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Se non ami le seccature

Da Marcofre

Un po’ di tempo fa ho scritto:

“Se l’umanità non fosse fonte di seccature, non ci sarebbero storie da raccontare”.

Mi è tornato in mente un episodio che ha come protagonista Georges Simenon. Prima di iniziare a scrivere, chiamava il medico di famiglia e sottoponeva moglie, se stesso e i figli a una visita completa. Voleva essere certo che nessuno covasse qualche malanno che in seguito avrebbe potuto interrompere il suo lavoro.

Solo dopo, si sedeva alla scrivania con le sue matite…

Naturalmente, una volta il figlio si ammalò, e Simenon fu costretto a interrompere la scrittura del romanzo, che però finì nel cestino della spazzatura. Un tipo determinato, vero? Quell’intrusione, quella frattura che si era creata nel flusso di lavoro, non era possibile ignorarla. E neppure ricomporla.

Era un uomo che non amava molto le seccature che il mondo porta con sé. Ennesima prova di come nella scrittura, e in quel settore chiamato “le abitudini dello scrittore” non ci sia alcuna regola. Ciascuno fa che vuole, quello che conta è il risultato finale. Perciò se uno scrive a testa in giù perché ritiene che in questa maniera il sangue arrivi meglio al cervello, faccia pure. Imitarlo non mi pare una buona idea.

Ma se dovessi gettare via tutto quello che scrivo per un’interruzione… Giusto: potresti farmi notare che se nessuno pubblica quello che scrivo, forse una ragione ci sarà, e si annida proprio lì. Può darsi.

Quello di Simenon è un po’ l’episodio perfetto per propagandare l’idea dello scrittore che se ne sta in dialogo con le Muse, e non bisogna disturbarlo. Anzi, non cadrei dalla sedia se fosse un’invenzione di Simenon, impegnato a costruire il proprio mito.

Certo, è indispensabile che l’atmosfera nella camera o studio sia su misura di chi scrive. Purtroppo non è sempre possibile, occorre adattarsi. E quando giro, la storia viene con me, non posso certo lasciarla a casa.

Alcuni dicono che sia sbagliato, che il cervello lavora troppo e quando si torna al lavoro, è troppo esausto per combinare qualcosa di buono.

Non mi pare che valga per me. Certo, i risultati sono quello che sono, infatti combino poco o nulla. Ma gli scompartimenti stagni, il “tutto o niente” mi sembrano poco convincenti. E affermare che non si combina nulla perché siamo disturbati da vicini, manca l’atmosfera, e via discorrendo, sembra più un alibi.

Perché della parola non ci importa un accidente.

Se scrivi sul serio, sappi che non avrai mai le cose facili, non ci sono schiere angeliche che ti conducono per mano verso il fantastico Mondo delle Storie. Non basterà sedersi e attendere, o farsi guidare dall’istinto.
E il peggio capiterà dopo: quando avrai terminato di scrivere…


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