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Recensione "Storia proibita di una geisha" di Mineko Iwasaki

Creato il 01 marzo 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Valentina Bettio Dopo Memorie di una geisha, la conturbante confessione di Mineko Iwasaki, la geisha più famosa della sua generazione

 

Titolo: Storia proibita di una geisha

Titolo originale: Geisha: a life Autore: Mineko Iwasaki, Brown Rande Casa editrice: Newton Compton Collana: I volti della storia Pagine: 318 Prezzo: € 9,90 Data uscita: 03 gennaio 2012 Trama: Un'infanzia felice e solitaria trascorsa in un piccolo paese lontano dal Giappone delle grandi città. Mineko è una bambina schiva e appartata. A sei anni, strappata alla famiglia e con il cuore spezzato, si trasferisce in un'okiya nel distretto di Kioto e lì intraprende il duro cammino per diventare geisha, imparando l'antica arte del ballo, del canto, del saper parlare e vestire. È l'estenuante studio del cerimoniale rigido e severo di una corte millenaria che rende le donne maestre di etichetta, eleganza e cultura. Mineko studia con tenacia, senza mai distrarsi, coltivando un solo grande sogno: ballare. Diventa la geisha più brava, ricercata e corteggiata. Tutti la vogliono, politici, artisti, star dello spettacolo. Audace e orgogliosa, testarda e fiera, si muove in un mondo che non vuole ribelli, ma lei ha l'ardire di osare e di infrangere regole austere. Con il suo coraggio rompe il velo che da sempre avvolge un universo frainteso: si racconta con eleganza e audacia, ironia e leggerezza, e ci accompagna attraverso le trame e i segreti di una cultura millenaria e ritrosa. Mineko si confessa e denuncia un mondo che vuole rimanere nascosto, ci racconta della fatica e della tenacia per diventare la geisha più amata per poi, al culmine della sua carriera, voltare le spalle al successo e scegliere altro, una famiglia, un figlio, la normale eccezione dell'essere donna.
RECENSIONE Questo libro non può che attirare l’attenzione degli amanti del lontano Giappone: scritto in prima persona da una vera Geisha (artista) anzi, meglio, Geiko (donna d’arte, termine specifico con cui si definiscono le geishe del quartiere Gion Kobu di Kyoto), Storia proibita di una geisha offre l’imperdibile opportunità di conoscere il punto di vista di qualcuno che ha vissuto all’interno di una società così diversa da quella occidentale. Ma, soprattutto, ci permette di scostare il manto di esotica ambiguità con cui abbiamo rivestito la figura delle geishe/geiko e di farci un’idea più precisa di cosa rappresentino queste donne nella raffinata cultura giapponese.  Nata come Masako Tanaka, la protagonista intraprenderà la propria carriera già in tenera età, diventando Mineko Iwasaki, atotori (erede della casa) della okiya Iwasaki, una delle più antiche e rinomate okiya (letteralmente alloggi, sono le istituzioni in cui le geiko vivono e studiano) di Gion Kobu:

Quando una ragazza è scelta per diventare un’atotori e tenere alto il nome della casa, viene legalmente adottata dalla proprietaria in qualità di sua erede. In questo caso, prende il nome della famiglia dell’okiya e abbandona quella di nascita per sempre.

Mineko Iwasaki è un’icona attuale e degna di ammirazione di un Giappone che sta cambiando ma che, allo stesso tempo, mantiene quasi inalterate le proprie tradizioni. Il suo viaggio nei ricordi ci permette di approfondire la conoscenza di questo mondo, mettendoci davanti a consuetudini difficili da capire ed accettare: una geiko dedica la propria vita allo studio e alla prosecuzione delle tradizioni, è una figura affascinante ammantata di mistero, deve padroneggiare più arti e, soprattutto, deve saper intrattenere i propri ospiti in modo appropriato. Esistono così tante idee sbagliate su questa figura della cultura giapponese da non poter far altro che provare imbarazzo: nella mentalità occidentale geisha e prostituta di alto borgo sono quasi sinonimi, due facce della stessa medaglia. Grazie al racconto autobiografico di Mineko sarà forse possibile, finalmente, sfatare questo falso mito: la figura della geiko non si associa nemmeno lontanamente al sesso a pagamento; queste donne vengono pagate per intrattenere i propri clienti e questo non in modo fisico. Il percorso di una geiko è lungo e difficile: non smette mai di imparare, continua le proprie lezioni per tutta la durata della propria carriera; inoltre, ognuna di loro deve interfacciarsi e sopravvivere in un ambiente altamente femminile fatto di invidie, equilibri delicati e posizioni da conquistare/mantenere con le giuste mosse. Una volta letta la sua storia, non si può non ammirare Mineko, che ha dimostrato di essere una donna dotata di talento e di una brillante intelligenza, ma che ha anche saputo sviluppare un punto di vista pratico e distaccato dalle tradizioni quasi impensabile per la società in cui ha vissuto la propria vita:

La Nyokoba può anche essere riconosciuta dal ministero dell’Educazione come una scuola di specializzazione, ma non ti darà un diploma di scuola superiore. Non importa quanto ti impegnerai, finirai là dove hai cominciato: con una licenza di scuola media. Non avrai i requisiti accademici né le qualifiche per avere un ruolo nel mondo esterno. Anche se raggiungerai un buon livello e riceverai un diploma dalla scuola Inoue, non riuscirai a mantenerti. Ho provato per anni a cambiare le cose ma nessuno mi è stato a sentire.

Questa frase-accusa esprime quanto Mineko sia conscia dell’ingiustizia intrinseca di un sistema che rende le geiko artiste affermate in grado di guadagnare vere fortune in una sola serata ma che, allo stesso tempo, non permette loro di diventare indipendenti Nonostante i temi trattati siano veramente interessanti e la possibilità di ascoltare, per la prima volta, il racconto di una vera geisha non riadattato secondo le fantasie di un sedicente scrittore sia davvero unica, Storia proibita di una geisha manca di stile: non si avvicina nemmeno lontanamente a quella delicata poesia che siamo abituati ad associare al Giappone. I toni autobiografici rendono il racconto molto crudo e, stranamente, le emozioni non riescono a passare dalle pagine al lettore: rimangono imprigionate lì, nero su bianco, e non riescono a sembrare reali, il che è assolutamente impensabile visto che si tratta di una romanzo autobiografico. Insomma: Mineko ha vissuto tutto ciò che ci racconta! Ne sono rimasta profondamente impressionata, non mi era mai capitato e lo trovo un fatto davvero insolito, di cui ancora non riesco a spiegarmi pienamente le motivazioni. Prosa? Linguaggio? Non ho una risposta. La narrazione è fortemente appesantita da una miriade di dettagli tecnici: si rimane veramente colpiti dalla quantità di nomi e nozioni che una geiko deve padroneggiare già solo per quanto riguarda il proprio abbigliamento o le proprie pettinature, ma l’introduzione di tutte questi elementi rende difficile seguire il filo del discorso. Quello che è davvero difficile, inoltre, è ricordarsi il significato di ogni nuovo termine che viene introdotto, e vi assicuro che in alcuni capitoli sono davvero tanti. A tal fine risulta di vitale importanza il glossario, ma la continua necessità di farvi ricorso è davvero fastidiosa anche se, al contempo, non se ne può fare a meno: la lettura rimarrebbe troppo nebulosa. Mineko è famosa anche per essere una delle fonti che hanno ispirato Memorie di una geisha, il famoso romanzo di Arthur Golden. L’autore non ha mantenuto la propria promessa di anonimato nei confronti di Mineko, citandola apertamente nei ringraziamenti del libro e in diverse interviste. Ne è derivata una lunga controversia, legata soprattutto alle inesattezze pubblicate da Golden, che hanno contribuito a creare e rinforzato convinzioni negative legate alla figura delle geishe, e al fatto che molti tratti e molti personaggi creati dall’autore sono assolutamente sovrapponibili a Mineko e ai suoi clienti. Tralasciando le controversie giuridiche, è impossibile evitare il parallelismo Memorie di una geisha/Storia proibita di una geisha: si riconoscono immediatamente tutti gli elementi della vita di Mineko che Golden ha utilizzato e rimaneggiato nel proprio racconto. Non lo si fa volontariamente, ma è inevitabile: stai leggendo e, in un flash, riconosci personaggi, eventi, caratteristiche… E, purtroppo devo dire, non ci si può trattenere dal fare un confronto stilistico. Infatti, per quanto imperfetta e romanzata, la storia raccontata da Golden è suggestiva e coinvolgente: tutto ciò che, invece, non riesce ad essere Storia proibita di una geisha. Questo romanzo manca di quel “quid” di cui sono ricche le pagine scritte da Golden, quel “qualcosa” che rende la storia appassionante ed emozionante. Questo non fa del romanzo di Mineko Iwasaki un brutto libro: è un’opera interessante che fa luce su aspetti sconosciuti di una cultura ricca e complessa, sicuramente da leggere per un amante del Giappone, ma anche per semplice curiosità, e da cui trarre preziose lezioni. La mancanza di un profondo coinvolgimento emotivo rimane, però, una vera spina nel fianco: avrebbe dato una marcia in più all’intero romanzo. L’AUTRICE:  Mineko Iwasakiè nata nel 1949. È considerata la più famosa geisha del suo tempo. Si è ritirata giovanissima, a 29 anni, proprio quando era giunta al culmine del successo. Vive in un quartiere periferico di Kyoto, insieme alla sua famiglia.


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