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Recensione di La sesta ora di Salvatore Niffoi

Creato il 11 maggio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

7 Flares 7 Flares × Recensione di La sesta ora di Salvatore NiffoiLa sesta oraSalvatore Niffoi
Pubblicato daIl Maestrale
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Tascabili Narrativa
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

6 Agosto “La mitezza e l’umiltà sono la ricchezza che conta di là”. Ad Ularzai in quell’angolo sperduto di mondo, il piccolo Bacchis vede la luce il 6 agosto, festa della trasfigurazione di Nostro Signore. Quand’era ancora soltanto un bambino comprese che, per restare aggrappato a quella vita, doveva riuscire a sognare e in questo modo imparò a non sentire le cinghiate della fibbia che il padre gli faceva assaggiare ancor prima che imparasse a camminare.

Toc, toc, toc, toc, toc, toc. L’orologio della torre pisana diventò maledetto l’anno in cui una civetta fece il suo nido negli ingranaggi cambiando il suo funzionamento. Fu quasi una maledizione per i cristiani di Ularzai perché cambiò a tutti loro lo scorrere del tempo, ma soprattutto perché – per quegli abitanti – gli unici amici che avevano erano le capre e le campane che, suonando, annunciavano la vita o la morte.

“I can get no, satisfaction” è una delle frasi più ripetute in tutto La sesta ora , insieme ad una serie inenarrabili di suoni che dovrebbero far comprendere al lettore lo stato d’animo.

Parte del racconto di La sesta ora di Salvatore Niffoi si svolge ad Ularzai uno sperduto paesino arroccato nella terra di Barbagia che sfida le persone che avevano l’ardire di nascere là. Luogo dalla descrizione spettrale, senza orizzonte, dove la terra ed il cielo s’incontrano oltre la punta di Sos Mortos Istraccos e cioè la Punta dei Morti Stanchi nella quale nessuno si è mai azzardato a salire e, se lo ha fatto, non ha mai più fatto ritorno. Chi nasce là non riesce più a recidere il cordone ombelicale.

Bachis, soprannominato Bachiseddu è l’ultimo di sette fratelli, della famiglia Voettone, tutti con occhi e capelli scuri come la pece. Lui invece è l’unico con occhi verdi e capelli rossi e presto imparerà l’amore ricambiato per la madre Masedda e l’odio ed il rancore per quel padre Tidoru che lo umilierà, lo picchierà, ma che soprattutto gli toglierà per sempre la voglia di sperare. Ci proverà, Bachiseddu, a sognare e i suoi sogni ad un certo punto si avvereranno. Dai suoi zii imparerà fin da bambino l’arte del sarto, diverrà famoso e i suoi abiti, considerati geniali, varcheranno le soglie del continente, termine con cui gli abitanti di quel paesino chiamano l’Italia in tono quasi spregiativo. Lui che viene spedito proprio da quel padre ad imparare l’arte del pecoraio perché “non si è mai visto un Voettone affeminarsi facendo il sarto, a forza di cucire gli stanno crescendo più le titte dei coglioni”. Imparerà la solitudine e la disperazione a soli otto anni dentro un capanno, in compagnia dei topi e del vento nell’ovile di zio Bore. Sentirà gli odori più rivoltanti e i rumori dei campanacci gli toglieranno il sonno. Suo padre lo voleva come gli altri figli “o pastor o mssajo”, ma sarto mai.

Salvatore Niffoi con La sesta ora non solo ti racconta una storia, ma mentre la leggi ti fa sentire il dolore, la disperazione, il piacere, gli odori e la pace che Bachiseddu trova solo con sua madre. Il suo è un amore quasi edipico e quando lei chiude gli occhi per sempre prima di farlo cerca l’unica persona che in quel momento vorrebbe là: Bachiseddu. E’ una storia che ti fa entrare in un mondo irreale, con delle persone e una natura che non ti sono mai amiche. I confini di quella gente sono chiusi attorno alle loro verità, alle loro paure, alle loro maledizioni ed ai battiti di quella campana – toc, toc toc – alla quale loro credono in maniera illimitata. Una vita non vissuta, ma altrettanto scandita dal solo e unico pensiero, quello della paura di viverla. Le radici di chi nasce là a Ularzai sono talmente profonde che mai, nessuno, riuscirà a tagliarle. Come una maledizione appunto.

Nicoletta Panciera



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