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Recensioni - "Locus Animae" di Alessandro Defilippi

Creato il 28 gennaio 2014 da Letteratura Horror @RedazioneLH

Recensioni Letteratura Horror ha recensito per voi “Locus Animae” (clicca e vai alla news di presentazione) di Alessandro Defilippi nella versione digitale Mezzotints Ebook
Locus Animae, come da sottotitolo, è un thriller metafisico. Ma è anche e soprattutto un noir filosofico, come suggerisce Alan D. Altieri. Non che il genere noir di per sé non contenga in nuce più profonde riflessioni di ordine filosofico, ma nella semplice seppur complessa struttura del romanzo di Defilippi il connubio tra thrilling e trascendentalismo è così forte da assurgere l’opera alla regale funzione di potenziale precursore di un nuovo genere.

Le dinamiche tipicamente noir, dell’introspettiva storia narrata in prima persona da Riccardo Gribaudi, sono traslate in una dimensione più mentale che concreta. Ecco che, come nei primi film espressionisti e in certa letteratura postmoderna, la ricerca esteriore viene a coincidere con una ricerca interiore, fino all’inevitabile fusione e confusione tra le due dimensioni. Ma ancor di più, Defilippi estremizza tale investigazione, verso una introspezione analitica, un tuffo negli angusti e insondabili snodi della mente umana, alla ricerca dell’Es freudiano, o meglio, verso l’individuazione della sede tangibile di qualcosa di astratto: l’anima.
Da Cartesio – primo ad individuare come locus animae quella ghiandola pineale (epifisi) – a Giordano Bruno – l’anima come forma delle cose – passando per l’esistenzialismo di Kafka ed Eliot e il misticismo di Yeats, con incursioni in Simenon, nella crudele prossimità tra il Male e la vita di Nietzsche e Heidegger, fino al trascendentalismo mostruoso di Lovecraft. Locus Animae è tutto questo. Un viaggio nella storia dell’uomo, e la consequenziale presa di coscienza dell’elemento unico di correlazione tra le generazioni: la ricerca dell’anima. Una ricerca che si spinge fino al folle tentativo scientifico di individuazione fisica. Come i maniacali scienziati della letteratura d’800 (H. G. Wells in primis) e di certi racconti di Lovecraft: “Herbert West rianimatore” per l’ossessivo tentativo di sconfiggere la morte, e il predominio del corpo oltre l’anima; “L’ultimo esperimento di Claredon” per l’unione con le forze del Male nell’ossessiva e amorale ricerca scientifica; e per “I ratti nei muri” per la visione distorta della realtà e l’angoscia che si manifesta tramite percezioni sensoriali soggettive. Se nel racconto di Lovecraft, infatti, la fusione/confusione tra mentale e reale trova forma nell’assillante strepito dei topi, nel romanzo di Defilippi essa si manifesta nella percezione olfattiva. Una percezione che, non a caso, rimanda alla memoria proustiana dalle capacità rievocative. Una rievocazione che avvalora l’immortalità dell’anima, perché capace di congiungere il presente con il passato, in una dimensione eterea: una sincronicità junghiana.
Gribaudi indaga sullo scienziato Kastner, ma in realtà indaga su se stesso. L’oggetto della ricerca coincide con il soggetto ricercatore, come nella tipica letteratura noir. Ma è una ricerca che si spinge anche oltre, nella storia, verso i padri di una cultura, verso i pilastri della conoscenza. Un vero e proprio noir filosofico.

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