Allora potevano dirlo subito che era solo un problema di spartizione delle poltrone, una lottizzazione a livello di Stati dei posti di potere, che potevamo pure fare a meno di occupare quella di presidente della Bce con mario Draghi, che a ben vedere nessuno in Italia aveva mai candidato.
Che pure questa cosa è strana assai: chi lo ha candidato Draghi alla presidenza della Bce? Ricordo perfettamente che i tedeschi non erano particolarmente felici di lasciare all'italiano la prestigiosa carica, si dice anche per i legami che il tecnocrate romano vanta con Goldman Sachs, la potente banca d'affari americana.
Lo stesso ministro del tesoro italiano Giulio Tremonti non sembrava essere così lieto dell'avvento di Draghi alla Bce, arrivando a firmare la sua candidatura solo dopo l'assenso della Merkel.
Probabilmente è stato proprio il presidente francese Sarkozy a dare la spinta finale all'ex governatore della Banca d'Italia, contando di conquistare subito dopo il seggio di membro del comitato esecutivo della banca centrale europea a favore di un proprio connazionale.
Fatto è che non pare proprio che la nomina di Draghi a presidente sembri una conquista italiana, anzi.
Già il rifiuto del ministro Tremonti di firmare la lettera inviata all'Eurogruppo ieri dal premier Berlusconi fa capire che c'è forte diffidenza di quest'ultimo verso il neo banchiere d'Europa, da qualcuno, come il ministro Bossi, indicato come il vero autore delle "raccomandazioni" (imposizioni travestite da consigli) arrivate al governo italiano attraverso alcuni organi di stampa come il Financial Times, rivista sempre molto vicina agli ambienti della grande finanza anglosassone.
Il timore, inutile nasconderselo, è che si stia preparando un nuovo assalto al patrimonio nazionale, simile a quello avvenuto nel 1992, dopo l'accordo siglato dai rappresentanti delle grandi banche d'affari e alcuni notabili nostrani, tra i quali proprio Mario Draghi, che si guadagnò allora il titolo di "Mr Britannia".
Il futuro, in somma, non si prevede roseo: solo un governo forte e autorevole, in grado di affrontare la crisi del debito pubblico con scelte coraggiose e mirate a tagliare gli sprechi, in modo da ridurre il debito a dimensioni più sostenibili, potrebbe riuscire a contenere gli assalti dei predatori, mentre l'attuale sembra ormai in balia da una parte degli assalti esterni di una stampa al servizio degli stessi poteri forti e una magistratura in delirio di onnipotenza, dall'altra dai sussulti interni dovuti ai movimenti dei peones in cerca di prebende e potere.
Il peggio è che un governo tecnico o di unità nazionale potrebbe facilmente riportare in auge altri personaggi che fecero già parte della crociera famosa sull'ex panfilo reale, con tutte le conseguenze che ognuno può immaginarsi.