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SERBIA: Tra il Kosovo e il gay pride, Belgrado scivola nell’oscurantismo

Creato il 03 ottobre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Filip Stefanovic

SERBIA: Tra il Kosovo e il gay pride, Belgrado scivola nell’oscurantismo

BELGRADO - dal nostro inviato.  La fine di settembre a Belgrado è particolarmente calda quest’anno, ci sono più di 25 gradi, la folla riempie il centro in maglietta, vedo parecchi stranieri, sento parlare inglese, tedesco, spagnolo e italiano. La città appare pulita, i mezzi efficienti, i nuovi filobus climatizzati, e i due tram di recente acquisto, identici a quelli che girano per le strade di Madrid o Milano, deragliano un giorno sì e un giorno no dai binari troppo stretti – proprio come a Milano. Nell’aria poco si respira di quanto accade al nord del Kosovo, a riprova che le tensioni di questa lunga estate sono più di natura politica che sociale.

Scontri tra Kror e serbi sul confine kosovaro

Martedì 27 settembre si è giunti a scontri diretti sul confine kosovaro, al passo di Jarinje, quello a cui i serbi avevano già appiccato fuoco a luglio. La tensione era in crescita costante sin dal 16 settembre, ovvero da quando uomini dell’esercito kosovaro, elitrasportati dall’Eulex, sono stati calati sul confine controllato dai serbi. Questi ultimi, che nonostante la rimozione delle barricate avvenuta in agosto tenevano pronte riserve di ghiaia da spostare ad ogni momento sulle strade di confine, hanno bloccato i passaggi vitali. Le forze Kfor hanno reagito estendendo la superficie posta sotto loro diretta amministrazione tutt’intorno a Jarinje, e la situazione è incancrenita. Martedì 27, appunto, un gruppo di manifestanti serbi ha iniziato a lanciare pietre e poi bombe incendiarie sui soldati della Kfor, i quali hanno risposto sparando ad altezza d’uomo. Il risultato sono stati 11 feriti, tra i quali quattro soldati della Kosovo FORce, uno grave.

Il dettaglio su cui più hanno insistito i media serbi è stata la conferma da parte dei medici dell’ospedale di Kosovska Mitrovica che i proiettili estratti dai “civili inermi“, come sono stati più volte apostrofati i manifestanti serbi, siano di piombo, e non di gomma. E d’altronde appare ingenuo lo stupore di chi aggredisce soldati armati di tutto punto aspettandosi tentativi di dialogo in cambio (si dialoga coi politici, non coi militari – la differenza è palese).Tadic non ha un pianoNei giorni successivi la situazione è parsa rientrare da sola, i serbi occupano ancora le barricate, la Kfor lotta per sopprimere le strade alternative che i serbi utilizzano per il passaggio della frontiera, ma non ci sono stati altri importanti momenti di tensione. Il problema sembra insito a Belgrado, che dimostra ogni giorno di più di non avere a disposizione un piano né chiaro né tantomeno intelligente: a parole il presidente Tadic e il portavoce serbo ai dialoghi con Pristina, Borko Stefanovic, mantengono la faccia truce nei confronti dell’occidente, ribadendo il più fermo appoggio ai manifestanti serbi e la protezione dei loro diritti calpesti. Lo stesso Ivica Dacic, ministro degli Interni e a capo del Partito socialista di miloseviciana memoria, ha confermato che se la situazione non si risolverà da sola, si sarà costretti ad intervenire “in maniera più decisa”, il che, detto dal capo della polizia, è una minaccia inequivocabile.Rinunciare al Kosovo, senza alternativeCiò che nessuno dice, però, è stato perfettamente riassunto qualche sera fa sulla tv B92, ospiti due generali in pensione dell’esercito serbo Aleksandar Dimitrijevic e Ninoslav Krstic. Il primo, a capo fino a cinque anni fa dei servizi d’informazione dell’esercito jugoslavo, ha messo in chiaro che, per la Serbia, il Kosovo è una situazione conclusa e che non ci sono prospettive a riguardo: la Serbia ha perso la guerra e non ha senso che continui ad aggrapparsi alla risoluzione ONU 1244 del 1999, che aveva posto fine al conflitto del Kosovo, ma dovrebbe onestamente ammettere di fronte ai propri cittadini l’impotenza di fatto e richiamare i cittadini serbi del nord del Kosovo a ritornare alle loro case.Cosa faranno, si chiede il generale, questi manifestanti tra un paio di settimane quando passerà il bel tempo e inizieranno le piogge d’ottobre? E fin dove si vuole spingere Belgrado, a che limite vorrebbe innalzare le tensioni, se nel contempo dimostra di non avere alcun piano nella sciagurata ipotesi che inizi a volare seriamente qualche testa, indifferentemente da quale lato delle barricate?Le minacce della destra ultranazionalistaIntanto, nella capitale, proprio oggi sembra cadere l’altro tema caldo di quest’anno, ossia il Gay Pride andato in scena domenica 2 ottobre. Le settimane antecedenti hanno visto una sempre maggiore opposizione all’evento da parte delle frange più intransigenti della destra nazionalista e clericale serba, in primo piano Obraz e Dveri. Le Dveri, in particolare, movimento legato a doppio filo alla Chiesa Ortodossa Serba, e di cui abbiamo parlato l’ultima volta a febbraio  quando si sono presentate ufficialmente come partito politico dedito alla difesa della famiglia tradizionale serba, promettendo di partecipare alla prossime elezioni parlamentari del 2012, stanno dimostrando una preoccupante capacità di organizzazione e attacco allo stato.Esse avevano pianificato negli ultimi tempi una serie di contromanifestazioni per il 2 ottobre, non solo per le strade della capitale ma in tutta Serbia. Il loro piano annunciato era quello che di destabilizzare la sicurezza del paese, in un momenti in cui, dicevano, buona parte delle forze di polizia serba si sarebbe trovata a Belgrado per garantire la messa in sicurezza della parata omosessuale. In questa maniera, minacciando incidenti in tutte le piazze serbe, avrebbero messo a dura prova l’intero apparato delle forze dell’ordine del paese.Nelle ultime 24 ore, nuove preoccupanti e particolareggiate voci si sono aggiunte sui metodi che gli attivisti, hooligan di estrema destra avrebbero progettato per la giornata di domenica: portare a scontri diretti in parti sparse della città, di modo da dividere e indebolire le forze di polizia, appiccare il fuoco alle sedi di tutti i partiti di governo, di aziende straniere, o anche di entrare nei parcheggi sotterranei pubblici per appiccare fuoco alle gomme delle automobili in sosta.Il patriarca omofoboE così mentre il patriarca Irinej, padre della Chiesa Ortodossa Serba, chiama la parata dell’orgoglio “parata della vergogna, per mezzo della quale si infanga la dignità umana e calpesta la luce della vita e della famiglia”, il Consiglio per la sicurezza nazionale del Ministero degli interni ha vietato nella giornata di oggi qualsiasi forma di manifestazione per il 2 ottobre, incluso il Gay Pride, per la seria incapacità di garantire la sicurezza di tutti i cittadini.Servi della prepotenza

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