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Recensione "Hermann" di Davide Rondoni

Creato il 26 gennaio 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Cari lettori, vi voglio proprio parlare di un libro che mi ha emozionato: Hermann di Davide Rondoni uscito per la Bur Rizzoli nella collana I libri della speranza a luglio del 2010. Il primo motivo per l'emozione provata nel leggere è probabilmente il fatto che conoscevo per sommi capi la vicenda, Ermanno era per me un nome e alcuni elementi che lo caratterizzavano, invece nelle parole di Davide Rondoni è come se un rapido schizzo in bianco e nero fosse magicamente diventato un affresco denso con le sfumature e i colori e la profondità dei personaggi e della storia, anzi della Storia, perché questa è una di quelle narrazioni che del Medioevo ti fanno sentire l'odore (tutto compreso) e il sapore.
Trama:Hermann, giovane rampollo dei conti di Althausen nato nel 1013, non era destinato a ereditare il ruolo che gli competeva: fortemente menomato, pareva votato alla morte precoce. Un po' per calcolo politico e un po' per disperazione, venne mandato nel monastero di Reichenau, sul lago di Costanza, dove prese il soprannome di "rattratto". Lì divenne uno degli uomini più importanti del suo tempo: esperto astronomo e abile costruttore di astrolabi, gli si attribuiscono numerosi trattati scientifici, oltre al Salve Regina e all'Alma redemptoris mater. Davide Rondoni ci presenta, con una prosa nitida e coinvolgente, la vita esemplare e toccante di una figura quasi dimenticata, ma famosa nel Medioevo come la "meraviglia del suo tempo". Una storia appassionante dove si scopre che non sempre il dolore significa infelicità.
LA RECENSIONERondoni è un poeta. Non soltanto perché trovo che il libro sia poetico, ma perché lui in genere preferisce la poesia, ci si trova a proprio agio; ma qui la poesia risiede nelle metafore che usa, nell'alchimia delle parole che servono ad aggiungere mondi al mondo, a mettere insieme le cose in modo che una faccia capire l'altra, a mettere ali per far sollevare il pensiero da terra. La poesia c'è anche quando l'animo viene svelato nell'intimo.Rondoni non edulcora il dolore dei suoi protagonisti, non smussa la durezza e la crudeltà degli uomini, non mimetizza la miseria degli uomini di Chiesa, ma non riduce nulla a luogo comune. In queste pagine ci sono la lotta per le investiture e i vescovi simoniaci, l'economia che fiorisce dopo l'anno Mille e il peso del monachesimo benedettino nella nascita dell'Europa, la nascita dell'eresia, e la lotta dei Papi per difendersi dalla longa manus del potere, ma c'è anche l'unicità della Chiesa, la sua irriducibilità al mondo. Irriducibile perché irriducibile è il cuore dell'uomo a cui niente basta, che desidera l'infinito perché niente altro gli corrisponde fino in fondo. L'abate Berno è così descritto, prima di morire.
"Sa che sua madre lo amava. Lo aveva visto quella volta nel parlatorio. Lei gli toccò i capelli, come una madre fa con suo figlio.Con quel gesto unico al mondo. Il gesto che è stato calibrato nei secoli dei secoli, nel buio e poi dalle collisioni delle prime stelle, e dal sollevarsi e ritrarsi delle maree, gesto preparato dai venti quando il mondo era disabitato e che solo gli uomini possono fare, loro che sono quasi niente nell'universo. Spostare i capelli dal viso del figlio... Non gli si può evitare niente, nessuna pena vera. Nessun pensiero, nessuna solitudine. Si possono solo spostare i capelli dal viso. E sua madre lo fece."
E' bello, questo libro, perché c'è posto per la verità dell'uomo nel bene e nel male, per le contraddizioni della storia, per la carezza di una madre e l'asprezza della morte, per i monasteri e l'Europa, per la politica e l'amicizia, per i cambiamenti e la follia della fede. A volte la cifra poetica e quella dell'affresco storico possono apparire giustapposte, ma è evidente nell'autore la stima per quello che narra e la necessità di descrivere la complessità del reale. Rondoni non ha paura del male nella Chiesa, ma la comprende e la narra come il coltissimo Umberto Eco non saprà mai, perché è la natura misteriosa di questo fenomeno divino e umano che gli sfugge. Hermann è uno “sgorbio avvolto in un saio”, come pensa fra sé e sé il messo che va a portargli la notizia della morte della madre, ma se ne va con "un ultrasuono di gioia nel cuore perché, lui, uomo duro e prosaico, ha visto dolore vero e occhi da bambino. Cavalcando come un pazzo nella notte per tornare al castello del suo signore, sente che qualcosa in lui è cambiato, perché ha potuto vedere il miracolo che è un uomo puro. Leggendo la storia del “rattratto” di Reichenau mi è venuto in mente quel verso di “Via del campo”, la bella canzone di De Andrè che dice così “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.Hermann gli dirà, alla fine, “Tu hai difeso il nostro sospiro”.
La vita intera, un sospiro che desidera Dio. (…) Ha conosciuto la seduzione del potere. Ma Dio non lo ha mai abbandonato. Lo ha sempre punto con una inquietudine felice e amara. Il felice desiderio del cielo, e l'amara durezza del niente quando è terra fra i denti, opacità negli occhi, pigrizia del cuore. Anche questa amarezza lo ha tenuto legato a Dio.

L'AUTORE:Davide Rondoni (Forlì 1964) è un poeta, scrittore e saggista tradotto in diversi Paesi. Dirige il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna e la rivista “clanDestino”, collabora con “Avvenire” e “Il Sole 24 Ore”. Per BUR ha pubblicato tra gli altri Il fuoco della poesia (2008) e Poeti con nome di donna (2008).

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