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Scrivere col cuore o con la testa?

Da Marcofre

scrivere col cuore o con la testa

Già: scrivere col cuore o con la testa? Be’, io per non sbagliare uso le mani. Ed è già abbastanza difficile così, perché mai mescolarci anche altre appendici e frattaglie? E poi?
Dopo le mani che vogliamo aggiungerci?

Né cuore né testa

Il dizionario, diavolo. O meglio, quello sconfinato dizionario fatto di letture (perché chi scrive dovrebbe leggere in quantità ciclopiche).
E accanto a questo dizionario anche l’altro, quello vero: il dizionario della lingua italiana. E aggiungiamoci anche uno dei sinonimi e contrari. E poi? La faccenda si fa complicata. Ci vogliono i sensi.
Noi siamo ciccia, colesterolo e trigliceridi fuori controllo, pressione bassa (o alta), ictus in potenza o infarto del miocardio che prepara l’attacco. A questo tipo di persone, come vuoi parlare?
Se vuoi conquistare l’attenzione della gente, né cuore, né testa.

Addio alla realtà

Sto scherzando troppo? Niente affatto.
Il problema che certa letteratura di successo ingenera, è quello di un progressivo scollamento dalla realtà (parlo difficile perché è un blog letterario questo, e ogni tanto devo farlo).
Si parla di sentimenti, di emozioni. Eppure non ci sono mai stati così tanti uomini e donne massacrate. Umiliate e impoverite. Come diceva il buon Fedor Dostoevskij: amare teoricamente l’uomo, amare l’idea-uomo è bello, nobile. E questo è il compito di buona parte della narrativa, al giorno d’oggi. Smercia emozioni, parla al cuore, bla bla bla: ma odia l’uomo. Perché non è un’idea.
Puzza, l’uomo. È povero; sgradevole; petulante. Come si fa ad amare un simile scarafaggio? Il “cuore” che certa letteratura piazza sembra avere come scopo quello di rendere il lettore, quando tornerà alla realtà, solo più cattivo nei confronti degli esseri che popolano quella realtà. E mi pare ci stia riuscendo molto bene.


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