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Semina

Creato il 10 febbraio 2012 da Renzomazzetti
Togliatti:Sia,l'acre sapore delle lacrime,per non piangere,inghiottite,stimolo aspro al lavoro,alla lotta.
Togliatti:Sia,l’acre sapore delle lacrime,per non piangere,inghiottite,stimolo aspro al lavoro,alla lotta.

La miseria è grande, la fame è tutt’altro che scomparsa: solo per le regioni da Roma in giù la razione giornaliera di pane è portata da 200 a 300 grammi per persona. La svalutazione è pesante: 100 lire per un dollaro e 400 per una sterlina; l’emissione delle Am-lire aumenta il processo inflazionistico. I prezzi al minuto a Roma sono cresciuti di 33 volte rispetto al 1938; nella sola capitale, in agosto, i disoccupati registrati sono 150.000. Il reddito medio è la metà di quello di prima della guerra, già tutt’altro che alto, come si sa. La produzione nelle zone liberate è calata al 36%, cinque milioni di vani sono stati distrutti, un terzo delle strade è impraticabile, l’attrezzatura ferroviaria è distrutta all’80%, il patrimonio zootecnico quasi completamente svanito, l’agricoltura è lungi dal fornire il fabbisogno necessario per la popolazione. La parola d’ordine della ricostruzione è già quella più sentita dalle grandi masse perché è la necessità impellente dell’ora. Così, la raccomandazione di Togliatti ai compagni di ”essere il partito più vicino al popolo” è il banco di prova del ”partito nuovo”. Quando Togliatti si reca a Firenze (negli stessi giorni nei quali Piero Calamandrei scrive a Gaetano Salvemini : ”Vi è prima di tutto la questione economica: la questione del pane e del fuoco. Nessuno può immaginare com’è ridotta l’Italia liberata (e quella da liberare sarà ridotta anche peggio): le strade, le comunicazioni, i mulini, i campi, le scuole, gli ospedali, tutto distrutto o quasi. Gran parte della popolazione combatte ogni giorno colla fame e col freddo: il problema politico più urgente per ogni cittadino italiano è quello di trovare ogni giorno un po’ di rape e di zucche per sfamarsi …” ) ripete con un accento particolarmente caldo e pressante quella raccomandazione, insiste sul carattere aperto che deve avere il PCI: le sezioni comuniste nei rioni della città e dei paesi debbono diventare dei centri della vita popolare, dei centri ove debbono andare tutti i compagni, i simpatizzanti e quelli senza partito, sapendo di trovarvi un partito e un’organizzazione che s’interessano dei loro problemi e che forniranno loro una guida, sapendo di trovarvi qualcuno che li può dirigere, li può consigliare e può dar loro la possibilità di divertirsi se questo è necessario. (Meditazione sulla Resistenza.Togliatti e il partito nuovo di Paolo Spriano).

T  E  A  T  R  O   D   E   G   L   I   A   R   T   I   G   I   A   N   E   L   L   I

Falce e martello e la stella d’Italia

ornano nuovi la sala. Ma quanto

dolore per quel segno su quel muro!

Esce, sorretto dalle grucce, il Prologo.

Saluta al pugno: dice le sue parole

perché le donne ridano e i fanciulli

che affollano la povera platea.

Dice, timido ancora, dell’idea

che gli animi affratella; chiude: ”E adesso

faccio come i tedeschi. Mi ritiro”.

Tra un atto e l’altro, alla Cantina, in giro

rosseggia parco ai bicchieri l’amico

dell’uomo, cui rimargina ferite,

gli chiude solchi dolorosi; alcuno

venuto qui da spaventosi esigli,

si scalda a lui come che ha freddo al sole.

Questo è il teatro degli Artigianelli

quale lo vide il poeta nel mille

novecentoquarantaquattro, un giorno

di Settembre, che a tratti

rombava ancora il cannone, e Firenze

taceva, assorta nelle sue rovine.

-Umberto   Saba-

 


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