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Scienza e corruzione politica. Sullo straordinario esempio Marie Curie e sul perché non possiamo trattare lo scandalo Agenzia spaziale italiana come fosse un altro scandalo qualsiasi…

Creato il 09 febbraio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

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220px-Marie_Curie_c1920di Rina Brundu. Si chiamava Maria Sklodowska. Era nata a Varsavia il 7 novembre 1867. Nel 1895, avendo sposato il fisico e matematico francese Pierre Curie, diventerà Marie Curie, il nome con cui è universalmente conosciuta e che preserverà la sua immortalità. Nel 1903 Marie Curie ricevette il premio Nobel per la Fisica per gli studi sulle radiazioni e nel 1911 ne ricevette un secondo per la scoperta del radio e del polonio. Non tutti sanno che è stata uno dei due scienziati ad avere vinto quel prestigiosissimo riconoscimento in due aree diverse di ricerca. Colpita da una gravissima patologia contratta prioprio a causa delle radiazioni a cui era continuamente esposta per motivi di studio, morì nel 1934 a soli 67 anni, a Passy, in Alta Savoia.

Dare altri dettagli sulla vita di questa donna straordinaria, un vero e proprio gigante della scienza mondiale, non serve. Guardando però alla big-picture, alla macro-prospettiva si potrebbe forse dire che questa donna eccezionale rappresenta tutto ciò che di buono è in noi, in quanto esseri umani, in quanto professionisti in una qualsiasi area di specializzazione. Marie Curie è infatti un esempio brillante dei risultati a cui porta l’idealità, la coscienza dello scopo di una vita e dello scopo da raggiungere, l’applicazione, il metodo, il know-how, l’esperienza, l’onestà e soprattutto l’abnegazione. Di fatto -  mercé la malattia che l’ha portata alla tomba – si può senz’altro dire che Marie Curie è una eroina, una martire dell’amor di conoscenza e sapienza, una martire che si è immolata per il nostro maggior bene, e per il bene di coloro che verranno.

Riportando il discorso su tematiche più mondane, ritengo che la vita di questa grande signora sia anche un esempio da far studiare con maggiore attenzione nelle scuole italiane del nostro tempo. Per infiniti motivi. Prima di tutto perché è una risposta chiara, tonante, senza possibilità di appello al machismo e al sessismo imperante nel paese, dalle camere dal Parlamento fino all’ultimo tavolino di un infimo bar. Perché offre una possibilità di presa di coscienza immediata delle disfunzioni prodotte da una cultura femminofobica, perpetrata in nome di pseudo-ideologie figlie della miseria, dell’ignoranza, finanche della mera cattiveria dell’anima. Perché è un deterrente naturale contro le strade senza ritorno che portano verso il femminicidio, l’umiliazione di ogni rappresentante dell’altra metà del cielo, della sua proiezione di figlia, di compagna, di madre, di donna tout-court.

Ma la figura di Marie Curie è anche un esempio politico-manageriale illuminato delle risultanze che può dare una vera, onesta, “cultura del fare”. Le sue traversie per ovviare alle difficoltà di non poter studiare (proprio perché donna), gli incredibili obiettivi raggiunti, dimostrano in maniera limpida che in realtà nella vita di date persone i problemi, gli ostacoli da superare riescono finanche a trasformarsi in qualcosa di positivo. Di necessario. I problemi diventano insomma occasione per fare bene, per fare meglio, per misurarsi, per affermare senza ombra di dubbio di che pasta siamo fatti. Per comprovare che “oltre le parole i fatti” non è un modo di dire vuotato di ogni senso e di ogni sentimento ma che è frase di grande significato. Di peso.

Tuttavia non è stato mentre riflettevo sulle croniche problematiche poste dallo sciovinismo di genere in Italia, né quando pensavo al datato problema dell’attendismo e del paraculismo politico, che  mi è venuta in mente, prepotente, la storia e la figura di Marie Curie. Ho invece pensato a lei quando ho letto dello scandalo di corruzione politico-manageriale che avrebbe coinvolto l’Agenzia spaziale italiana, un fiore all’occhiello della nostra industria, della nostra capacità tecnologico-scientifica, della nostra capacità di fare. Un frutto straordinario dell’intelligenza made-in-Italy.

La mia maggior paura, infatti, è che avendo noi fatto il callo agli scandali di questa natura, respirando giorno dopo giorno il nefasto olezzo che proviene dalla palude di nefandezze politico-amministrative che ci siamo costruiti sotto i piedi, questa particolare vergogna possa essere vista come un’altra indecenza qualsiasi: non può essere! Non deve essere! E non può essere perché a differenza dei tanti che si illudono di avere superato il suo pensiero con pseudo-filosofie-politiche ultramoderne e politically correct, io continuo a guardare alla Politica da una prospettiva meramente machiavelliana. Il che significa che non coltivo illusioni; so con certezza che nulla potrà cambiare fino a quando la nostra natura umana non farà il necessario scatto di qualità etico-morale in un ossimorico futuro-remoto.

Nel frattempo – per quanto mi riguarda – dovrebbe essere il mondo scientifico, la dimensione di una vera metodologia scientifica applicata a diventare il faro (anche e soprattutto etico) a cui guardare per il nostro miglior bene futuro. Ne deriva che questo universo deve essere necessariamente preservato immune da sospetti. Deve essere liberato dalla cultura clientelare che pur la infesta, deve essere liberato dal germe della furbizia che viene col nostro DNA italico, scienziati o bifolchi che siamo, deve essere mantenuto a suo modo puro. Tolleranza zero, insomma, e non ritengo di esagerare. Diceva infatti Salomone: “I saggi fanno tesoro della scienza, ma la bocca dello stolto è un pericolo imminente”: che avesse avuto una visione del modus-pensandi politico (e non) dell’Italia del XXIsimo secolo? Il dubbio mi assilla, ma più che un dubbio e quasi certezza.

Featured image, Marie Curie.

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