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Scrivere un romanzo: tutti i miei sbagli (parte 1)

Da Anima Di Carta

Scrivere un romanzo: tutti i miei sbagli (parte 1)

Vignetta di Massimo Cavezzali

Questo post nasce dal meme lanciato da Daniele Imperi su I miei errori più grandi nella scrittura creativa. L'idea di ripercorrere gli errori in cui sono incappata nei miei tentativi di produrre narrativa mi è piaciuta molto, soprattutto in questo periodo di bilanci e riflessioni.
Siete pronti a scoprire quante stupidaggini ho fatto in tanti anni? Mettetevi comodi. Le cose da dire sono così tante che ho dovuto dividere a metà il mio racconto.
Il mio primo tentativo di dar vita a un romanzo risale agli anni '80. Avevo 14 anni (smettetela subito di fare calcoli!) e mi ero messa in testa di scrivere niente di meno che un thriller. Ambiziosa, eh?
Era la storia di una ragazza e un ragazzo che sventavano un importante giro di droga. La storia si doveva ambientare a Roma. Non so di preciso da dove fosse nata l'dea, ma erano gli anni in cui si parlava molto di tossicodipendenza e andava per la maggiore Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, libro che sfido qualcuno oggi a ricordare. Forse la mia fantasia era stata anche suggestionata dai traffici che si notavano nel mio Liceo... Io però ero un candida adolescente di provincia e non sapevo proprio un bel nulla dell'argomento. Inoltre, la decisione di ambientare la vicenda a Roma era piuttosto folle: avevo visitato la città un paio di volte in tutto.
La prima difficoltà mi si presentò nel primo capitolo. La scena doveva svolgersi in una famosa discoteca romana. E qui cominciarono i problemi, perché io non avevo la minima idea di quale potesse essere una "famosa discoteca romana". La fortuna volle che durante quell'estate conobbi una tipa di Roma in vacanza che tempestai di domande, riuscendo incredibilmente a scrivere quella scena. Ma quando lei partì, mi ritrovai a fare i conti con le mie scelte insensate. Riuscii a scrivere un altro capitolo, dopo di che mi arenai definitivamente. Riuscite a vedere i miei errori? Io ne vedo almeno quattro.
  • Tema fuori portata. Il tipo di romanzo e il tema che avevo scelto erano al di sopra delle mie possibilità. Non ne sapevo nulla di traffici di droga e non ero in grado di portare avanti una storia così impegnativa. Il consiglio "scrivi di ciò che conosci" qui ci sarebbe stato proprio bene. 
  • Genere fuori portata. L'idea di scrivere un thriller mi intrigava, ma la verità è che non ne avevo letti abbastanza, pur avendo a quell'età già molte letture alle spalle. Come potevo ambire a creare una trama d'azione senza avere alcuna base?
  • Ambientazione fuori portata. Per me Roma in quegli anni era rivestita di un'aura speciale, ora che ci vivo vorrei tanto andarmene! Il fatto è che non conoscevo abbastanza la città per poterla usare come ambientazione e non avevo neppure gli strumenti di oggi, Internet e affini. La mia unica fonte era una ragazza poco più grande di me. Folle, no?
  • Mancanza di esperienza di vita. Ero troppo giovane. Questo potrà suonare fastidioso per tutti i giovanissimi che mi leggono, ma è la verità, e l'ho capito solo con il tempo. Scrivere un romanzo richiede maturità, a prescindere dall'argomento e dal genere. Fino a quel momento avevo scritto dei racconti e molte riflessioni personali, ma non bastavano di certo a prepararmi all'impresa di scrivere un vero romanzo.

Il secondo approccio a un romanzo ci fu pochi anni dopo, ne avevo 17. Era sempre estate e questa volta riuscii a portare a termine il progetto. Il romanzo (chiamiamolo così) si intitolava Alison e raccontava di una signora di mezza età ricca, vedova e sola che ripercorre il suo passato, pieno di tragedie ed errori, fino a uscirne rinnovata. Avevo programmato ogni capitolo, cosa tra l'altro necessaria visto che dovevo scrivere su un Olivetti e non su un computer. L'ambientazione questa volta non presentava difficoltà (qualcosa avevo imparato!), perché si svolgeva in una località simile a quella dove vivevo. La protagonista era ben delineata e la storia era fattibile. Quel romanzo finì nelle mani di un professore che disse che avevo talento, ma ci sarebbe stato molto da migliorare. Ma come, non era un capolavoro?!
Ebbene, avevo fatto molti errori, ma solo con il tempo arrivai a esserne consapevole.
  • Personaggio troppo simile a me. La protagonista, benché di età e situazione di vita diverse dalle mie, era una sorta di proiezione di me stessa, fantasiosa ovviamente, con un bagaglio di esperienze che potevo solo immaginare, ma pure con molto, troppo dei miei modi di vedere le cose. Non avevo la giusta prospettiva per considerarla un personaggio di una storia, non c'era il giusto rapporto.
  • Trama debole e poco articolata. Solo con il tempo ho capito che quello che a me sembrava un romanzo era al massimo un lungo racconto. Un romanzo ha una costruzione più complessa di quell'esile alternanza tra presente e passato. 
  • Troppa introspezione. La natura psicologica della storia mi aveva portato a lunghe riflessioni, forse anche banali. Grande noia.
  • Pochi dialoghi. A questo proposito ci fu un fenomeno strano. Uno dei tanti lettori mi disse che c'erano troppi dialoghi, un altro che ce ne erano pochi. Memo: stare attenti a scegliere i lettori-cavia. Ora so bene che i dialoghi erano troppo pochi e il raccontare eccessivo.

Primi anni '90, nasce una nuova idea per un romanzo. La storia prende spunto dalla vicenda realmente accaduta ad alcuni amici che nella mia immaginazione si era colorata di toni giallo-rosa. Dal momento che non potevo tenere fede alla vera ambientazione (quella universitaria), mi ripropongo di traslarla nell'ambiente teatrale. Al centro c'era quindi un'attrice di teatro e il suo gruppo. Ecco, ero ricaduta nei vecchi errori: scegliere un mondo di cui non sapevo nulla.
Fatto è che, vuoi per mancanza di tempo o voglia (ero più interessata a vivere la mia vita che a chiudermi in casa a scrivere) il romanzo ha visto solo due capitoli e una bozza dei successivi. Errori? Mi limito a quelli più grossolani.
  • Realtà lontana dalla mia. Di nuovo. Scema, ma quando impari?
  • Idea vaga, nessuna progettazione. L'entusiasmo di creare una storia si esaurisce presto, non ce la fa a reggere il grande impegno che comporta un romanzo vero e proprio. Un minimo di pianificazione è necessario, e in quel caso non c'erano altro che confuse intenzioni.
  • Troppo raccontare. I personaggi erano tutti descritti a parole, non con i fatti. In quel poco che ho scritto, c'erano poche scene e tutte sembravano cartoline, foto statiche, che si trattasse di ambienti, persone o situazioni.

Per gli anni successivi ho scritto molto, ma niente narrativa. Catturata dal mondo del giornalismo, per molto tempo ho messo da parte l'idea di scrivere un romanzo, finché la pressione ha ricominciato a farsi sentire. E veniamo al primo tentativo di romanzo fantastico-esoterico. Era il 2000 più o meno, quando ho ripreso in mano carta e penna... anzi, no. C'erano finalmente i computer! Di acqua ne era passata sotto i ponti e mi sentivo di nuovo pronta a iniziare una storia. Anzi, ero proprio decisa a fare del mio meglio questa volta, infatti avevo anche cominciato a leggere manuali di scrittura creativa.
La storia che ero intenzionata a scrivere aveva al centro una casa misteriosa e un gruppo di maestri dell'occulto. La protagonista restava invischiata nelle oscure trame di uno di loro.
Vediamo quante stupidaggini ho fatto questa volta in questo romanzo rimasto a metà.
  • Troppo mostrare. Avevo la testa imbottita di regolette da manuale, come "show don't tell", che avevo proprio preso alla lettera. Seguivo la mia protagonista ovunque andasse e mostravo di tutto. Con il risultato che mio marito appena ha letto i primi capitoli, con la sua solita grazia mi ha detto che erano noiosi da morire. 
  • Personaggi ingessati. Sempre per colpa dei soliti manuali avevo preparato le mie belle schede su ogni personaggio. Avete presente? Quelle che tutti suggeriscono di fare. Ho imparato con il tempo a disfarmene, perché a me hanno fatto più danni che altro. I miei personaggi erano burattini senza vita.
  • Trama non progettata. Qui c'è stato indubbiamente l'errore più grande: non avevo la minima idea di dove andasse a parare la mia storia. Ho scritto molti capitoli, procedendo secondo l'ispirazione, ma arrivata a metà non sapevo più che diavolo stessi facendo.

Passarono altri anni, continuavo a produrre articoli e passai un periodo a scrivere un lungo racconto autobiografico. Tornai sui romanzi solo più tardi, ma se volete leggere il resto della storia, dovrete aspettare la prossima puntata. Nel frattempo, potreste raccontarmi i vostri errori.

Hanno aderito al meme di Pennablu anche:
Lisa Agosti - La mia esperienza con la scrittura
Chiara Solerio - La storia della mia scrittura. Imparare sbagliando




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