Terremoti, scosse d’assestamento, scale, magnitudo: i termini del disastro spaventano gli italiani. E sedicenti scienziati dicono che i terremoti si possono predire, o forse no…
E’ una triste consuetudine che si ripropone ad ogni cataclisma. Pseudostudiosi dei fenomeni della terra iniziano a tirar fuori ogni sorta di fantasiosa teoria, si lanciano in tesi al limite del fantascientifico, mettono insieme fior di brutte figure.
Anche in occasione del sisma in Emilia Romagna, la storia si ripete con le stesse modalità: si comincia a discutere di gas che schizza fuori dal terreno, di prevedibilità del sisma. La novità del 2012 è la macchina segreta (ovviamente americana) che genera i terremoti, altri ne sparano delle belle sul fracking e sulle trivellazioni petrolifere.
Nessuno che si sforzi per ammettere che l’unica difesa, contro il nemico invisibile che si muove nel sottosuolo, è la prevenzione ed il rispetto delle normative antisismiche. E non è detto che possa bastare, la furia della natura non si può pronosticare con calcolatrice e righello.
Come nell’occasione del sisma dell’Aquila, in cui lo studioso Giampaolo Giuliani mise in connessione l’aumento delle concentrazioni di gas radon nel sottosuolo con i movimenti tellurici, anche adesso si grida al cataclisma epocale, sparando cifre sulla presunta magnitudo che il movimento riuscirà a sviluppare.
Secondo uno studio condotto da fior di docenti e ricercatori, sembrerebbe molto probabile il verificarsi di un sisma di elevatissima potenza distruttiva, localizzato prevalentemente in Sicilia e Calabria. Già la zona di approssimazione lascia intendere che non è una verità scientifica attendibile: ci sarà, prima o poi, un terremoto in Sicilia. Ed allora, un po’ tutti avranno avuto ragione.
Le fonti scientifiche parlano addirittura di un sisma “migliaia di volte superiore a quello che ha raso al suolo L’Aquila”, con esiti facilmente pronosticabili per il meridione d’Italia. In un paese normale si sarebbe potuto procedere in due modi: nel primo caso, acclarata l’attendibilità, si procederebbe ad allontanare le popolazioni dalle zone che verrebbero colpite dall’evento; oppure, appurando l’inattendibilità delle previsioni, si procederebbe penalmente contro i responsabili di siffatto stato di allarme, ben diffuso tra la popolazione.
La psicosi terremoto è ufficialmente iniziata: le previsioni sui terremoti, come spiega Alessandro Martelli (direttore ENEA di Bologna) sono molto approssimative e decisamente poco accurate. Grazie alla statistica, si possono pronosticare eventi che si ripetono ciclicamente. Ma di quel ciclo sappiamo davvero poco, pertanto è altresì probabile che le previsioni vengano disattese in maniera clamorosa.
Il presidente dell’INGV Stefano Gresta smonta miseramente previsioni e pronostici in stile Cassandra dirette, a suo dire, a procacciare facili finanziamenti per la prevenzione.
L’allarmismo c’è, il panico anche, la volontà di specularci sopra pure, a sentire il presidente dei vulcanologi. Nessuno che si sia affrettato a prendere le distanze dal tototerremoto, tutti pronti a svendere la propria immagine e la propria credibilità scientifica in nome dei cinque minuti di celebrità del piccolo schermo: diversi, al verificarsi del primo sisma, non hanno esitato ad ammettere che il sisma era stato predetto con buona approssimazione statistica, altri si erano sbilanciati escludendo categoricamente il ripetersi di un evento di potenza paragonabile a quello del 20 maggio.
Sulla stessa base statistica poggiano adesso le tesi allarmiste che prevedono un armageddon tra Sicilia e Calabria. L’attendibilità è ovviamente discutibile: predire un terremoto sulla base di una ripetizione statistica è un modo per non dover ammettere che il sisma può cogliere quando meno lo si aspetti. Non è possibile stabilire la località, né il momento, tanto meno la potenza distruttiva di un cataclisma: in pratica, predire un terremoto è come predire la morte di tutti i lettori di questo articolo, che prima o poi, statisticamente dovrebbe verificarsi.
La scienza non ha ancora raggiunto un livello tale da permetterci di prevedere, con precisione e puntualità, i terremoti. Seminare il panico è del tutto inutile, se non si intraprendono contestualmente le azioni a difesa del territorio. La pianificazione e la prevenzione possono fare la differenza in casi in cui la natura sia particolarmente violenta nei suoi sommovimenti.
Ma esiste una volontà ed una cultura dell’antisismico? Non sembrerebbe, a giudicare dagli esiti del sisma in Emilia. E per la Sicilia? C’è solo da sperare che gli scienziati si sbaglino. Per l’ennesima volta. Intanto potremmo fare come suggeriva Danny DeVito: “Non preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati, ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica.”