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San Lorenzo e il Brunello dedicato al centenario Bramante

Da Iltaccuvino

Una delle visite più interessanti di una intensa giornata a Montalcino con l’amico Francesco Falcone è stata la tappa a casa di Luciano Ciolfi, produttore delle bottiglie etichettate sotto il nome San Lorenzo. La sua tenuta, storicamente Torre San Lorenzo per l’appunto,wpid-20150421_152315_hdr.jpg è situata sul lato occidentale di Montalcino, a circa 500 metri sul livello del mare, in posizione ventilata e panoramica, con vista su Camigliano e nelle giornate terse fino al mare. Si pone nella zona delle Prate, proprio a pochi passi da un’altra azienda, Le Potazzine, che nomino non a caso, perché la prima cosa che scopriamo è che nonostante l’adiacenza geografica i terreni sono molto differenti, perché se a Le Potazzine si trovano inserzioni di terre rosse ferrose, a Torre San Lorenzo dominano invece argille frammiste a sabbia e frammenti di galestro, che caratterizzano i vini in maniera chiaramente molto diversa.

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Partiamo subito con due passi tra le vigne, ammirando i circa 5 ha di proprietà, tutti disposti attorno al nucleo centrale della cascina e della cantina. Proprio tra gli appezzamenti più vicini ci sono 1000 metri superstiti della vecchia vigna del 1972, vessata dalle fallanze ma portatrice ancora oggi di grappoli che valgono tutti gli sforzi fatti per mantenerla. I successivi impianti sono datati 92, 99, 2000 e 2002, con piccole aggiunte nel 2006 e 2008, tutto con allevamenti a cordone speronato, per lo più singolo. Proprio osservando speroni e gemme Luciano ci racconta della recente esperienza al corso di potatura con i Preparatori d’uva, davvero utile per capire alcuni errori del passato ed evitare problemi di disseccamento delle viti, causati dal propagarsi del cono di essiccazione delle cicatrici della potatura sul cordone.

Salta subito all’occhio in mezzo ai filari la coltivazione di favino per il sovescio. Luciano ha iniziato infatti nel 2012 la conversione al biologico, abbandonando la chimica per recuperare gli equilibri naturali della vigna e salvaguardare la propria salute, vivendo in prima persona gli effetti negativi dell’utilizzo in campo di sostanze chimiche.

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La storia della gestione di Luciano è piuttosto recente, con il primo imbottigliamento nel 2003, ma i terreni sono della famiglia dagli anni 50, quando è il nonno Bramante (ora centenario!) ad acquisirli, ma dedicandoli in prevalenza ad allevamenti di animali da carne (Chianina in primis), fino al 2001, quando si rende chiara l’opportunità di convertire tutto a vigneto, per la scelta di Luciano di lasciare il lavoro alle dipendenze per prendere in mano l’azienda di famiglia e dedicarla al vino. Nei primi anni le uve venivano conferite ad Argiano, mentre covava l’idea di vinificare e imbottigliare in autonomia. Il concatenarsi degli eventi ha accelerato i tempi, non senza portare problemi e difficoltà, oltretutto incappando proprio in momenti “politicamente” difficili per Montalcino.

Oggi Luciano continua a rimboccarsi le maniche, a cercare di tirare fuori il meglio dalle sue vigne, coadiuvato in campo da Massimo Achilli, e in cantina con la consulenza di Claudio Gori.

Il suo terroir porta le uve a raccolta generalmente nelle prime settimane di ottobre, piuttosto tardivamente, proprio grazie alla buona ventilazione della zona e dell’elevata quota. In cantina le uve sono divise a seconda dei vigneti di provenienza, con le uve meno performanti dedicate al Rosso, mentre le viti più vecchie e gli appezzamenti meglio esposti vanno a confluire nel Brunello, e nel caso di una bella annata le uve del vigneto migliore vengono vinificate per la Riserva.

Per il Rosso opera una macerazione sulle bucce di 20 giorni, in acciaio, dove attende lo svolgimento della mallolattica per poi trasferire le masse in barrique vecchie, dove sosteranno per un anno.
Quasi medesimo iter segue il Brunello, etichettato col nome Bramante, in onore del nonno, al traguardo dei cento anni proprio in questi giorni. Cambia solo la scelta dei legni di affinamento, che qui cade su botti grandi da 10 e 30 hl, dove permane per 36 mesi. Ancora diverso il discorso per la Riserva, che quando si produce, come nel 2006 e 2007 (e seguirà la 2013) finisce per 4 anni in una botte da 10 hl nuova.

L’approccio generale di Luciano è di non travasare mai, e fare una filtrazione larga prima dell’imbottigliamento, giusto per trattenere le fecce, anche se non esclude di pensare a qualche travaso, all’occorrenza, specie sulle prossime uscite, anche in virtù delle annate più problematiche come 2013 e 2014.

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Mano a mano che ci racconta e ci mostra la sua azienda traspare in Luciano un entusiasmo e una passione che diventano palesi al momento degli assaggi, quando praticamente ci sottopone tutto quello che ha in cantina, dai campioni di botte alle bottiglie, e saltiamo solo forse il suo ultimo esperimento, una parte di Brunello posta in un’anfora Clayver in ceramica.

Partiamo col il Brunello 2011 da botte, dove si integrano bene le note fruttate di fragoline di bosco con i cenni erbacei di macchia mediterranea e ginepro. Un vino ricco e dal frutto maturo, con buona carica alcolica (15,7%) domata anche grazie a un piccolo residuo zuccherino (2 gr/l), che non nasconde il buon finale sapido di un vino già molto fruibile, dal tannino ben levigato.
Il Brunello 2012, sempre da anteprima di botte, è invece più fresco ed elastico, dal finale asciutto e più cupo. Promette buona evoluzione.

Interessante il Brunello 2013, dove spiccano ricordi di mora e arancia, in un profilo equilibrato e profondo al gusto, con bocca ritmata da buona verve fresco-sapida.
Altrettanto promettente il Brunello Riserva 2013, prelevato dal tonneau nuovo. Dominano ricordi di ciliegia e violetta, con nuance di vaniglia e gin, e una gran bella trama di bocca.

Chiudiamo il giro delle anteprime assaggiando le masse del 2014 da vasca. Sono separate le due vigne principali di provenienza, ed è interessante scoprire l’enorme differenza delle sensazioni regalate dai due vini, con una marcia in più per la parte della vigna normalmente dedicata alla Riserva, che si delinea su intense note floreali e trama tannica fittissima in una materia molto più concentrata.

Il fatto che l’annata 2013 offra buone prospettive è confermato dalla prima bottiglia stappata, il Rosso di Montalcino 2013, dai bei ricordi di menta secca, ciliegia e cannella, di beva piacevole, dotata di tannino vivo e freschezza importante, che porta a una chiusura pulita su frutto rosso saporito.

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Andiamo quindi con l’ultimo uscito, il Brunello 2010, generoso e ben articolato al naso, con fiori di rosmarino e frutti di mirtillo e lampone, e solo cenni speziati. Al palato sfodera un tannino ricco e vellutato, una freschezza tonica e giovanile, ma la massa rimane un po’ contratta in bocca, chiedendo ancora il giusto riposo in bottiglia per rilassare le sue robuste fibre muscolari.

Iniziamo quindi una passeggiata nel tempo, assaggiando il Rosso 2006, sofferente appena di una sottile riduzione che si dipana presto lasciando posto a un ricordo di frutto e rossetto. Ancora ben godibile al patato, fresco e dal corpo snello e dal tannino sottile.

Annata difficile la 2005, ma il Brunello, appare molto fine ed elegante, con le impressioni al naso ricamate su sottobosco e tabacco, e beva succosa e leggera, dal taglio nordico.
Quasi all’estremo opposto il Brunello 2003, che marca su ricordi di foglie secche e frutto evoluto, ma all’assaggio mostra gli attributi con una bella spinta fresco-sapida a sostenere una ricca struttura con tannino pieno e vellutato.

Altra annata bollente, ma più quotata, la 2007, e il Brunello risulta ben modulato, con frutto, spezia e prime terziarizzazioni ma manca della marcia in più che ci si potrebbe aspettare al palato.
Non ha limiti nelle prestazioni il Brunello Bramante Riserva 2006, senza dubbio il migliore vino tra tutti gli assaggi fatti, un vino assolutamente da cercare e mettere in cantina, o provarlo subito per i più impazienti, perché è già buonissimo ora. Ha profumi complessi che si aprono a ventaglio, con ciliegia in primo piano, fiore di viole e iris, spezie (cannella, chiodi di garofano, cardamomo, pepe nero), e tabacco. Il sorso è carnoso, elegante e profondo, si allunga con potenza al palato, senza mai perdere il controllo, forte di una bellissima integrazione tra freschezza esemplare, tannino fitto e levigatissimo e sapidità elegante nel finale, dove tornano spezie e frutti scuri. Un assaggio appagante, completo, sorprendente, che ci lascia concludere col sorriso la nostra visita da Luciano Ciolfi, vignaiolo capace di vini sorprendenti come questo.


Tagged: Brunello, Ciolfi, Falcone, Montalcino, San Lorenzo, verticale

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