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Recensione: Dal ventre della balena di Michael Crummey

Creato il 10 giugno 2013 da Girasonia76

Recensione: Dal ventre della balena di Michael Crummey Titolo: Dal ventre della balena
Titolo originale: Galore
Autore: Michael Crummey
Traduttore: Annamaria Bivasco e Valentina Guani
Editore: Neri Pozza
Pagine: 384
Prezzo: €18,00
Data di pubblicazione: 9 Maggio 2013

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Recensione: Dal ventre della balena di Michael Crummey Trama
La prima volta che Mary Tryphena incontra il «Grande Bianco» non può sapere che quell’uomo nudo, puzzolente e dalla pelle chiarissima, diventerà suo marito. Mary è solo una bambina e l’unica cosa che le interessa è l’enorme balena che si è appena spiaggiata sulle coste del suo villaggio. È aprile, il giorno della festa di San Marco, ma il ghiaccio non accenna a sciogliersi. Gli orti marciscono sotto la pioggia incessante e i pescherecci tornano vuoti. In una tale carestia, quell’animale morente non può che essere un dono di Dio. Gli abitanti aspettano che la balena muoia per spartirla equamente, quando King-me Sellers si presenta in spiaggia dicendo che l’animale si è arenato sulla sua proprietà e perciò a lui spettano l’intero fegato e otto botti d’olio. Mentre per risolvere il contenzioso si attende l’arrivo della Vedova, matriarca temuta e rispettata, dotata di poteri soprannaturali, la balena muore e i pescatori si armano di coltelli, accette e seghe, scalano il dorso del leviatano e prendono a tagliarne le carni e a raccoglierne il grasso. Hanno appena iniziato quando sulla spiaggia risuonano le grida di un ragazzo: nel ventre della balena c’è un uomo nudo, dalla pelle chiarissima, che puzza di pesce marcio. Inizia così un racconto epico e ipnotico che schiude davanti ai nostri occhi il mondo del Newfoundland, in Canada, a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un mondo magico e spietato in cui due villaggi confinanti, Deep e Gut, con le loro due famiglie – da una parte i Sellers, protestanti di origine inglese, dall’altra i Devine, pescatori irlandesi cattolici – si combattono da decenni, per un motivo che ormai pochi ricordano ancora. Neppure il singolare ritrovamento del «Grande Bianco», un uomo che pare non invecchiare e che, novello Messia, porterà benessere e abbondanza in una terra dimenticata da Dio, eviterà che i vecchi rancori tra la Vedova e i Sellers tornino a galla e trascinino tutti in un vortice inarrestabile. Narrato da uno dei più grandi scrittori canadesi contemporanei e già paragonato a Cent’anni di solitudine di Márquez e a L’urlo e il furore di Faulkner, Dal ventre della balena è un romanzo popolato da fantasmi e creature magiche che racconta l’eroismo e il fallimento di una comunità di immigrati, e l’insondabile malvagità che si annida in ogni famiglia.
Recensione
Entrare nel mondo raccontato nel romanzo di Crummey è stato per me un tuffo nel passato. Nel mio passato. Indipendentemente dal fatto che la storia si svolga in un'altra epoca, in un secolo distante da noi e anche in un continente lontano, il mio viaggio principale è stato nella mia storia di lettrice.
Ho fatto un balzo di una quindicina di anni, forse, non riesco a ricordare il periodo esatto. Però posso dire con certezza che ho fatto un salto che mi ha riportato al mio primo arrivo a Macondo. Ero lì con la piccola Mary Tryphena lungo la spiaggia di Paradise Deep e mi sembrava di ritrovarmi al cospetto della famiglia Buendìa. E il primo incontro con Aureliano Buendia per me fu ipnotico.
Cent'anni di solitudine è stato uno di quei romanzi che hanno segnato il mio percorso di lettrice, uno di quei romanzi che mi sono ritrovata a ringraziare per la loro esistenza, per la loro essenza. Dal ventre della balena mi ha fatto ricordare quelle sensazioni, quella voglia che avevo di sfogliare le pagine per scoprire cosa sarebbe accaduto e a chi, quel desiderio di prolungare la mia permanenza presso la famiglia Buendia.
Con questo non voglio assolutamente dire che Crummey abbia copiato, plagiato o cercato di imitare il capolavoro marqueziano, assolutamente. Lo considero come un omaggio a un'opera meravigliosa.
L'autore ha creato un romanzo originale, dando vita a una saga familiare dai toni tipici di quel genere letterario che è il realismo magico. Una saga familiare che la Allende e Marquez ci hanno insegnato a ritrovare nei paesi sudamericani, e che invece qui si svolge nel freddo Canada.
Una storia che inizia con dei personaggi e che prosegue con i loro figli, nipoti e pronipoti.
Generazioni che devono sopportare il peso e i contrasti di chi è vissuto prima di loro, lasciando un'eredità di pregiudizi e rancori.
Amori sbagliati, figli rinnegati, rimpianti eterni. Di padre in figlio la storia si ripete, con nuovi errori e vecchi rancori.
Personaggi cattivi che non troveranno mai redenzione, amori impossibili che non vedranno mai la felicità, dissapori che non avranno mai possibilità di trovare una soluzione: se volessi provare a riassumere questa storia, non riuscirei a farlo senza sottolineare il mancato lieto fine per ogni personaggio.
Non c'è riscatto, non c'è pace, non c'è felicità per i personaggi che attraversano le quattrocento pagine del libro.
Se provassi a dare un senso a ciò che ho letto, potrei pensare che l'autore non crede nel genere umano, nella possibilità di perdono, ma è convinto che i figli non facciano altro che scontare le colpe dei padri. Eppure. Eppure tutto il romanzo è permeato da momenti di fede. Da continue possibilità di redenzione. Dalla volontà dei figli di non seguire il percorso dei genitori, ma di allontanarsene e vivere una vita diversa, migliore.
E al centro di tutto, silenzioso e calmo, c'è Giudeo Devine.
Giudeo che è uscito dal ventre di una balena e che non ha mai parlato. Giudeo, la cui presenza basta a dare nuova fiducia agli abitanti di Deep. Giudeo, tanto inquietante quanto miracoloso. La sua presenza è un punto fermo: il suo silenzio e la sua mancanza di azioni donano tranquillità e speranza al lettore. Ci ritroviamo a cercarlo tra le pagine, a immaginare quale sarà la sua ultima azione, o quale sarà la sua prima parola, se mai ce ne sarà una, ci domandiamo come salverà quella che è diventata la sua gente. Non ci chiediamo chi sia, com'è arrivato lì, da dove è venuto. Lo accettiamo come l'hanno accettato gli altri: come un miracolo destinato a diventare parte naturale della comunità.
So che il mio racconto finora ha detto poco, forse niente. Dal ventre della balena mi parla ancora per immagini, per sensazioni. Mi fa venir voglia di continuare a immergermi in quelle pagine e scoprire cosa ne è stato delle generazioni successive. Mi fa venir voglia di prendere quell'albero genealogico che è a inizio libro e studiarmelo, fotografarlo mentalmente, mandarlo giù a memoria. Una volta imparato, allora rileggere il libro per capire meglio, per non sperdermi tra un nome e l'altro, tra una marea di personaggi tutti collegati ma difficile da inquadrare.
Questa è una storia che fa venir voglia di approfondire, di studiare, di continuare. Di trovare altre pagine dopo l'ultima.
Ti mette in moto, ti vuole vedere in azione. E non si fa dimenticare.


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