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Sans Soleil

Creato il 28 marzo 2011 da Eraserhead
Sans SoleilMi scrisse
Sans Soleil (1983) è un film enorme che tracima i canonici paletti del cinema per costituirsi in una riflessione metatestuale portata avanti (e indietro) dal regista Chris Marker che comunque non soddisfa in pieno gli interrogativi nascenti nello spettatore durante la visione poiché la pellicola è così sminuzzata, ricolma di immagini, suoni, volti, luoghi e cose da risultare pressoché indeterminabile.
Sunless ha la stessa potenza epifanica di uno sguardo sfuggente, non ci si ricorda precisamente cosa si è visto, restano soltanto nella memoria dei frammenti che rimandano a qualcosa di altro: tre bambini islandesi che sorridono, una donna al mercato in Africa, degli uomini sulla metropolitana di Tokyo, facce, visi, tratti che si mescolano in una moltitudine di espressioni collegate da malinconica unitarietà.
Se ne La Jetée (1962) il cinema diventava una macchina del tempo capace di trasportare un uomo dal futuro al passato e viceversa, con questo film la settima arte diventa una macchina dello spazio dove il mondo diventa set, e chi lo abita gli attori inconsapevoli di un film immaginario. La geografia si annulla, il viaggio diventa ellisse per cui non vedremo mai lo spostamento da una località all’altra, non c’è bisogno di mostrare tutto, non c’è bisogno di dire tutto, l’immaginario prevale sulla rappresentazione e tramite le lettere del cameraman ri-viviamo ciò che egli stesso ha visto, ma essendo la visione del film puramente soggettiva l’esperienza che ne traiamo è differente dall’obiettivo che l’ha ripresa facendoci riappropriare di quei poteri evocativi che spesso il cinema dimentica. Nel mezzo, o forse alla fine o all’inizio, c’è una Lezione breve ma stupenda su ciò che è Vertigo (1958), ovvero il film sulla memoria per antonomasia, una memoria che Marker definisce impossibile, folle, e qui non si può che concordare con lui.
Non so cosa sia Sans Soleil, se un “normale” documentario o una filosofica riflessione sul cinema, non lo so. Io all’inizio non ho colto la felicità in quei tre bimbi biondi quasi impauriti dalla macchina da presa di fronte a loro, però mi sono accorto del susseguente buio drammaticamente privo di luce.
E comunque, aldilà di tutte le possibili spiegazioni, il film può essere visto come un semplice elenco di cose che toccano il cuore, delle quali fa parte.

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