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Ritorno a San Bernardino alle ossa

Creato il 27 novembre 2010 da Ilrusso

Appena si entra nella chiesa, che è a pianta centrale ottagonale con cappelle radiali e una cripta, girando a destra, si penetra in un breve corridoio e si resta quasi con il respiro sospeso: una scena appunto 'macabra', sconvolgente quasi, ma profondamente toccante, si presenta al visitatore: la cappella-ossario è quadrata e ha tutte le pareti (comprese le porte e i pilastri) rivestite da teschi e ossa, che sono stati disposti in vari modi, arrivando perfino a comporre figure geometriche come croci di vario tipo.
San Bernardino alle Ossa, Milano.
 Ritorno a San Bernardino alle ossa.
Dopo un anno e mezzo torno a San Bernardino alle Ossa ma, uscendo da lì, un incantesimo sembra investire tutto ciò che mi circonda.Accompagnato da un vento freddo che sferza la città, passo sotto la targa che ricorda le vittime della banca dell'Agricoltura in piazza Fontana e man mano che mi avvicino al cuore del capoluogo di regione lombardo mi accorgo che qualcosa non torna.E' una Milano strana, una Milano che davanti al suo Duomo ostenta un albero di Natale altrettanto alto quasi a manifestare una grandeur che nei fatti non c'è, in giro non si vedono più le comitive di giapponesi che da decenni erano parte integrante dell'arredo urbano, i "nuovi" consumatori del salotto cittadino sono una miriade di sudamericani e zarri dall'hinterland o provinciali venuti da tutta la Lombardia e regioni limitrofe che vengono vomitati in centro dalle uscite della metropolitana, tutti a vedere vetrine che forse non ci sono più.E' una Milano dove la Rinascente, uno dei suoi simboli, vede i primi due piani pressochè deserti e tutti sopra nel reparto ninnoli e paccotiglia a bassi prezzi; una Milano dove la Feltrinelli, ultimo avamposto dove la borghesia  illuminata meneghina si abbevera(va) culturalmente, vede fra i suoi scaffali (di norma assortiti, soprattutto per quel che riguarda certi scrittori "d'area") assenze come "Il Vangelo secondo Gesù" di Saramago, tutti i titoli del milanesissimo Genna, tutti i titoli di Stefano Tassinari e molti altri ma ha tutti (e sottolineo tutti) i titoli della Fallaci.E' una Milano dove la gente fa un giro nelle grandi catene di abbigliamento commerciale tipo Zara  e non va neanche più a sognare una rivalsa sociale (perchè così viene intesa nella patria del berlusconismo) davanti alle vetrine di via Montenapoleone; una Milano dove gli spazzini puliscono costantemente dalle cartacce piazza Duomo e corso Vittorio Emanuele e poliziotti in borghese puliscono il centro stesso da un paio di poveri cristi di colore, rei di provare a vendere un paio di carabattole, caricandoli in maniera spiccia su un pulmino della polizia di stato  nei pressi della galleria  e portandoli via nell'indifferenza generale dei passanti.E' un sabato grigio quello da me passato a curiosare per il centro di quella che in un tempo ormai remoto veniva definita, parafrasando un'azzeccata campagna pubblicitaria, una città da bere, un sabato passato in un ossario a cielo aperto che non si rende conto che la sua presunta superiorità morale, culturale e, soprattutto, economica, è ormai morta ma a dispetto del buonsenso e del senso del ridicolo non è  ancora sepolta.La Milano che viene spesso venduta agli italiani e ai milanesi stessi come una prima visione sempre scoppiettante e avvincente, è invece oramai un ridicolo film horror di serie B, dove comparse che si credono ancora protagonisti recitano la parte di scheletri danzanti in un sabba da due lire che è solo una patetica messa in scena della città che fu.


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