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[Recensione] Pulce non c’è di Gaia Rayneri

Creato il 09 settembre 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Pulce non c’è di Gaia RayneriTitolo: Pulce non c’è
Autore: Gaia Rayneri
Editore: Einaudi
ISBN: 9788806199074
Numero pagine: 228
Prezzo: € 17,00
Voto: [Recensione] Pulce non c’è di Gaia Rayneri

Trama:
«Pulce qualche volta piange, ma non sa dire che è triste; anzi, a volte sembra che non sappia nemmeno piangere, perché lo fa in un modo che non le scendono le lacrime, ma le piange solo la faccia. È difficile da spiegare, comunque non è molto importante, perché Pulce piange poco».
A raccontarci Pulce e il suo mondo speciale è la sorella Giovanna, con la sua voce ironica, candida, intelligente, divagante. Pulce è una bambina allegra, a cui piace infilarsi negli abbracci degli sconosciuti, stritolarti più forte che può. Non sa parlare e per scrivere usa un metodo che si chiama Comunicazione Facilitata e funziona così: «Tu prendi un bambino autistico, lo fai sedere davanti a un computer, lo tocchi e come per magia gli dai sicurezza, così lui scrive tutto quello che per tutta la vita si è sempre tenuto dentro».
Quando un giorno, come tutti i giorni, mamma Anita va a prenderla a scuola, Pulce non c’è.
«Provvedimenti superiori» hanno deciso che loro non sono più dei buoni genitori, e Pulce è stata portata nella comunità Giorni Felici. Anita e Giovanna possono farle visita una volta alla settimana, «sotto lo sguardo soldato di un’educatrice». Papà Gualtiero, invece, sua figlia non può vederla, perché su di lui grava una mostruosa accusa.
Giovanna ha solo tredici anni quando comincia questa «storiaccia». È una ragazzina curiosa, con qualche tic nervoso e un gruppetto di amici immaginari. E proprio grazie alla sua immaginazione vispa e intelligente, alla sua potente capacità inventiva, Giovanna ci racconta senza retorica e senza patetismi lo scontro tra mondo adulto e infanzia, tra malattia e normalità, tra rigidità delle istituzioni e legami affettivi. Il suo sguardo singolare, il suo punto di vista spostato, ci fa vedere improvvisamente le cose, rende intellegibile ciò che anche gli adulti faticano a capire. E ci spiazza.
Un romanzo fresco e spietato, che colpisce per l’intensità della scrittura.
Un libro miracoloso in cui tragedia e commedia si compenetrano a ogni pagina.

Recensione:
Dunque, è una storia vera: una storia di ordinaria (pessima) organizzazione dell’assistenza sociale italiana, verrebbe da dire, l’ennesima denuncia di come spesso le cose funzionino a danno di persone con qualche disabilità.
Ed è una storia raccontata in prima persona, dal punto di vista di una ragazzina un po’ ingenua e goffa, che non sa come destreggiarsi nelle situazioni che si trova costretta ad affrontare sia a scuola che nell’improvviso vortice burocratico; eppure la sua forza deriva dalla semplicità con cui vive il caos da cui la sua famiglia è travolta: al di là di tutte le difficoltà e delle voci infondate sul loro conto, i quattro condividono un’invidiabile armonia affettuosa, in cui Pulce cresce sorridendo in un clima in cui sembra essere capita come nemmeno le parole riuscirebbero a fare.
Insomma, sarebbe stato un libro bellissimo, dai toni dolci e delicati non privi di una genuina ironia. Qual è stato allora il problema che ha portato a una valutazione complessiva così bassa?
È presto detto: lo stile. D’accordo, se si deve adottare il punto di vista di una ragazzina è quasi doveroso usare un lessico semplice, giovanile, con abbreviazioni canoniche, diminutivi buffi e scenari scolastici; ma qui le caratteristiche vengono portate all’esasperazione, il linguaggio è talmente colloquiale e frammentario che sembra di avere tra le mani una qualsiasi conversazione da bar. E poi, le scelte editoriali l’hanno reso in più punti semplicemente incomprensibile. I dialoghi non sono introdotti da alcun tipo di punteggiatura, né trattini né virgolette, un po’ come se io di punto in bianco scrivessi Ehi, spero che questa recensione sia esauriente, e voi Mi ha incuriosito il libro, rispondiate, credo che lo leggerò volentieri.
Tutto questo dalla prima all’ultima pagina del libro: credo sia ovvio, già dopo qualche riga, non riuscire più a raccapezzarsi. Non si capisce chi parla con chi, chi risponde, dove inizia il discorso diretto e dove invece è la semplice narrazione di Giovanna. Cosa che ha penalizzato il libro a tal punto che non vedevo l’ora che finisse, dal momento che invece di una piacevole lettura era diventato uno sforzo mentale come se si trattasse di decifrare un’accozzaglia caotica di parole. Un vero peccato, dato che la vicenda sarebbe stata altrimenti interessante e capace di tenere il lettore con il fiato sospeso fino alla conclusione.


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