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Roba mia, vieni con me!

Creato il 21 settembre 2012 da Presidenziali @Presidenziali

Roba mia, vieni con me!"Roba mia, vieni con me!" Così, a un certo punto dice Mazzarò, nella celebre novella La roba di Verga. E così sembra dire Nicola Ciraulo (Toni Servillo) nel film italiano in concorso a Venezia, vincitore dell’Osella tecnica (per la fotografia) e "mezzo" Premio Mastroianni.La base di partenza è l’omonimo romanzo di Roberto Alajmo, un giallo di cui Ciprì mantiene il substrato suspansivo, filtrandolo attraverso un’estetica visiva e narrativa atta ad estremizzare il lato grottesco della vicenda. C’è Palermo (delocalizzata in Puglia per facilitazioni della relativa Film Commission) degli anni ’70-‘80, nella quale si consuma il dramma di una famiglia e il sacrificio del suo giovane agnello.La secondogenita di Nicola Ciraulo, viene accidentalmente uccisa in un agguato di mafia. Il dolore e la follia scaturiti per la tragedia, trovano un’improvvisa attenuazione non nella ricerca di una spiegazione o di una giustizia ristoratrice, ma in un compenso economico destinato dallo Stato alle vittime di Mafia. Divenuti ricchi improvvisamente e senza la giusta capacità di giudizio, i membri della famiglia, capeggiati da uno splendido Servillo sudato, con la pancetta e gli occhiali sporchi, opteranno per l’acquisto di una Mercedes – la roba verghiana, appunto.Daniele Ciprì, sciolto il prolifico e geniale sodalizio artistico con Franco Maresco – ma non la loro emblematica “visione poetica” – dirige un film grottesco e iperrealista su una famiglia siciliana alla quale la vita toglie e dà tutto, prima di riprenderselo di nuovo e beffardamente.Storia siciliana, di cupi estremismi, umori, amori e disamori, E’ stato il figlio è fors’anche una rischiosa galleria di cliché sulla Sicilia e sul suo degrado fisico, ambientale, morale, che se non l’avesse messa in piedi un palermitano, le anime belle del politicamente correttissimo si sarebbero già scatenate. Il tutto campeggia sullo sfondo di una Sicilia torva, criminogena, postaccio brutto, sporco e cattivo (l’allusione al film di Scola non è assolutamente casuale) dove ogni pietà è morta, la sporcizia si accumula ovunque, i picciotti più o meno immafiositi imperversano, la burocrazia è sadica, e dove conta solo la pura, animale possibilità di sopravvivere in un universo di abbaglianti consumiLo sguardo di Ciprì è implacabile. In “E’ stato il figlio” ogni riscatto è negato. Davanti a noi scorrono corpi e volti deformi, spiagge e cortili-discarica. Questo film non contempla la bellezza, ma solo il suo opposto, la bruttezza al massimo dell’orrore possibile. Alla narrazione a posteriori (tutto il film è raccontato dal protagonista anni dopo lo svolgimento della vicenda) assistono molte persone, distratte e in attesa del loro turno in posta. Solo un uomo ascolta la conclusione della storia e, più grottescamente che mai, scopriamo che è sordo. Incapace di sentire quanto gli viene raccontato. E allora, la morale della “favola” è che in fondo, sordi lo siamo un po’ tutti, chi in un modo chi in un altro, troppo impegnati a fare il bagno al mare su spiagge circondate da ciminiere e cemento magari proprio come quelle di Taranto, magari proprio a ridosso della sede dell’ILVA, protagonista della cronaca di quest’estate, e di chissà quanti altri lutti, che lo Stato risarcirà con chissà quante altre Mercedes.

Voto: 7.5


Voto redazione:-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Ang: 7

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