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[Recensione] Senso unico – Laura Schiavini

Creato il 21 luglio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Senso unico – Laura SchiaviniTitolo: Senso unico
Autore: Laura Schiavini
Editore: Miremi Editore
ISBN: 9788897799047
Num. Pagine: 144
Prezzo: 12,00€
Voto: [Recensione] Senso unico – Laura Schiavini

Trama:
Claudia è una giovane donna dal carattere indipendente che detesta i luoghi comuni e vuole vivere la vita modo suo. Cristiano, il suo nuovo vicino di casa, è un ragazzo “diverso” in quanto omosessuale dichiarato. Poi c’è Simone, un collega di lavoro di Claudia, un uomo quadrato e dagli orizzonti limitati che nonostante l’avversione di Claudia per i cliché tuttavia ha fatto breccia nel cuore di Claudia diventando il suo amante.
Sullo sfondo si muovono personaggi minori ma non per questo meno importanti come le due pestifere gemelle di Claudia, i genitori, la nonna svampita e la prozia Livia, la prozia zitella che vive da sola e parla con gli animali e a cui Claudia è terrorizzata di assomigliare.
Senso Unico è la storia di amicizia e d’amore fra Claudia, giovane donna anticonformista e Cristiano, omosessuale dichiarato.
Un uomo e una donna che si scoprono simili nella diversità e che uniscono le loro fragilità per sostenersi a vicenda. Finché, da parte di Claudia, l’amore prevale sull’amicizia scompigliando le carte e i ruoli. Perché in amore, quello vero, quello che rende tutti ugualmente fragili o forti, felici o disperati, nessuno, in realtà, è diverso.

[Recensione] Senso unico – Laura Schiavini

Recensione:
Visto che la protagonista di questo romanzo breve è – così si definisce lei – ottima cuoca, ho deciso di farvi un’introduzione che renda l’idea.
Senso unico è come un arrosto di manzo. Quando viene portato in tavola lo guardiamo con diffidenza perché non si presenta granché bene, non ha nulla di particolare che ci colpisce, senza infamia e senza lode, e proprio per questo si prova una naturale diffidenza che fa storcere il naso. Ma ovviamente si decide di assaggiarlo, perché le apparenze ingannano. Forse.
Al primo boccone aggottiamo le sopracciglia, al secondo alziamo gli occhi al cielo, al terzo ci rendiamo conto che i sospetti erano fondati. Sa di polistirolo.
La nota positiva è il contorno, che è buono, cotto al punto giusto e con un ottimo sapore, che però non riesce a bilanciare l’insipidità del piatto principale.

Siccome adesso vi state chiedendo che piffero mi sia fumata, passo alla recensione con termini meno pindarici.
Claudia, il personaggio centrale, è una zitella disperata. E dicendo questo non intendo insinuare che le zitelle sono disperate – anzi, mi sa che la passano meglio di tanti altri – ma è proprio Claudia a essere disperata, nonostante la trama – vedere in alto – e alcuni passi vogliano farci credere che è un’anticonformista. Soltanto perché è andata a vivere da sola intorno all’età dei trenta. Accidenti, lei sì che è rebbbel.
Le cose di quest’opera che saltano all’occhio sono due: i luoghi comuni disseminati ovunque, e le continue contraddizioni.
Per fare un esempio eclatante di luoghi comuni, posso citarvi le classiche e abusatissime famiglie, che in ogni romanzetto di poco spessore sono pressoché identiche. La famiglia di Claudia è composta da un padre burbero, machista e vecchio stampo, la madre è la succube a cui il marito orso sta più che bene, due sorelle gemelle immancabilmente oche, e la nonna rimbambita. Cielo, che memorabile talento per la caratterizzazione.
La famiglia del ragazzo gay, Cristiano – l’elemento meh del romanzo – è omofoba (ommioddio ma davvero? Ma quando mai mi è capitato di leggere una cosa simile??). Lui e i genitori si sentono poco e nulla perché da quando Cristiano ha fatto coming out la madre si scioglie in un pianto rassegnato come una Madonnina deturpata, mentre il padre si lancia nel must sempre in voga del “Io non ho più un figlio!”.
Per il resto, i luoghi comuni presenti vanno a braccetto con le contraddizioni.
Come già precisato, Claudia dovrebbe essere un’anticonformista, ok. Lavora in un ufficio, ha come amante un feticista sposato, è una brava donnina di casa, ed è alla disperata – per l’appunto – ricerca dell’amore vero. Se qualcuno trova un briciolo di anticonformismo mi chiami, mi raccomando, ci tengo.
Claudia va in brodo di giuggiole quando conosce il nuovo inquilino del palazzo, Cristiano, un ragazzo gay che a quanto pare non ha uno straccio di amico ma solo un fidanzato che l’autrice si è premurata di far sembrare un arrivista indifferente a tutto tranne che a se stesso, e che quindi scomparirà molto presto perché serviva solo come espediente per la storyline tra Claudia e Cristiano.
La contraddizione assolutamente più LOL è che Cristiano, parlando dei suoi trascorsi, racconta delle ragazze che ci hanno provato con lui e che hanno cercato di cambiarlo e di portarlo sulla loro sponda. E il succo della storia è esattamente questo.
Claudia, in un mirabile quando estemporaneo scatto di amor proprio, molla l’amante imbecille, perde la testa per l’amico gay, e si crogiola in questo sentimento senza contrastarlo, facendosi qualche esamino di coscienza che le fa torcere le mani per un po’, ma non pensa nemmeno per un minuto che dovrebbe rispettare la sua sessualità e puntare un’altra preda. No, dà per scontato che anche Cristiano presto o tardi ricambierà il suo amore, e per agevolare questa virata d’orientamento la nostra rebbbel chiede a Cristiano di fingere di essere il suo fidanzato, gli chiede praticamente di trasferirsi in casa sua, si fa un taglio come l’ex fidanzato ormai andatosene (l’arrivista di prima), e crea continuamente tensione sessuale.
Neanche a dire che il romanzo si conclude col loro amore coronato, una notte di sesso e Cristiano che si scopre innamorato di Cristina. Senza che mai prima avesse manifestato atteggiamenti bisessuali di sorta.
Che bella favoletta dove l’amore vince ogni cosa.

In tutta onestà, ho trovato Senso unico un romanzo ipocrita.
La trama vorrebbe lasciar intendere che l’amore non è né omosessuale né eterosessuale, bensì identico per ogni essere vivente, ma sfogliando le pagine l’unica cosa che mi è venuta da pensare era che Claudia fosse esattamente come le ragazze che Cristiano aveva incontrato in precedenza: aveva voglia di mettersi nei panni dell’eroina e sfidare la natura, convertendo un gay e renderlo capace di amare una donna, specificatamente sul piano fisico.
Non si pone nessun problema a provarci con Cristiano, non si chiede se sia giusto forzarlo e seguitare a infastidirlo con le sue speranze su una futura famiglia, non pensa nemmeno per una volta che dovrebbe rassegnarsi e farsi coraggio e intraprendere un’altra strada. No, lei vuole Cristiano. Perché Cristiano è quello più vicino a lei, perché è caruccio e sensibile, perché lei non ha voglia di cercare altrove. Tutto lì.
Claudia mi è sembrato un personaggio nella media, codardo e con poco polso, che ha come unica amica una spalla secondaria che serve solo come imbocco per situazioni utili ai fini della trama e che scomparirà senza lasciare traccia. Non ha altri amici, non ha passioni particolari, non è sincera con la propria famiglia, corregge gli altri quando credono ai luoghi comuni sugli omosessuali ma lei stessa ne è preda.
Claudia è il polistirolo che si incolla alla lingua e alle papille, non sa di niente e a lungo andare risveglia una grande insofferenza. Cristiano è un po’ una lagna, anche lui non esce con anima viva e il suo scopo sembra soltanto quello di stare con Claudia, fa il raffinato snobbando i locali e i quartieri gay definendoli ghetti, ma da quando il fidanzato lo lascia non muove un dito per trovarsi una compagnia o un ragazzo.
È una storia fine a se stessa, blanda e con diverse falle, che fa trionfare l’amore anche quando non ha nessun presupposto per nascere.

Prima ho parlato di contorno, vero?
Il contorno è lo stile. La narrazione è fluida, scorrevole e leggera, solo qualche vocabolo fuori dal contesto ma che non dà fastidio, e anche i dialoghi sono credibili, onesti, ben costruiti. A parte nei primi capitoli, dove l’autrice ci sbatte in faccia un’esagerata quantità di informazioni tutte insieme per togliersele subito dai piedi e subissando noi di nozioni che ci tocca digerire, la scrittura è piacevole, molto godibile.

Ma come ho detto, non basta per rendere bello questo romanzo rosa dalle sfumature patetiche.


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