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Reietto – una storia vera XV pt

Da Parolesemplici

Reietto2Perché

Le vicende che hanno coinvolto il mio tentativo, che ancora non possiede una risposta, di conoscere se avessi potuto intraprendere la via dello scrittore e fregiarmi di una tale qualifica, si intreccia con i numerosi sforzi per riuscire a non vanificare gli studi e le esperienze fatte.Le vicissitudini in campo lavorativo seguono, sebbene non in maniera pedissequa, le medesime disavventure dell’Io letterario.

A fornire solo un brevissimo stralcio c’è una missiva indirizzata alla Preside della Facoltà di Sociologia dell’Università degli studi di Napoli Federico II:

Gentile prof. Enrica Amaturo:

Sono un Laureato in Sociologia, per chiarezza ed onestà devo informarLa che collaboro saltuariamente con la prof. G.R. e ho vinto una borsa di studio presso la Facoltà di Sociologia per collaborare alla realizzazione del rapporto di ricerca “Immigrazione in Campania”, ho conseguito inoltre un diploma di perfezionamento in Psichiatria-Sociale presso la Seconda Università di Napoli.

Le scrivo perché oramai sono diventate insormontabili le barriere burocratico-amministrative per favorire le caste privilegiate di coloro che posseggono “Mani amiche”.

Mi domando se non ho già pagato abbastanza il fatto di essere stato uno studente lavoratore e per questo motivo essermi sentito dire agli esami che “…Purtroppo, nonostante sia andato benissimo, dobbiamo abbassarti il voto poiché non hai seguito i corsi…”,  o meglio dopo aver compiuto studi e ricerche sul campo per due anni per la realizzazione della mia tesi ottenere solo quattro punti, che hanno ulteriormente influito su quell’adorata valutazione finale che oggi m’impedisce di avere almeno un’arma numerica contro lo strapotere dei raccomandati e delle poco chiare manovre istituzionali.

Non Le sottraggo altro tempo e Le mostro subito la mia proposta. Sono disposto a lavorare gratis ad uno dei progetti che Le invio in allegato, qualora Lei li ritenesse di valida attuazione. Le chiedo solo l’appoggio nominale della facoltà e il riconoscimento istituzionale del lavoro.

Sicuro di un Suo interessamento, Le porgo cordiali saluti.

La risposta a questa missiva, giunta chiaramente senza aver concesso il minimo sindacale interesse verso i progetti presentati, fu una sorta di spiegazione, intimazione, fattami pervenire tramite una docente, spiegazione della quale ancora oggi mi chiedo il significato.

Per contrastare questa melma istituzionale non avevo le solide prove che invece detengo per fronteggiare l’altra faccia della stessa medaglia e dello stesso sistema.

Amici della giuria vi ho mostrato come in un manoscritto, poi divenuto libro, ho anticipato idee, situazioni, che sono tangibilmente state usate anni dopo da chi aveva ricevuto in visione il manoscritto.

Per questo motivo o ci troviamo di fronte ad un veggente, e se così fosse bisognerebbe darmene atto e merito, oppure c’è qualcosa di strano e poco chiaro in questa vicenda.

Dai soggetti interessati, Maria De Filippi stessa o solo dalle persone del suo staff coinvolte, con abile maestria, seguendo la tecnica del pizzica e spilucca, spilucca e pizzica, hanno attinto idee, situazioni, per inserirle anno dopo anno all’interno della loro macchina da soldi.

Hanno potuto compiere questa paziente operazione forti del fatto che l’autore del canovaccio dal quale attingevano utile e fruttuoso materiale era uno dei tanti nessuno, spiantato e senza alcun alleato, che se avesse voluto ribellarsi avrebbe dovuto scontrarsi con uno dei più potenti fruitori di quel sistema tentacolare di omertà e collusione all’italiana impossibile da superare. Se di malafede non si tratta nasce spontaneo chiedersi come mai nessuno, e ripeto nessuno, si sia mai preso la briga di inviare un semplice messaggio con il quale avvertire il mittente delle numerose candidature, che avevano ricevuto il materiale, ma che non lo ritenevano di loro interesse? L’immotivata aggressività e suscettibilità mostrata dalla collaboratrice stretta della Signora De Filippi, poi, ci suggerisce solo una cosa, dopo aver esaminato i messaggi privi di qualsivoglia offesa, volgarità o turpiloquio inviatele, che sentirsi in torto e non essere in possesso di mezzi efficaci per contrastare l’accusatore fa aumentare la rabbia e la comprovata aggressività sproporzionata del colpevole. Come vogliamo giustificare, inoltre, l’omertoso e perpetrato silenzio di tutti coloro che hanno orbitato attorno alla vicenda? Non nascondiamoci, quando qualcuno denuncia qualcosa ed invita tutti coloro ai quali ha sottoposto la questione a prendere visione ed analizzare il materiale che prova quanto asserito, è quantomeno doveroso, soprattutto se si tratta di organi d’informazione o di gruppi che vantano di avere come unico obiettivo quello di smascherare torti e malefatte liberi da legacci e costrizioni, farsi carico di raggiungere colui che denuncia per analizzare e valutare le prove. Se, infatti, si ignora la questione sottoposta, scartandola e bocciandola a priori, senza compiere alcuno sforzo per ottenere un contatto diretto con il racconto e con le prove che lo supportano, allora ci troviamo di fronte a due semplici soluzioni; una devastante incapacità professionale oppure una conveniente malafede.

E’ chiaramente impossibile che fra tutti coloro che sono stati contattati non ci sia una sola persona capace nel fare il suo lavoro, soprattutto mi rivolgo a tutti quelli che hanno mostrato un meccanismo fallace e superficiale di discernimento e valutazione solo nel caso specifico che ha riguardato “Voglia di Volare”, mantenendo un altissimo profilo per quasi il 100% di tutti gli altri casi trattati, mi riferisco ovviamente a Striscia la notizia.

Questa vicenda focalizza l’attenzione su un aspetto che credo fondamentale, se esiste qualcuno che veramente crede insostenibile la situazione nella quale si è costretti a vivere e desidera concretamente cambiare le cose, ebbene, questo o questi individui hanno il dovere di non fuggire dalla verità, anche se essa spinge ad ammettere l’esistenza di situazioni spiacevoli e poco edificanti.

Questa storia, amici della giuria, ci ha mostrato che siamo, almeno in Italia, in una condizione nella quale un’oligarchia di furbi ha preso esempio dal passato, consapevoli che per esercitare le loro manovre sia necessario fare leva su una massa informe, che deve necessariamente restare nell’ignoranza. Un tempo si impediva al popolo di leggere, di conoscere, perché l’erudizione esalta la diversità e spinge l’uomo ad unirsi per esprimerla liberamente.

Mentre in epoche lontane si voleva l’uomo chiuso nell’oscurità della non conoscenza per sottrargli anche la dignità, oggi gli abili manipolatori, attraverso una falsa libertà e conoscenza, professata e ostentata anche dai coreografici e pseudo nozionisti della manovrata comunicazione, offrono alla massa informe la possibilità di accedere ad una enorme quantità di piaceri, comodità ed effimere ed insulse esaltazioni dell’ego.

E’ ovvio e consequenziale che i mercanti d’ogni sorta appoggino questa oligarchia, certi di riuscire a piazzare ogni tipo di merce, da quella materiale a quella umana.

Per attuare queste alchimie è necessario poter contare sulle masse più numerose e plasmabili, che dal nascere del cogito umano sono sempre state i giovinastri acerbi e presuntuosi d’essere ciò che nemmeno conoscono e i deficitarii fanatici, dei quali questo paese ne è traboccante.

Quale migliore strategia se non far credere agli uni d’essere l’unica fonte d’energia affidandogli ogni sorta di possibilità e compito, manovrandoli nell’ombra per condurre l’agire ed il pensiero nell’unica via utile all’oligarchia, mentre agli altri concedere un poco di spazio, restando nell’attesa che il resto pensi a farlo il loro deficere unito allo straripante e patologico delirio.

Coloro che invece si sentono schiacciati tra queste due potenze, sebbene riescano a discernere e capire ciò che sta accadendo, compiono quanto di più nefasto e deprecabile esista nell’agire umano; adattarsi per compiacere il proprio tornaconto e le proprie paure, riempiendo unicamente la bocca di pompose e sterili parole.

E’ per questo motivo che in ogni angolo della struttura sociale che si è venuta a creare, modificandosi e agendo come se fosse una creatura indipendente e regnante, lo scontro frontale non sortisce alcun effetto, se non alimentare la creatura dai molteplici aspetti ma dall’unico seme.

Continua…


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