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Se le femministe constatano il loro fallimento

Creato il 04 dicembre 2013 da Uccronline

FemministeQualcosa di estremamente curioso sta avvenendo nell’anacronistico mondo femminista: da una parte le militanti più attive bastonano la scrittrice cattolica Costanza Miriano perché osa criticarle (la prima fatwa ateista della storia), invocando la censura dei suoi libri, dall’altra le “vecchie” femministe bastonano le “nuove” femministe perché il loro modo di pensare conferma le critiche al femminismo.

Anche in Italia è approdata questa faida interna, è Mara Accettura a parlarne su “Repubblica”, citando la sconsolata riflessione della femminista Natasha Walter, autrice di “Living Dolls – The Return of Sexism” con il quale ha denunciato l’alto tasso di sessismo e la nostra assuefazione alla ipersessualizzazione della società: «L’immagine delle donne è definita sempre più dai canoni dell’industria sessuale», scrive la Walter. Le critiche vanno alle giovani ragazze che imitano i modelli di Britney Spears e Paris Hilton, ovvero il prototipo femminista della donna emancipata e libertina, che gestisce il proprio corpo come vuole. Non manca lo sdegno per le ragazze che «pensano che spogliarci in pubblico sia il passaporto per un lavoro». In realtà lo imparano dalle femministe ucraine “Femen”, che mostrano le loro nudità per far valere le loro opinioni (oltre che per lavoro), rinunciando già in partenza all’uso della mente e dell’intelligenza.

La Walter si accanisce contro le giovani donne che si spogliano in discoteca, le quali, intervistate, le rispondono: «Le ragazze che partecipano a queste cose lo fanno per scelta, non sono costrette e allora basta, lasciatele stare». Queste sono proprio le affermazioni che hanno imparato dalle vecchie femministe: il corpo è mio e la scelta è mia. Eppure oggi le stesse femministe non lo accettano più e si lamentano: «È quello che ascoltiamo ovunque. Fai lo striptease? Sei liberata. Fai film porno? Sei liberata. La prostituzione? È una scelta. Nessuno ti obbliga, lo hai voluto tu. Chi osa mettere in discussione queste scelte viene tacciato o di puritanesimo o di elitismo», dice Walter. Esattamente come ieri le femministe (forse anche la Walter stessa) dicevano: “Abortisci? Sei liberata. Tradisci tuo marito? Sei liberata. Ti vesti da squillo? Sei liberata. Giochi con le macchinine? Sei liberata. Rifiuti la famiglia? Sei liberata. Abbandoni il rosa e indossi solo l’azzurro? Sei liberata. Neghi la maternità? Sei liberata”.  Chi osava mettere in discussione questo era un troglodita misogino. Ricordate?

Se Nigella Lawson attacca le femministe perché hanno distolto le donne dal “dono della cucina”, un’altra femminista constatata il fallimento anche per quanto riguarda le battaglie sull’omologazione e la teoria del gender. Ariel Levy ha riconosciuto infatti con disgusto che oggi le bambine sono naturalmente tornate a giocare con le bambole e i maschietti con il Lego. Il rosa è ridiventato il colore delle femminucce/principesse e il blu quello dei maschietti/pirati. Eppure, si lamenta la Levy, da piccole loro sono state indottrinate con i libri della de Beauvoir che donne non si nasce, si diventa! Cos’è accaduto allora?

La colpa sarebbe della scienza: «fior di scienziati hanno ritirato fuori il determinismo biologico. Sostengono per esempio che le bambine preferiscono il rosa perché il loro cervello è geneticamente fatto in un certo modo, e i bambini sono più aggressivi perché hanno il testosterone», si lamenta la Levy (si veda Louann Brizendine, Steven Pinker, Susan Pinker). O semplicemente hanno constato che la cultura pre-femminista ha sempre avuto ragione: donne si nasce e non si diventa e la teoria del gender (separazione tra sesso e genere) è una buffonata.

Infine, sull’Huffington Post Sasha Perugini ha provato a criticare le femministe che constatano il fallimento, spiegando che «non penso che la “pornificazione del corpo femminile” sia necessariamente un segno di passiva subordinazione come sostenuto. Mi pare infatti che il “femminismo” abbia preso altre strade, ben diverse da quelle previste dall’attivismo politico degli anni ’70». In ogni caso conferma che le baby-squillo di oggi siano un frutto del femminismo, anche se non di quello anni ’70. Curiosa la chiusura dell’articolo: «Non a caso l’impotenza maschile e la paura del confronto sessuale sono in costante aumento e mi viene il sospetto che persino il numero degli omosessuali sia aumentato a causa -certo non unica- di questa costrizione culturale. Paradossalmente l’omosessualità maschile si ribella proprio alla pornificazione femminile e diventa il nuovo femminismo».

Michela Marzio


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