Magazine Cultura

[Recensione] L’inconfondibile tristezza della torta al limone – Aimee Bender

Creato il 12 gennaio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] L’inconfondibile tristezza della torta al limone – Aimee BenderTitolo: L’inconfondibile tristezza della torta al limone
Autore: Aimee Bender
Editore: Minimum Fax
Traduttore: Damiano Abeni, Moira Egan
ISBN: 9788875213626
Num. Pagine: 332
Prezzo: 16,50€
Voto: [Recensione] L’inconfondibile tristezza della torta al limone – Aimee Bender

Trama:
Alla vigilia dei suoi nove anni, in particolare, Rose Edelstein scopre di avere un dono molto particolare: ogni volta che mangia qualcosa, riesce a sentire il sapore delle emozioni che ha provato chi l’ha preparato. Dietro il dolce dei pasticcini venduti nella pasticceria dietro casa sua, infatti, si nasconde la rabbia; il cibo della mensa scolastica, invece, sa di frustrazione e noia; le torte che le prepara sua madre, invece, hanno il sapore della tristezza, del senso di colpa e della disperazione.
La particolarità di Rose la porterà a confrontarsi e ad affrontare, quindi, i problemi segreti della sua famiglia e a scoprire l’importanza dell’amore, un sentimento che ci porta a superare le sfide di tutti i giorni per il bene delle persone che amiamo.

Recensione:
Se dovessi descrivere questo libro con una sola parola, questa sarebbe stranissimo. Con tanto di superlativo.
Si tratta di un romanzo che già dal titolo fa capire che ci vuole un lettore che apprezzi il genere, realismo magico, un ossimoro che si fonde con le pagine, creando una storia a metà tra delirio e quotidianità, tra fallimento e delizia.
Rose è una protagonista comune, estremamente comune, che non ha eccessi né mancanza, ha solo qualcosa che qualcuno potrebbe definire un dono, e qualcuno una maledizione: è in grado di percepire le sensazioni che hanno provato coloro che hanno preparato i cibi. È in grado di distinguere da quale parte del mondo provengono gli ingredienti, come sono stati colti, prodotti, impastati, il carattere di chi li ha confezionati, solo assaporando tocchetti di alimenti.
Tutto inizia a nove anni, quando già la sua mente può rendersi conto di cosa succede intorno a lei, e la sua particolarità l’accompagnerà per sempre, uno spettro da comprendere, da approfondire, siccome non ne potrà mai fuggire. Ed è così che Rose dovrà imparare a relazionarsi con la sua strana vita fatta di piccoli dolori quando ingoia un biscotto preparato da un’amica, quando si accorge che la sua famiglia è un nucleo imperfetto che tuttavia si mantiene saldo, tra tradimenti, silenzi, pensieri mai formulati, piccoli misteri, lacrime non versate, solitudini che s’intrecciano.
I personaggi sono caratterizzati, l’uno diverso dall’altro, realistici e moderni, gradevolmente peculiari. Neanche a dire che ho amato Joseph fin dall’inizio, e mi sono sempre ritrovata a sorridere per la simpatia e l’esuberanza della madre di Rose.
Lo stile è gradevole, non pomposo, scorrevole ma non frettoloso, è permeato di una sorta di discreta calma che permette di sfogliare le pagine senza correre, assorbendole parola dopo parola mentre l’esistenza di Rose si schiude come un bocciolo sotto i nostri occhi.
Alcune pecche possono essere la traduzione – i congiuntivi, porca pupazza, i congiuntivi! – e alcuni salti temporali prima del capitolo stesso, che probabilmente fungono da sorta di introduzione, ma trovo che non abbia molto senso spiegare cosa accade in poche righe per poi mostrarmelo con la narrazione vera e propria.
Sono comunque dettagli trascurabili, che non intaccano il senso della trama in sé.
Devo dire che, nonostante la vaga perplessità che mi ha lasciato addosso, L’inconfondibile tristezza della torta al limone mi è piaciuto. È qualcosa di surreale e inquietante, di magico e normalissimo, scorre senza scossoni eppure la fine trasmette un vago senso di sospeso, che si cheta soltanto dopo una doverosa riflessione. Già, perché la conclusione va capita, non è immediata, e se credete che sia folle… beh, sì, un po’ lo è, ma è così follemente dolce che riesce a essere al di sopra delle righe.
Per concludere. Io non sono un’amante del realismo magico, perché spesso le due dimensioni che lo compongono non sono in equilibrio, sforano e si scontrano, creando obbrobri di ridicolaggine priva di credibilità che rovina anche la più geniale delle idee. Qui no.
L’autrice si è destreggiata con eleganza e misura, capace e aggraziata fino a creare un’opera in cui ho scorto una quieta, rassicurante speranza, una tenerezza misteriosa che non verrà dimenticata facilmente.
Lo consiglio solo ai lettori riflessivi, a quelli che leggono con calma e che affondano nella storia fino a farne parte per poterla capire appieno.
Se non siete qualcuno di loro, allora lasciate perdere.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :