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recensione libro: "Il regista" di Alexander Ahndoril, romanzo su Ingmar Bergman

Creato il 22 settembre 2011 da Robydick
recensione libro: registaPremessa:
Oggi con questo post inauguro le recensioni di libri, e lo faccio alla grande devo dire, grazie a un'eccellente opera di apertura. E' una cosa che medito di fare da tempo, perché vorrei dare un salto di qualità alle mie personali competenze in materia. Scrivo molto di film tramite le recensioni, ma non leggo mai a riguardo se non nel web, e questo è un male, oltretutto quella per la Lettura è la passione che ha preceduto e alimentato quella per il Cinema, ed intendo riattivarla. Non saranno moltissimi, ma alcune recensioni di libri, solo e rigorosamente riguardanti il cinema direttamente, le leggerete.
Non sapevo da che cosa partire, poi ho una difficoltà congenita con la saggistica. Esistono però quelle fortunate combinazioni che aiutano gli audaci. Alla fine di agosto Francesca, dell'uff. stampa della casa editrice Aisara, mi ha proposto di recensire, leggendolo in anteprima sull'uscita in Italia, un romanzo di uno scrittore molto noto in Svezia, meno da noi. Ho accolto la proposta con entusiasmo e non esagero, anche perché parla di Ingmar Bergman e della "Trilogia del silenzio di Dio". Ora, chi mi legge regolarmente, ha chiaro qual'era la sorpresa di cui parlavo nelle recensioni recenti e approfondite di "Come in uno specchio" e "Luci d'inverno", film che ho voluto (e dovuto) vedere assolutamente prima di scrivere del libro.


recensione libro: registaChi è Alexander Ahndoril
Dal sito dell'editore:
Alexander Ahndoril (1967) è uno dei più celebrati, versatili e originali scrittori svedesi, autore di romanzi apprezzati dalla critica, di drammi teatrali, racconti, saggi e sceneggiature.
La sua notorietà in Italia è legata al nome di Lars Kepler – pseudonimo sotto cui si cela assieme alla moglie Alexandra Coelho – che ha firmato il thriller, i bestseller internazionali "L’ipnotista" e "L’esecutore".

Dev'essere un profondo connubio d'amore e arte quello tra lui e la moglie. Se cercate immagini di Alexander con google spessissimo comparirà con a fianco l'omonima Alexandra. Se invece cercate conferme a quanto descritto nel sito, e volete trovare pagine in italiano più che in svedese o in inglese, allora molto meglio cercare "Lars Kepler" e ne leggerete bene ovunque. Scrittore eclettico quindi. Non li ho letti personalmente - parlo con quel che ho letto in giro a riguardo - "L’ipnotista" e "L’esecutore", a quanto pare risultano essere romanzi apprezzati in Italia, sono dei gialli/thriller raffinati e coinvolgenti. Non mi sorprende, c'è coerenza, e per certi aspetti continuità, con quest'opera.
recensione libro: registaromanzo "Il regista"
Subito la info: tra una settimana, il 29 settembre 2011, sarà disponibile in tutte le librerie col nome vero dell'autore: Alexander Ahndoril. Editore, lo ripeto, Aisara.
Ho sempre pensato e scritto che i film di Ingmar Bergman (nella foto ritira il Leone d'Oro alla carriera nel 1971) attingono a fondo dalla sua vita personale, passata e presente alla produzione di ogni sua opera. Non è un segreto che il padre Erik è stato determinante, per diversi motivi diretti ed indiretti, nella formazione intellettuale di Ingmar, che non s'è "limitato" a rifiutare la carriera di pastore luterano come desiderata per successione dal padre, ma ha scavato dentro sé stesso per capirsi, per capire il padre, per valutare il ruolo della fede e delle istituzioni religiose per sé e per l'uomo.
Ahndoril, sempre focalizzato sul regista, immagina e ci racconta l'intera vicenda che porterà a realizzare il film "Luci d'inverno". Grigio-verde, grigio-azzurro, grigio-nero... i colori descritti, molto spesso citati proprio così, sono infinite sfumature colorate di grigio, un colore che sottrae, tende a far somigliare tra loro gli altri colori senza comprometterne per intero la natura. Come i colori dal grigio, l'intera vita del regista è permeata dall'opera che deve realizzare, in ogni suo momento, persino nelle relazioni extra-coniugali Ingmar non cessa un solo istante di pensarci. Quel grigio insistente è anche il padre, sempre presente nei suoi pensieri per questo film certamente più che in altri. In "Luci d'inverno" la metafora cede il posto al flagrante, all'asciutto mostrare diretto della vita di un pastore luterano, ai suoi dubbi, all'attaccamento ai formalismi che ne sostiene la missione anche nei momenti più difficili.
C'è il Dubbio che ti fa crescere ma anche quello che ti attanaglia. Perché desiderare tanto di far leggere il copione ad altri e in particolare al padre? Proprio a lui, che da sempre si dichiara estraneo al suo impegno artistico. Qualcosa quindi attanaglia, molto meno però di quello che fa crescere. La realizzazione del film ha aspetti donchisciotteschi. Forse solo l'amante ci crede, ma tutti coloro che lo circordano, pur stimandone indubitamente le capacità, pensano sia un film troppo difficile ed intimo per poter incontrare i favori del pubblico, argomento troppo pesante, ambientazione troppo scarna. Nonostante ciò, con dei costi che per quanto ridotti supereranno quelli imposti e messi a disposizione dalla produzione. Non basta, pure gli attori, soprattutto il suo feticcio Gunnar Björnstrand, faticano ad entrare nella parte e dovrà a lungo parlarci. Regista paziente Bergman, parla e dialoga lungamente con gli attori, cerca con loro una completa condivisione dell'opera, rarissimi i momenti di urto anche se ce ne saranno e rischieranno di mandare all'aria tutto. Ancora, perché le grandi imprese richiedono grandi difficoltà, ci saranno inconvenienti tecnici e persino meteorologici, a creare ritardi e a far lievitare i costi. ma alla fine il film si farà, per enorme soddisfazione sua e per noi che amiamo il suo cinema, verrà fuori quello che il sottoscritto reputa come forse il suo più grande capolavoro.
Ovvio che il libro non poteva finire diversamente che con la prima rappresentazione del film. Ci sarà quel qualcosa in più che un romanzo regala mentre un saggio o documentario fa raramente, un finale drammatico ma non in senso tragico. Il padre andrà a vedere questo film e darà ad Ingmar il solo giudizio che a lui interessa...
Alla fine avremo vissuto l'esperienza di produzione di questo film e letto una sorta di mini-biografia di Bergman romanzata sì, ma senza eccessi. Biografia che ce lo illustrerà anche sul set, cosa che per un cinefilo è estremamente interessante e in quella sede il ritratto che ne emerge corrisponde a quello che ho sempre pensato, di una persona fondamentalmente pacata, molto autorevole e autoritaria quanto basta.
Stile scrittura
Periodi sempre molto brevi rendono il testo un po' "duro", poco scorrevole nel suo essere essenziale e "nordicamente" diretto. Il mio gusto in generale preferisce il periodare più "latino" e somigliante al discorsivo, anche se colto. Chissà se l'avesse scritto con profonde revisioni di Alexandra, che ha anche sangue portoghese nelle vene, come sarebbe venuto. Alexander però stavolta si firma col suo nome e non appunto come Lars Kepler. Questo libro su un illustre svedese andava scritto "in svedese" da un connazionale, senza compromessi.
Ma è semplicemente un fatto mio, personalissimo, di gusto estetico delle frasi. Per contro è facilmente memorizzabile, e consumabile anche a spizzichi e bocconi, qualità non banale in quest'epoca dove molti leggono, ad esempio, sui mezzi andando al lavoro. Altra ottima qualità la totale assenza di termini inutilmente astrusi, tutto viene raccontato all'insegna della semplicità linguistica, e siccome io l'ho letto anche come un'occasione per divulgare l'opera di un regista che amo particolarmente, questo suo poter raggiungere parimenti ogni lettore, dal più acculturato a quello che legge solo per svago, è cosa che apprezzo particolarmente.
Se invece valuto la "estetica" del romanzo in rapporto al film, allora devo dire che c'è una assoluta coerenza, anche "Luci d'inverno" non è certo un film scorrevole, estremamente diretto.
Riporto un passo utile a capire cosa intendo, e che condivido anche nell'essenza. Siamo agli inizi e Ingmar pensa al film, a quel che dovrà rappresentare:
Quando rallenta, Ingmar sente il battito accelerare nelletempie. La macchina sta per slittare nella curva ripida.Agitato si gratta la testa e poi si passa la mano fra i capelli.Cerca di concentrarsi pensando al nuovo film. Si dice chedeve allontanarsi dalle mistificazioni di quello precedente (1);non vuole che il pastore veda il suo Dio uscire dalla parete (2).Mi attira la purezza di un dramma più intimo, pensa eripete le parole fra sé.Tutta la vicenda si svolgerà in tempo reale: domenica,suonano le campane, un pastore non ha più la forza di affermaredi credere in Dio.Comincia a capire che in realtà non l’ha mai fatto.Vive la messa come un rito insopportabile, completamentearido.Esattamente come l’ho sempre vissuta io.Voglio raccontare di un pastore che non fa altro che ilsuo lavoro.Voglio raccontare di me stesso, pensa, se avessi cedutoall’imposizione di farmi pastore.Note mie:
(1) "quello precedente" è il film "Come in uno specchio", già menzionato
(2) si riferisce alla famosissima e significativa scena in cui Karin vede Dio uscire appunto da una parete, mostruosamente aracnomorfo.
Curiosità e Conclusioni
Per quanto si possa cercare d'informarsi, non è realmente possibile capire dove finisce la narrazione di fatti reali e comincia quella degli immaginati da parte di Ahndoril. Il romanzo è molto realista, in tutto, e non tutto è confermabile dalle attuali biografie del grande regista svedese, a meno di non poter avere accesso a documenti/testimonianze per pochi intimi o addetti ai lavori. Per quanto ho chiesto, non mi sono arrivate certezze a riguardo. Furbo Ahndoril, molto, in senso buono, ci lascia in suspance anche dopo aver terminato il libro.
Una certezza l'abbiamo, anche se aggiunge benzina al fuoco. "Il regista" da noi uscirà, finalmente in italiano, 5 anni dopo l'uscita in madrepatria (già da tempo disponibile, oltre che in svedese ovviamente, in inglese, russo, polacco, olandese, ceco, ungherese, norvegese e danese). Ingmar Bergman, morto nel 2007, fece in tempo a leggerlo, persino in anteprima su invito dello stesso scrittore e a quanto pare lo approvò. Poi però, dopo l'uscita pubblica del romanzo, ne denunciò pubblicamente il contenuto come "un insulto e una umiliazione".
Seguono stralci di dichiarazioni dello scrittore a riguardo (sono in inglese ma facile facile):
"My editor gave Bergman the opportunity to read the manuscript before it went to press. Several times I have been asked what I would have done if Bergman had asked me not to publish my novel. Well he didn’t, that has been my answer. Prabably I would have published my novel anyway, but maybe I would have listened if he wanted to change something, but he didn’t, he didn’t want me to change a single word.
Ingmar Bergman read the manuscript before it went to press. And when he had turned the last page of it, he left his house to plod around in the deep snow. When he came back to the house he picked up the phone, called Alexander Ahndoril and told him: ‘I was deeply moved and think you’re a fantastic novelist.’ But six month later, in his last television appearance, he annonced that the novel was "an insult and a humiliation.Ingmar Bergman was shown Ahndoril's novel in manuscript. Its knowledge of film and of himself, drawn from many sources, impressed him. Afterwards he changed his mind, declaring the portrait humiliating. Both responses helped the book's phenomenal Swedish reception in 2006.Bergman has always used the life of living persons in his films, without asking for permission, and now I used him, I didn’t give it another thought. I wanted to tell the truth about the great film-maker, more directly than Bergman ever did himself, but at the same time – in the surrealistic parts of the novel – I wanted to explore a deeper kind of truth, the kind a biographer never ever unveils."
Alexander Ahndoril
Insomma, c'è anche un po' del "giallista" Lars Kepler dentro e fuori questo libro. Ve lo immaginate Bergman, sulla sua isola di Faro smettere di leggere, uscire ad affondare le gambe nella neve per riflettere per poi tornare indietro e fare quel popò di telefonata? Il massimo per uno scrittore, salvo però che sei mesi dopo il giudizio si ribalterà, e non sappiamo, né sapremo ormai più, perché.
Merita decisamente la lettura, ancora più godibile se s'è visto o si ha in programma di vedere il film di Ingmar Bergman "Luci d'inverno". Io l'ho letto prima della visione, e mi è stato di aiuto.
Robydick

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