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[Recensione] Wintergirls – Laurie Halse Anderson

Creato il 27 febbraio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Wintergirls – Laurie Halse AndersonTitolo: Wintergirls
Autore: Laurie Halse Anderson
Traduttore: Tiziana Lo Porto
Editore: Giunti
ISBN: 9788809745506
Num. Pagine: 384
Prezzo: 9,90€
Voto: [Recensione] Wintergirls – Laurie Halse Anderson

Trama:
Lia e Cassie sono amiche dall’infanzia, ragazze congelate nei loro fragili corpi, in competizione in un’assurda gara mortale per stabilire chi tra loro sarà la più magra. Lia conta maniacalmente le calorie di tutto quello che mangia e di notte quando i suoi non la vedono si sfinisce di ginnastica per bruciare i grassi. Le poche volte che mangia, cerca di ingerire cose che la feriscono, come cibi ultrapiccanti, in modo da “punirsi” per aver mangiato. Si ingozza d’acqua per ingannare la bilancia nei giorni in cui la pesano. Quando eccede nel cibo ricorre ai lassativi e passa il tempo a leggere i blog di ragazze con disturbi alimentari che si sostengono a vicenda. Nel suo libro più toccante e poetico dopo Speak, finalista al National Book Award, L. H. Anderson esplora l’impressionante discesa di una ragazza nel vortice dell’anoressia.

Recensione:
Prima di scrivere questa recensione, e prima di dare il mio parere, ci ho riflettuto qualcosa come due settimane, su questa lettura, cercando di analizzare gli aspetti che magari non ho notato nell’immediato, lasciando decantare ciò che mi aveva trasmesso come si fa quando si scrive un racconto.
Wintergirls non mi è piaciuto. Da un lato sono stata piacevolmente interessata dalle dinamiche dell’anoressia della protagonista: il cucinare e lo sporcare stoviglie per far credere ai familiari di aver mangiato, l’autolesionismo, la fatica spossante per non pensare al cibo, i lassativi, tutti espedienti reali ed estremi che hanno reso la storia più vera, più realistica e molto più grave di quanto i media e la società tendano ancora a volerci far credere nonostante i disturbi alimentari siano uno dei problemi più grandi del mondo moderno.
Dall’altro lato, penso che la prosa della Anderson abbia reso questo romanzo un intricato trogolo di riflessioni che il lettore vedeva distorte come se passate attraverso uno specchio deformante. Sono cosciente del fatto che abbia volutamente descritto situazioni e pensieri in modo che corrispondessero al punto di vista di un’adolescente con forti problemi nel rapportarsi con la vita – frasi ripetute oppure inframmezzate, capitoli ossessivi, visioni narrate senza una vera e propria logica ma lasciando andare la penna per far trasparire il disagio psicologico – ma tutto quello che io ho visto è stato caos. Un immenso caos che ha intralciato la lettura.
Al di là del mio gradimento personale – la protagonista mi è stata considerevolmente sulle gonadi come tutte le persone che credono di aver ragione a prescindere da chi le vorrebbe aiutare – ho trovato questo romanzo un po’ troppo slegato, la struttura non mi ha convinta perché l’ho trovata inutilmente intrecciata, con episodi che mi davano una minima informazione in più ogni volta che si ripetevano piuttosto che presentarmele in un’unica occasione, il mischiare realtà e deliri di Lia, le sue fisime mentali, ragionamenti reiterati non come personaggio ma proprio come metodo di narrazione.
In tutta franchezza l’ho trovato lento e a tratti noioso, gli eventi erano un susseguirsi di tira e molla che invece di spronarmi mi spingevano ad alzare gli occhi al cielo e a fare qualcos’altro.
Tra tutti i libri che parlano di disturbi alimentari che ho letto finora, questo è stato comunque uno dei più esaustivi per quanto riguarda i comportamenti, le introspezioni psicologiche e l’esistenza portata avanti da una persona anoressica. Attraverso le pagine si può seguire il pensiero della protagonista, le sue certezze e il suo terrore, la sua paura dell’integrarsi col resto del mondo, e allo stesso tempo abbiamo una panoramica delle reazioni della sua famiglia, della frustrazione di chi le vuole bene ma che viene continuamente respinto, del rifiuto della malattia e il fingere di non vedere.
È un’opera che scopre un universo che ognuno di noi potrebbe avere più vicino di quanto si creda, è una sorta di diario che vuole essere di denuncia, che vuole attirare l’attenzione ricordandoci che ci sono persone che hanno un disperato bisogno di essere ascoltate, capite, aiutate.
Peccato che sia stato redatto in maniera sbagliata.
Se l’autrice si fosse limitata a scrivere un romanzo piuttosto che inventarsi uno stile, probabilmente il voto sarebbe stato più alto.


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