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[Recensione] Il sigillo di Moira

Creato il 09 dicembre 2012 da Topolinamarta

La spolverata di neve che è caduta tra venerdì è sabato si è già quasi tutta sciolta. Il freddo però è rimasto, per la gioia delle mie zampine congelate che hanno appena finito, non senza fatica, di lavorare a questa nuova recensione del progetto… Be’, spero che vi piaccia! :)

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moiraaTitolo: Il sigillo di Moira (# 1/2)
Sottotitolo: Il libro nero
Autore: Andrea Tranchina
Genere: fantasy classico
Editore: Youcanprint (autopubblicazione)
Collana: Narrativa
Pagine: ~ 480
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: €18,99 (eBook €2,99)
ISBN: 9788867513192
Formato: brossura (eBook in ePub/Mobi)
Illustratori: Danilo Giannoccaro, Andrea Di Capua
Valutazione: [Recensione] Il sigillo di MoiraGrazie all’autore per avermi inviato il libro in formato eBook.

RIASSUNTOQuando la saggezza dei draghi non ha confine possono accadere eventi unici e senza tempo.
In un Regno in cui l’anima di ognuno può andare perduta, un’antica profezia darà nuove speranze ad un popolo che sta ormai per essere sopraffatto.
Tre ragazzi come tanti non sospettano nemmeno di far parte di una storia cominciata molti anni addietro. Le loro vite saranno stravolte dall’arrivo di un bambino a cui orde di nemici danno la caccia. Insieme verranno trascinati in un’avventura che li costringerà ad allontanarsi da tutto quello che hanno di più caro e da ogni certezza.
Una lacrima di cristallo dai poteri magici sconosciuti celerà la chiave di questo mistero, ma da dove arriva? Cosa nasconde? E proprio quando crederanno di essere arrivati, il viaggio avrà inizio…

*        *        *

RECENSIONE

A furia di leggere fantasy su fantasy, in particolare di quelli scritti da esordienti, mi sto accorgendo di un fatto alquanto bizzarro. Detto in parole povere, in moltissimi casi il romanzo non è male nel complesso, tranne per un “piccino piccino sebbene cruciale dettaglino”: l’inizio, che può significare il semplice incipit, ma anche un buon numero di capitoli di partenza. Che c’è che non va in questi incipit? Be’, sempre spiegato in poche parole e nel modo più educato possibile, almeno in otto casi su dieci fanno letteralmente schifo: sono pesanti, banali, per niente evocativi e, in generale, non invogliano a continuare la lettura per nessun motivo al mondo.
L’aspetto positivo, di solito, è che bastano poche pagine per verificare un buon miglioramento, ma il problema rimane: perché proprio l’inizio, a cui per ovvi motivi spetta la funzione di (rap)presentare l’intero libro, è mediamente di un livello molto più basso rispetto al resto? Non si rischia in questo modo, di allontanare i lettori piuttosto che convincerli a continuare a leggere? Da un certo punto di vista è preferibile così, perché è naturalmente sempre meglio perfezionarsi che peggiorare… Io stessa, quando scrivo storie che superino la trentina di pagine, mi rendo conto che la fine è già stilisticamente più evoluta rispetto all’introduzione… Però in fase di rilettura le differenze dovrebbero venire fuori ed essere aggiustate, nei limiti del possibile. Perciò trovo strano che in tanti libri i capitoli di partenza non rendano affatto giustizia al resto del libro. Ma ora smettiamola di parlare in astratto e torniamo al nostro romanzo.

grimorioCome i più arguti di voi avranno intuito, la presente introduzione non è stata scritta dalla Topolina alla “tanto per”, ma perché anche Il sigillo di Moira si è rivelato un appartenente alla categoria dei “Libri buoni ma con incipit pessimi”.
Propongo di saltare a piè pari il prologo in cui si racconta parte della geografia delle Terre di Ikan, delle origini e dell’avanzata del superkattivo di turno e altre cose alquanto noiose (di certo importanti per la storia… ma avrei preferito che il narratore me le mostrasse, anziché spiattellarmele davanti così) e passiamo all’inizio vero e proprio.

L’anziano si stava spegnendo lentamente, neanche la fede negli dei poteva ormai evitare il peggio.
Nonostante si dessero molto da fare per asciugargli il sudore causato dalla febbre e cercassero di non lasciarlo mai da solo, i suoi famigliari stavano perdendo via via tutte le speranze. Invano si sforzavano di rendere accogliente l’umida e fredda stanza in cui giaceva, ma neanche il continuo riempire il camino con ceppi di legno maturo riusciva a rendere l’ambiente confortevole.

Fin qui nulla di particolarmente problematico, ma procediamo un poco con la lettura:

Rimaneva soltanto un’ultima speranza: il guaritore del villaggio. A Callarwirn Fergus, questo era il suo nome, era cercato e benvoluto da tutti, proprio perché riusciva a curare i mali più disparati. Purtroppo, l’ultima persona sulla quale i suoi poteri magici non sortivano alcun effetto era la sua amata moglie Marion, da anni gravemente malata… […]
Il ragazzo bussò diverse volte prima che Fergus raggiungesse la porta; poi velocemente gli spiegò la situazione di suo nonno. Mettendo da parte il pensiero della sua amata, il guaritore si precipitò di corsa dall’anziano.[…]
Fergus praticò un incantesimo di magia bianca. Il vecchio trasse subito beneficio e dopo la visita si addormentò tranquillo, come non accadeva da mesi.
Il guaritore spiegò ai familiari che non conosceva il male dell’anziano e si licenziò dicendo che avrebbe subito studiato il caso per trovare una cura. Infine promise che sarebbe tornato la sera successiva con qualche buona novità.

Ebbene sì, al solito si fa sentire lo zampino del raccontato, ma come accennavo prima, è stato bizzarro constatare che problemi del genere sono concentrati nei primi capitoli, e che andando avanti con la lettura scompaiono quasi del tutto. Quanto si incontra un passo del genere, però, la sensazione è sempre la stessa: quella di stare leggendo il riassunto del riassunto della storia, anziché della storia stessa… il che, capite, non è propriamente un bene per stuzzicare l’interesse del lettore.

Anche qui, dunque, la voce narrante è spesso vittima dell’impulso di spiegare ogni cosa, magari condendo il tutto con una valanga di aggettivi e avverbi e interrompendo così il filo del racconto:

Pouline sorrise, si avvicinò al nano e gli diede un grosso bacio sulla guancia paffuta, facendolo diventare tutto rosso.
La vita di Izzag è sempre stata incentrata su valori fondamentali, la famiglia prima di tutto. (Seguono cinque pagine abbondanti riguardo a un episodio dell’infanzia di Izzag. Interessanti, certo… ma perché proprio adesso?)

In altri passi, invece, riferisce i fatti in modo alquanto approssimativo e banale:

Una sensazione gli fece percepire che la creatura stava lentamente riacquistando le energie.

La visione che gli si parò davanti lo raggelò come una lunga serie di coltellate al cuore: un’enorme, raccapricciante creatura era intenta a torturare un uomo, tenendolo per le gambe, a testa in giù.

E non dimentichiamoci degli ormai tristemente noti problemi di PoV:

Arrivato a casa [Fergus] raggiunse la camera da letto dove trovò la moglie che stava ancora molto male. Aveva la fronte impregnata di sudore e respirava a fatica. Con gli occhi socchiusi guardava impotente la figura del marito che si chinava a baciarla sulla fronte.

… ma anche dei dialoghi inverosimili:

«Non riesco a stare su, come se qualche cosa mi attirasse al terreno, è una forza che non riesco a contrastare!»

… e degli Deus ex machina e delle situazioni risolte alla cavolo per salvare un certo personaggio:

Spazientito, l’essere abominevole si mosse verso Izzag, che era già pronto con il coltello in mano, ma tutto ad un tratto si bloccò, al centro del bosco, come se qualcuno glielo avesse ordinato.
Il nano stava cercando di capire cosa stesse succedendo, quando all’improvviso la creatura si girò e si mise a correre nella direzione opposta, per poi spalancare le grandi ali e issarsi in volo, lanciando un urlo agghiacciante.

Insomma, detto in breve, sembra che nei primi quattro capitoli (su ventidue) de Il sigillo di Moira si trovino tutti i possibili difetti stilistici che ci si possa inventare. Poi sembra esserci una svolta e le cose, come accennavo all’inizio, cambiano in maniera radicale: qualche problemino tra quelli sopracitati si incontra ancora, di tanto in tanto, ma superato l’incipit ho avuto la sensazione di aver cominciato un altro libro, e solo la presenza degli stessi personaggi mi ha dato conferma del contrario.
Da questo momento in poi, dunque, sembra esserci stata una vera e propria svolta stilistica, e sono assai contenta di poter dire che i capitoli restanti sono scivolati via a meraviglia: la scrittura è diventata più coinvolgente, e persino la storia – che fin dall’inizio era comunque trascinante – è diventata irresistibile. Una vera fortuna, suppongo, o non credo che alla fine la valutazione complessiva sarebbe stata così alta.

IkanChe dire della trama? Be’, chi mi conosce sa che quando mi imbatto in uno di quelli che io amo definire “Libri che parlano di libri”, spesso e volentieri vado in brodo di giuggiole al solo sentirne parlare, e come è facile intuire dal titolo e dalla copertina anche Il sigillo di Moira è uno di questi: qui il libro è un grimorio che contiene potenti incantesimi proibiti e di cui il guaritore Fergus si troverà, suo malgrado, ad avere a che fare. Ma esso è anche diventato, com’era prevedibile, un’arma dal potere spaventoso, che fa certamente gola a chi di potere non sembra essere mai sazio: Fergus è pertanto costretto a fuggire, sotto consiglio del saggio Arion, e durante la sua fuga il cammino suo e del misterioso libro si intreccerà con quello di altri personaggi, come tanti fili di una ragnatela il cui tessitore sembra essere il sigillo stesso…

A essere sincera, le circostante tramite cui Fergus si trova a possedere il libro, e quindi a liberare il suo enorme potere, mi sono sembrate un tantino campate per aria: tornato a casa dalla moglie, l’uomo va a fare ricerche nel suo studio, quando a un tratto la classica folata di vento spalanca le finestre e fa cadere un volume da uno degli scaffali; Fergus lo prende e sta per metterlo via, ma una “sensazione strana”, una sorta di brivido o di richiamo, lo convince ad aprirlo e a leggerlo.
Innanzitutto non mi è chiaro in che modo una ventata possa sfilare un libro da uno scaffale, ma prendiamola per buona… ma come ci è finito, il “Sigillo di Moira”, nella libreria di Fergus? Ok, la colpa è del Destino… ma una qualche spiegazione più dettagliata non avrebbe guastato.

chiforma

I Chiforma: Kiplin e Rafav.

Comunque sia, a parte qualche buco logico o alcuni stereotipi di genere, la trama mi è piaciuta: gli intrecci che si vengono a creare attorno al misterioso libro sono tutt’altro che scontati, e da questo punto di vista l’autore è stato davvero bravo a tenere viva la tensione con colpi di scena sempre nuovi e intriganti.
Il background è piuttosto classico, con vaghi richiami ad alcune celebri saghe fantasy, ma nel complesso ben riuscito, così come i personaggi e le creature presenti nel mondo di Ikan: i soliti elfi e nani non mancano, ahimè, ma per fortuna ne incontriamo anche di inediti, ad esempio i Lucens e i Chiforma.
Molto buoni i personaggi, in generale: Fergus, Izzag, Arion, Kiplin e Rafav… quasi tutti mi sono piaciuti molto, sia per il loro carattere sia per il ruolo che hanno nella storia. Avrei due parole da dire solo riguardo ad Arstor, che è un kattivo davvero un po’ troppo kattivo, e a Pouline, l’elfa compagna di Izzag: ok che è la prescelta, ok che ha anche i suoi difetti… ma sentirmi ripetere ogni due per tre quanto è «dolce, bella, affettuosa, sensibile, simpatica, gentile, sapiente, magnifica Pouline» me l’ha resa assai antipatica. Se chiudiamo un occhio sui due suddetti, però, posso proprio dire di essere soddisfatta.

Insomma, a conti fatti è stato un sollievo scoprire che i primi capitoli, in quanto a stile, non erano affatto il biglietto da visita dell’intero libro: superata l’iintroduzione poco meno che disastrosa, dunque, Il sigillo di Moira si è rivelato davvero una lettura piacevole.
In partenza non avrei immaginato, in tutta sincerità, che avrei potuto assegnargli tre goccioline e mezzo, ma sono ben contenta che le cose siano girate in questo modo: i difetti e difettucci restano comunque tanti, ma per fortuna ho trovato anche parecchi pregi che sono riusciti a bilanciarli.

*        *       *

In sintesi… 

[Recensione] Il sigillo di Moira [Recensione] Il sigillo di Moira

Anche se più avanti migliora… …I primi capitoli sono un concentrato
di errori e difetti stilistici.

Trama con spunti innovativi, colpi
di scena, tensione viva. Molto raccontato, impulso di spiegare
ogni cosa, molti aggettivi e avverbi.

Background ben costruito, classico
ma originale. Problemi di PoV, dialoghi inverosimili,
deus ex machina.

Personaggi con carattere e buono
spessore psicologico. Ingenuità stilistiche, buchi di logica e
difetti vari.

Creature classiche e nuove. Arstor e Pouline stereotipi.

*        *       *

Una frase significativa…

Arstor tornò a sedere sul suo trono. La nube nera attorno al prigioniero si dissolse: Lerion era stato trasformato in un abominevole essere alto il doppio di un uomo. Aveva il corpo ricoperto da lembi di pelle penzolante, una grande testa a forma di ratto, lunghe zanne e una grossa lingua biforcuta che si muoveva e contorceva lateralmente, producendo una grande quantità di bava. Le braccia erano lunghe e deformate e presentavano protuberanze irregolari; le mani avevano sei dita ognuna con lunghi artigli affilatissimi, infine dalla schiena due protuberanze iniziarono a formarsi fino a diventare grandi ali membranose.
Arstor alzò il braccio, lanciando una saetta di luce nera che andò a colpire l’orrida bestia. L’essere sussultò dal dolore.
«Ecco Lerion, ora sei mio. La tua inutile vita è servita ad alimentare quello che sei diventato adesso: la mia creatura, il mio emissario di rovina e di distruzione, colui che mi riporterà il sigillo di Moira. Da oggi sei il Krapheln, il messaggero di morte.»

 Un urlo uscì dalle fauci della bestia, che si inginocchiò ai piedi del suo padrone, prostrando le mani verso di lui in segno di fedeltà.


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