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Recensione - Hell in the club - Let the games begin

Creato il 04 aprile 2011 da Lozirion
Recensione - Hell in the club - Let the games beginCiao a tutti!
Bene, eccomi qui finalmente con la mia nuova recensione, oggi vi parlo di una band di casa nostra e del suo album di debutto....
Gli Hell in the club nascono ad Alessandria dalla collaborazione tra i componenti di importanti gruppi hard rock e metal in Italia, gli Hell in the club rispondono ai nomi di Davide "Damna" Moras, detto Dave, già voce e frontman degli Elvenking, Andrea Piccardi detto "Picco", chitarrista di Wrathchild e Seventhone, tribute band degli Iron Maiden la prima e dei Toto la seconda, Andrea "Andy" Buratto e Federico Pennazzato, rispettivamente bassista e batterista dei Secret Sphere.
I quattro collaborano da un paio d'anni circa, ma il loro ufficiale debutto discografico è datato gennaio 2011, con l'uscita del loro primo album, composto da 12 tracce che mescolano le scariche elettriche dell'hard rock più classico e del metal alla melodia di un rock che prende ispirazione direttamente dagli anni '80, da gruppi come Guns N'Roses, Bon Jovi, Van Halen, Skid Row, Motley Crue Aerosmith e da tutto quel panorama di band americane tra il glam e il metal, l'album si intitola "Let The Games Begin",  letteralmente "Che i giochi abbiano inizio", e allora cominciamo ad ascoltarlo!
Si parte con "Never turn my back", che comincia con un intro di circa 40 secondi fatto di suoni elettronici spezzati da una rullata seguita da una chitarra decisamente hard rock e una voce che ricorda lo stile del lato cattivo di Bon Jovi. Si continua poi con il ritmo incalzante e veloce di "Rock down this place", che esplode letteralmente nelle orecchie già dal primo secondo e con i suoi elettrici tre minuti e mezzo conferma e sottolinea la vena hard rock di tutto l'album, decisamente ottima la chitarra che regala anche un paio di assoli niente male nel mezzo. Chitarra che parte distorta all'inizio di "On the road", terza traccia dell'album su cui incombe l'ombra di "Have a nice day" di Bon Jovi, è molto simile infatti la batteria iniziale ed anche il timbro della voce, e questa è tutt'altro che una critica, decisamente buono anche questo pezzo.
La quarta traccia, "Natural born rockers", è leggermente diversa dalle prime tre, parte infatti con una chitarra a metà tra il folk accelerato e il punk rock, per poi virare decisamente verso sonorità hard rock e heavy/power metal, un po' in stile Van Halen per intenderci, personalmente è la mia preferita,  e nonostante la differenza di genere di certo non abbassa il ritmo tenuto finora dalle tre tracce precedenti, ritmo che è decisamente alto e che non accenna a calare molto nemmeno con la canzone successiva, e cioè "Since you're not here", che, seppur meno grezza ed esplosiva delle altre, fa battere il piede senza troppi complimenti...
Con "Another saturday night" si devia verso un glam rock tipicamente anni '80, con la chitarra in primo piano e un ritmo divertente e quasi ballabile, ma la spensieratezza dura soltanto tre minuti, perchè a fermarla arrivano batteria e chitarra in 4/4, è il momento di alzare il bicchiere per l'hard rock tra AC/DC e Aerosmith di "Raise your drinkin' glass". Hard rock tosto che continua dopo il giro di boa con i due pezzi successivi, "No appreciation" "Forbidden fruit", il primo decisamente esplosivo e coinvolgente, e il secondo con venature alternative rock mescolate con il più classico dei rock anni'80. Anche qui il suond tipico dei Bon Jovi si nota, influenza che diventa evidente nella successiva "Star", ballata acustica di 5 minuti in cui i quattro piemontesi prendono parecchi spunti dalla band del New Jersey e lo fanno decisamente bene....
La chitarra sfumata degli ultimi secondi di "Star" lascia spazio a alla batteria marcata di "Daydream boulevard", penultima traccia del disco che nonostante i quattro minuti di durata fila via in un attimo e porta dritti dritti all'ultima traccia, "Don't throw in the towel", un pezzo hard rock '80 che più classico non si può, giusto finale di un album di debutto come non se ne sentivano da un po', soprattutto in Italia.
Insomma, se il curriculum di questi quattro non bastasse, questo debutto è un gran bel biglietto da visita, un album senza troppi fronzoli, di quelli da ascoltare in macchina a volume alto, 45 minuti di ottimo rock, e in più made in Italy...
Sul sito della band, per la precisione qui, potete ascoltare degli estratti da un minuto e mezzo di ogni brano, fateci un salto e poi ditemi che ne pensate! ^_^
ROCK ON!

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