano - trovano però spazio anche i sentimenti: paura, dolore, disperazione, ma anche un filo sottile di speranza, un sorriso accennato e il leggero palpitio di un cuore apparentemente inaridito.
Il romanzo di Ruta Sepetys non è una semplice cronistoria dei fatti, ma un'esperienza che il lettore ha l'impressione di vivere, perfettamente calato nei panni della giovane Lina.Lo stile è scorrevole, la storia entra nel vivo fin da subito, senza premesse noiose o digressioni inutili. Il cambiamento drastico delle condizioni di vita, o per meglio dire il passaggio da una vita normale a una sopravvivenza - non si può usare altro termine -  al limite dell'assurdo, fa percepire al lettore un'intensa sensazione di smarrimento e incertezza sul futuro. Perchè basta un attimo, e bambini innocenti, avvocati, insegnanti e bibliotecarie si ritrovino ammassati su sudici carri per il bestiame, contrassegnati all'esterno dalla dicitura "ladri e prostitute" e diretti verso luoghi ignoti, gelidi e remoti. E' un libro che insegna molto, che mostra come la lotta per la sopravvivenza sia spietata e di quanto sia facile chiudersi in un inevitabile egoismo, ma che sottolinea al contempo come la forza di volontà e la collaborazione, la capacità di piegarsi senza spezzarsi, permetta di conservare quel barlume di umanità sufficiente a resistere, a sopportare, guardando avanti verso un futuro lontano ma tanto necessario, per testimoniare quanto vissuto e subito.E, come dicevo all'inizio della recensione, in questa storia trova spazio anche l'amore: titubante e genuino, quello tra Lina e Andrius, incondizionato e pronto a tutto, quello di una madre per i propri figli, solido e affettuoso, quello tra Lina e il fratellino Jonas.Non è una favola, che in quanto a tali aspirano al classico lieto fine. Molte speranze si perderanno, desideri non esauditi e preghiere non ascoltate, intrise di lacrime amare spesso non versate. Non è un racconto prevedibile, non c'è giustizia e i personaggi non vivono o muoiono in base alla loro bontà piuttosto che alla loro importanza all'interno del racconto. L'amarezza si fonde con la speranza in una storia davvero sorprendente, che non posso che consigliare caldamente a tutti gli amanti del genere (e non). Cinque stelline piene, le più difficili da conquistare!
LIBRI CONSIGLIATI: Per quanto riguarda la terribile esperienza dei gulag, ricca di macabri e inimmaginabili dettagli, questo romanzo mi ha riportato alla mente il capolavoro di Varlam Salamov, I racconti della Kolyma, una serie di racconti - alcuni veri, altri romanzati - che riassumono l'agghiacciante esperienza vissuta in prima persona dall'autore, ovvero la detenzione nei gulag siberiani per quasi vent'anni. L'aspetto più romantico del romanzo mi ha ricordato molto due personaggi a me molto cari, Tatiana e Alexander, protagonisti de Il cavaliere d'inverno di Paullina Simons. Va detto che  mentre la storia d'amore era la colonna portante della trilogia della Simons, qui ricopre un ruolo secondario, trovando sì spazio ma come componente secondaria. Tuttavia l'incontro tra i due giovanissimi, non ancora ventenni, su uno sfondo così difficile e tragico, ricalca appunto lo stesso schema: non ci sono mazzi di fiori o inviti a cena, bensì una lattina di pomodori piuttosto che un pezzo di pane raffermo. Piccoli gesti pieni di significato.

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