Magazine Cultura

Recensione "L'uomo senza radici" di Dieter Schlesak

Creato il 01 giugno 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Autore: Dieter Schlesak 
Titolo: L’Uomo senza radici 
Editore: Garzanti 
Collana: Narratori moderni 
Pagine: 452 
Trama: Dopo decenni di peregrinazioni, Terplan ha trovato un rifugio sicuro tra i boschi di cerro della Garfagnana, ad Agliano. Ma proprio quando pensava di poter godere i suoi ultimi anni in serenità, la morte della madre gli apre una voragine di vuoto interiore. Per riempire questo abisso e per esaudire le ultime volontà della donna, l'uomo si deve imbarcare in un viaggio a ritroso verso la sua patria, la Transilvania, la terra dei suoi antenati, una terra di minoranze etniche, multiculturale, dove convivono tedeschi, ungheresi, rumeni. Un viaggio che per Terplan diventa anche un'indagine di sé stesso e delle proprie radici, e che lo spinge ad affrontare il passato. 


RECENSIONE 
«Schlesak è un grande scrittore che è passato attraverso quell'esperienza di frontiera (… la colpa e la tragedia tedesca) facendone una parabola universalmente umana.» Claudio Magris
Non è possibile. Non ci credo. Dopo tante delusioni letterarie, mi trovo in mano questo: Un libro dalla copertina scura, semplice, in cui l’unica cosa che salta agli occhi è il titolo: L’uomo senza radici. Dieter Schlesak, l’autore. Le prime righe: un colpo al cuore. Mi trovo sbalzata in un contesto in cui il ritmo sincopato della prosa si fonde con la metrica poetica. Narrazione in prima persona e uno stile armonioso ma diretto, coinciso e intervallato da considerazioni filosofiche: sulla vita, sull’amore, sulla morte, su ciò che davvero conta. Il chi è presto detto. 
Un uomo racconta: il suo nome è Terplan. Ma non importa come possa chiamarsi, se è alto o biondo, se è grasso o magro. Ciò che conta è chi è. E la storia di cui sta per renderci testimoni. Il libro si apre nella bella campagna della Garfagnana, in Toscana. La descrizione fiabesca del paesaggio percepita con ogni senso si smorza lentamente in un’atmosfera intimistica. L’uomo corre in bagno, si guarda allo specchio ed è di colpo consapevolezza: 
«Andarmene da questa luce. Non sentire più il rintocco delle ore, non sentire più niente. Nascondermi, sparire. Non essere più nessuno. E così poter sopportare tutto. Anche l’angoscia di fronte alla morte.» 
Il senso della perdita, la morte dell’amata madre, diventa reale. Improvvisa. Il tempo si sospende. In un viaggio dell’anima, tornano ricordi lontani e dolorosi. L’infanzia in Transilvania, prima della Grande Guerra, gli odori e le percezioni di una vita semplice, in una comunità di sangue in cui ogni attimo è scandito dai ritmi della natura e dell’uomo. Una grande famiglia tradizionalista tra le cui braccia Terplan si sente protetto, pur percependo inquietudine e incertezza intorno a sé. I germi maligni del nazionalsocialismo infettano di già quell’humus fertile mietendo le prime simpatie nel paese. Disciplina e obbedienza solo le parole d’ordine del nuovo stato di cose. 
La coscienza di Terplan subisce e rimuove. L’uomo – al tempo bambino- interiorizza. Ricorderà anni dopo, e già uomo, le punizioni corporali per non essere stato disciplinato; per non aver mantenuto il controllo delle proprie emozioni; per non essere stato un perfetto tedesco. I piccoli, eppure grandi, cambiamenti di cui è stato testimone, senza che se ne rendesse conto. Il trascorrere del tempo è per Terplan un nemico temuto: pezzi, schegge di memoria lo tormentano, sussurrano e suggeriscono incubi, svelano zone oscure. 
Tornare nella proprio casa natale è un viaggio necessario alla ricerca di se stesso e delle proprie radici. L’itinerario diventa così un tempo della memoria, in cui l’uomo scoprirà che non esistono vincitori e vinti: solo perdenti. Un immersione nel passato che svelerà segreti inconfessati e orrori perpetrati nell’atroce cornice dei campi di sterminio
La grandezza di Schlesak è quella di trasformare la ricerca d’identità di un uomo in un valore universale. Il disgregarsi della nazione tedesca, l’orrore dei lager, il crollo dell’Europa dell’est e del credo nazionalsocialista. Il diario interiore di un vuoto incolmabile, una profonda testimonianza della crisi morale e culturale mitteleuropea. Una scrittura profetica e intensa, unica colonna a cui ancorarsi per sopravvivere all’angoscioso nulla. Cosigliatissimo. L’AUTORE:La vita di Dieter Schlesak nell’ultimo quarantennio è fortemente contrassegnata dall’esperienza dell’esilio. Fuggito nel 1969 dalla pesante cappa del regime comunista in Romania, dove dopo aver condotto studi di germanistica aveva svolto l’attività di insegnante e di redattore della rivista Neue Literatur, dal 1973 abita a Stoccarda, la città della sua compagna Linda, ma soprattutto tra i boschi di Agliano, una frazione del comune toscano di Minucciano, a pochi chilometri da Camaiore. A Viareggio tiene ormeggiata una vecchia barca a vela con cui si è avventurato per anni lungo le coste del Mediterraneo. Numerosi sono i riconoscimenti che ha ricevuto la sua produzione di saggista, scrittore e di poeta lirico. Nel 1989 gli è stato assegnato lo Schubart-Literaturpreis, nel 1993 ha ottenuto il premio Nicolaus Lenau per la sua produzione lirica, nel 1994 gli è stato conferito l’Hauptpreis des Ostdeutschen Kulturrates per la sua opera in prosa. Nel 2005 ha ricevuto il conferimento della laurea honoris causa da parte dell’Università di Bucarest.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :