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Roberto Benigni, l’idolatra

Creato il 16 dicembre 2014 da Zamax

Roberto Benigni, ovvero l’arte di lisciare il pelo al conformismo progressista con l’aria del mattacchione controcorrente che dice: «il re è nudo!». Dev’essere dura andare avanti per un vita a recitare questa farsa però il nostro sembra non stancarsene mai. Non credo sia per il vil denaro. O almeno non solo. Penso piuttosto a una brutta malattia dello spirito, all’impossibilità di uscire dal personaggio senza sentirsi mancare il terreno sotto i piedi. Voi direte che questa è psicologia da strapazzo da parte di un tizio – sarei io – che personaggio non è stato mai, un tizio che deve ancora fare un sacco di strada prima di raggiungere l’ambitissimo status di macchietta. Può essere, può essere, senza dubbio. Ciò non toglie che, a volte, anche la psicologia da strapazzo può cogliere nel segno.

Ma dicevamo di Benigni. L’ultima sua impresa al Tg1, dove è stato invitato per presentare il suo nuovo show sui Dieci Comandamenti. Penso che la scelta del Decalogo sia sintomatica dopo quella caduta sulla Costituzione più bella del mondo. E’ noto infatti che la Costituzione è diventata la Bibbia di una grande setta di fanatici… no, anzi, diciamo meglio, è diventata il Corano – giacché questa strabiliante Costituzione è oggetto di amore feticistico – è diventata il Corano, dicevamo, di una legione di pazzi che segue i dettami della religione del patriottismo costituzionale. Non è un caso che questa religione annoveri tra sue file dei preti veri e propri – preti cattolici, intendo – che col loro apocalittismo sospiroso danno al movimento quel tocco di pietà popolare che spesso manca ai freddi teorici della rigenerazione morale a tavolino.

E allora perché non continuare quest’opera di civile evangelizzazione con la rilettura patriottica-costituzionale del Decalogo? Questo deve avere pensato Benigni, con l’intuito dell’artista. Al Tg1 ci ha dato un assaggio della sua nuova fatica, e abbiamo potuto constatare, con sollievo, che Roberto è sempre lui: potremo risparmiarci la fatica di assistere alla mattonata televisiva e insieme sentirci liberi di scrivere che è una mattonata. Lo diciamo prima, per quel senso di lealtà e di correttezza verso il lettore che ci è sempre stato riconosciuto. Concitato, enfatico e gioviale allo stesso tempo – è il suo registro fisso da almeno un quarto di secolo – Roberto ha puntato subito il dito contro il non rubare, monito valido per tutti i secoli dei secoli e in tutte le lande del mondo, ma tanto, tanto d’attualità oggi nel nostro paese. Sprizzando allegria da tutti i pori, il nostro mattacchione moralista ha detto, con evidentissima soddisfazione, che «la corruzione è il punto più basso dell’umanità». E’ quello che sentiamo ogni giorno, con la differenza che gli arruffapopolo usano toni plumbei e minacciosi, e i maestrini della legalità preferiscono quelli sussiegosi.

Insomma, è demagogia bella e buona. Lo dico con l’aria del mattacchione controcorrente che dice: «il re è nudo!». La cosa più straordinaria, però, è che il nostro giullare di regime presenti il suo show sui Dieci comandamenti rendendo omaggio all’isterismo giustizialista di massa nel quale siamo piombati, cioè pagando docilmente tributo all’idolo del giorno. Secondo me è il punto più basso del servilismo. Chissà cosa ne pensa l’unico Dio. E’ veramente da ridere.

[pubblicato su Giornalettismo.com]

[RISPOSTA AD UN COMMENTO – Benigni venti o trent’anni fa diceva in materia il contrario di quello che dice adesso. Lui era sempre lo stesso: concitato, enfatico e gioviale. E l’esito era sempre lo stesso: osannato. Adesso Benigni dice cose per metà vere, attingendo dalla sapienza cristiana e aiutato con tutta evidenza da qualcuno ferrato in materia che lo ha illuminato sugli aspetti “liberatori” della dottrina cristiana, e gli ha suggerito certe parolette strategiche: robe vecchie come il cucco, che dette da lui sembrano però liete scoperte oltre che per la sua verve affabulatoria anche perché il pubblico è ben disposto verso di lui e perché lui è pappa e ciccia con l’establishment culturale e mediatico: un’istituzione, cioè. Ma naturalmente tutto resta furbescamente a metà. E la meschinità pacchiana e ruffiana dei riferimenti all’attualità svela l’inconsistenza del personaggio.]


Filed under: Articoli Giornalettismo Tagged: Cristianesimo, Roberto Benigni

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