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Sapore (alla papaya) di terrore nell’era di Mr. B

Creato il 10 gennaio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Sapore (alla papaya) di terrore nell’era di Mr. B Sono cambiati i tempi e i toni. E questa è una considerazione inevitabile dopo aver appreso dai giornali quello che i presunti brigatisti torinesi hanno scritto sui grandi manifesti pubblicitari di corso Sommellier, accompagnando il loro “logo” più classico e terribile: la stella a cinque punte. Trent’anni fa i discepoli di Renato Curcio non si sarebbero mai sognati, ad esempio, di scrivere “fottiti”, perché sarebbe bastato il simbolo a dire tutto. Poi, magari, nelle rivendicazioni delle loro “azioni rivoluzionarie” avrebbero redatto uno sproloquio semantico-ideologico di trentacinque pagine, ma non sarebbero andati oltre, non avrebbero insomma mai preso spunto dai “cinepanettoni” per lanciare un messaggio politico. In questi giorni di fortissima tensione sociale, alimentata a tutti i livelli dai pro e contro Marchionne, le BR (o presunte tali) sono riapparse sulla scena politica italiana profondamente cambiate rispetto a qualche anno fa. Invece che con la classica bomboletta spray nera stavolta, per disegnare la loro stella, ne hanno usata una rossa, forse perché il negozio di ferramenta aveva esaurito quelle fucsia o verde acido. Il “fottiti” con cui hanno firmato il simbolo non appartiene alla loro cultura né pensiamo che Mario Moretti o Giovanni Senzani, lo abbiano mai usato in vita loro. Ma i tempi cambiano e se avessero scritto “contro il neogollismo portare l’attacco al cuore dello stato”, nessuno ci avrebbe capito una mazza. Il “fottiti” è invece decisamente più immediato, comprensibile, quasi da analfabeti. E, continuando, se la loro scritta fosse stata “colpirne uno per educarne cento”, probabilmente la gente avrebbe pensato a Cassano e non a Marchionne. Potremmo continuare all’infinito ma non occorre, il messaggio è talmente chiaro al punto che gli inquirenti, a proposito delle tre stelle a cinque punte apparse a Torino hanno dichiarato: “Si tratta di una simbologia forte, non così inedita neppure negli ultimi tempi, usata comunque per alzare il tono e per attirare la massima attenzione. D'altronde – dicono alla Digos - il dibattito sulla questione Fiat-Marchionne è a tinte forti anche a livello istituzionale, politico e televisivo, da non far meravigliare se alcune persone, magari anche tra i più giovani e comunque tra i cosiddetti antagonisti, cerchi di calcare la mano”. Insomma, nessuna preoccupazione, quando il tono dello scontro politico sociale si alza, accade che si ritorni a sventolare spauracchi. Non la pensano allo stesso modo però, gli uomini della destra italiana e neppure qualcuno che di sinistra forse è stato una volta. Loro il tono lo hanno alzato eccome, d'altronde chi ha vinto le prime elezioni puntando la barra della campagna elettorale sulla paura delle rapine in villa nel Nord-Est, come fa a tirarsi indietro quando appare un simbolo stranoto più alle cronache giudiziarie che non a quelle “rosa”? E neppure un classico messaggio brigatista può essere considerato quello lasciato accanto al primo: “Non siamo noi a dover diventare cinesi ma i lavoratori cinesi a diventare come noi”. Che è quello che pensano tutti coloro che a questa globalizzazione selvaggia si stanno in qualche modo opponendo. La nota positiva di queste ultime 24 ore è che fra la Fiom e la Cgil non c’è stata nessuna spaccatura, come avrebbe voluto quella parte che, un tempo lontano, veleggiava sulle sponde della sinistra. Gli scioperi proclamati dalla Fiom avranno il massimo sostegno della Cgil e c’è da giurare che non saranno solo i metalmeccanici a scendere in piazza. Nonostante i tentativi di buttarla ancora una volta sul terrore e sulla paura, almeno un piccolo fronte dell’opposizione è compatto nonostante gli sforzi di qualcuno di frantumarlo definitivamente. A distanza di oltre venti anni sono tornati il reaganismo e il tatcherismo. Loro i sindacati li hanno distrutti sul serio mica palle, e i seguaci delle dottrine ultraliberiste stanno tentando la stessa cosa in Italia mettendo contro i lavoratori e i loro rappresentanti. Vogliamo terminare con una domanda che Nichi Vendola ha posto ieri sera a Fabio Fazio: “Se io le chiedessi di scegliere fra un lavoro che mette a rischio tutti i diritti che lei ha acquisito fino a questo momento e il non lavorare affatto, cosa sceglierebbe?”. Articolo 629 del codice penale. Vedere alla voce “ricatto”.

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