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Settimana NBA: Melo e Ross da record, Nets in netta ripresa

Creato il 28 gennaio 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

Best of the East

 

Best Team: Brooklyn Nets

I Nets stanno cominciando a correre e a correre forte. Su 11 partite giocate nel 2014, Brooklyn ne ha vinte 10, perdendo solo contro i Raptors a Toronto. In settimana ecco la netta affermazione contro i Knicks nel derby, poi la convincente vittoria contro i Magic, quindi il risicato successo contro i Mavericks ed infine la non esaltante, ma comunque importante vittoria sui Celtics. Sono sette le vittorie consecutive in casa festeggiate contro Dallas al Barclays Center, ringraziando soprattutto la serata di grazia di un Mirza Teletovic sempre più uomo chiave delle rotazioni di Jason Kidd. La rivoluzione estiva sta iniziando a rendere come avrebbe dovuto dall’inizio e, nonostante l’infortunio a Brook Lopez, la squadra si è issata a un 20-22 che vale, ad oggi, il settimo posto ad Est. Fatta eccezione per le prime due posizioni, saldamente nelle mani di Pacers e Heat, la terza piazza sempre ampiamente alla portata. Basta continuare a correre.

Best Player: Chris Bosh

L’assenza per infortunio di Dwayne Wade è servita a dimostrare che Chris Bosh è sempre più la seconda pedina più importante del trio delle meraviglie guidato da LeBron James. 24 punti e e 6.2 rimbalzi di media nelle ultime sette uscite di Miami, con il 63.3% al tiro e 17 delle ultime 18 conclusioni a segno tra Lakers e Spurs (striscia ancora aperta). In settimana gli Heat hanno ritrovato un ottimo ritmo con tre vittorie consecutive contro Celtics, LA e San Antonio e, in particolare quella contro i texani, è sembrata una prova di forza davvero convincente da parte dei due volte campioni in carica. Bosh nell’occasione ha giocato solo 26 minuti, ma, con un 9/10 fenomenale e un’intensità di gioco decisiva, ha di fatto spaccato la partita a favore della sua squadra. Che i Big Three in casa Heat non possano fare a meno di lui (vedi impatto sulla serie di finale coi Thunder di due anni fa o il rimbalzo decisivo per la tripla del pareggio di Ray Allen nella famosa gara 6 delle scorse Finals) si sapeva già. Bosh, però, continua a sorprendere tutti.

 

Best of the West

 

Best Team: Oklahoma City Thunder

Niente da fare, la miglior squadra a Ovest, con o senza Russell Westbrook, sono i Thunder. Sette vittorie di fila, di cui ben cinque negli ultimi sette giorni. Tutti successi di prestigio, fatto salvo per le passeggiate su Kings, Sixers e Celtics, contro avversarie direttissime, quali Blazers e Spurs, e outsider sempre pericolosissime, come Rockets e Warriors. Oklahoma City, che deve fare a meno del suo secondo miglior giocatore dalla notte di Natale, non ha perso slancio e si conferma prima forza (35-10) della Western Conference, di pochissimo seconda assoluta dietro Indiana. Merito anche e soprattutto di un Kevin Durant incommentabile, fenomenale (31.1 punti, 7.9 rimbalzi e 5.2 assist di media) e a un Reggie Jackson (13.4 punti e 4 assist a partita) sempre più una realtà nel ruolo di Westbrook. La squadra, e il suo leader in primis, sembra molto più pronta e matura per sopperire l’assenza della guardia. E, quando rientrerà, ci sarà davvero da divertirsi.

Best Player: Stephen Curry

Dalla clamorosa esclusione dello scorso anno al posto diretto nello starting five quest’anno. L’All Star Game ridarà (e non poteva essere altrimenti), con gli interessi, ciò che ha tolto nella scorsa stagione a uno delle migliori guardie dell’intera Lega. Steph Curry (24.1 punti e 9.3 assist di media) sta giocando un basket eccezionale e, nonostante possa ancora migliorare come percentuali al tiro, è il fattore decisivo per le sorti dei suoi Warriors. Suoi, prima di ogni altro. Nelle tre uscite settimanali contro Pacers, T-Wolves e Blazers, non proprio bruscolini, 31.7 punti, con il 53% al tiro, e 10.7 assist. Peccato solo che, tranne per il successo contro Portland, siano arrivate due sconfitte nelle restanti gare. Golden State (27-18 e sesto posto a Ovest) viaggia ancora a corrente troppo alternata per essere tra le eccellenze di Conference, ma con questo Curry davvero nulla può far paura.

 

Best of the Rest

 

OH MY MELO!: incredibile Anthony contro i Bobcats: record di franchigia (superati i 60 di Bernard King del 1984), record di sempre al Madison Squadre Garden (primato strappato a Kobe Bryant, 61 nel 2009) e miglior prestazione stagionale, oltre ovviamente al suo career high. 23/35 al tiro per 62 punti, con 13 rimbalzi (primo dal 2005 a fare un 55+10 dopo LeBron) e 0 palle perse (miglior score senza turnover da quando sono state introdotte). Unica nota “negativa” gli 0 assist (c’è tutto Melo, attaccante maestoso, non altrettanto come passatore). In ogni caso, chapeau.

INCREDIBILE ROSS: nel mese dei career-high, merita sicuramente menzione l’impresa di Terrence Ross. 51 punti, massimo di sempre per un giocatore in maglia Raptors, a pari merito con sua maestà Vince Carter, con 16/29 al tiro e 10/17 da tre punti. Primo giocatore nella storia della NBA a segnare 50 punti avendone segnati meno di 10 a partita di media, è il quarto giocatore nelle ultime cinque annate ad aver messo a segno un cinquantello senza festeggiare, insieme ad esso, la vittoria. Bravo, bravissimo comunque.

 


 

Worst of the East

 

Worst Team: Detroit Pistons

Passino le sconfitte contro Clippers e Mavericks, ad oggi qualificate ai playoff nel tremendo Ovest, ma perdere due gare in fila contro Bucks e Pelicans è davvero una grande impresa. In negativo, ovviamente. E dire che questi Pistons non sono proprio una brutta squadra. Andre Drummond e Greg Monroe stanno continuando a fare grandi cose sotto canestro, Brandon Jennings è, come al solito, impreciso come percentuali al tiro, ma un ottimo assist-man, Josh Smith non sta giocando benissimo, ma comunque esprime sempre un buon basket. Cosa manca a Detroit quindi? Prima di tutto la difesa. Il defensive rating è a quota 105.5, davanti solo a sei squadre già fuori dalla contesa per la post-season e ai Knicks in crisi nera di questo inizio anno, dietro, per dirne una, anche a disastrati team come Milwaukee. Servirebbe poi un uomo decisivo, che possa tenere in mano la palla che vale una partita. Troppe prime donne e nessun vero motivatore, forse.

Worst Player: Jeff Green

Boston ha vinto due partite delle ultime 16 giocate, non proprio uno score invidiabile. Certo, l’intenzione della squadra di Brad Stevens quest’anno è tankare e avere un’ottima scelta al Draft. A quota 15-31 e con un record in picchiata l’obiettivo sembra più che raggiungibile. Ciò non significa, però, che Jeff Green sia autorizzato a giocare sempre peggio e rovinare un ottimo avvio di stagione, oltre che un processo di crescita che sembrava costante ed efficace. Nel periodo negativo dei Celtics, escludendo la gara coi Wizards, l’ala ha messo a segno 79 canestri su 166 tentativi, sparacchiando soprattutto da oltre l’arco (17/66). L’unica volta che è andato oltre i 25 punti (39 con 14/26 al tiro e 8/16 da tre punti proprio contro Washington), stranamente, è arrivata una vittoria. Green è il futuro degli uomini in verde. E non è solo un gioco di parole!

 

Worst of the West

 

Worst Team: Los Angeles Lakers

Da oggi lo possiamo dire con certezza: i Lakers sono fuori dalla lotta per i playoff. I nostalgici faticano a vedere la squadra di Los Angeles relegata nei bassi fondi a Ovest, ma la dura realtà è che, con le quattro sconfitte maturate su cinque gare giocate in settimana, non ci sarà possibilità di vederli nemmeno in lotta per la post-season. Dopo la vittoria contro i Raptors, ecco che Bulls, Heat, Magic e Knicks hanno battuto quello che è decisamente il peggior team visto in casa Lakers da davvero moltissimi anni. Pau Gasol (16.8 punti e 10.1 rimbalzi) sembra l’unica stella rimasta a roster, vista l’assenza di Kobe Bryant, e il solo Nick Young (17 punti), insieme con Kendall Marshall (10.5 punti e 9.3 assist), sembra dare un po’ di aiuto allo spagnolo. Il resto è davvero poca cosa, tanto che non si può davvero parlare di tanking, quanto piuttosto di scarsa qualità a roster. Serve guardare al futuro, sperando che arrivi in fretta.

Worst Player: Damian Lillard

Non una grande settimana quella di Lillard, che quest’anno si è confermato la miglior scelta del Draft di due anni fa e tra le migliori guardie nel panorama NBA. 13.8 punti di media con 58 tiri presi e 21 messi a segno, di cui la miseria di 3 sui ben 20 tentati da oltre l’arco. 4 gli assist a partita, accompagnati da 2 palle perse. Non proprio uno score eccellente per un giocatore del suo valore. E il rendimento dei Blazers ne ha risentito. Due vittorie e due sconfitte non è un ruolino di marcia così criticabile, ma se si pensa che Portland era a quota 31-10 prima della scorsa settimana, il tutto assume l’aspetto di una flessione per gli uomini di casa al Rose Garden. Per altro le sconfitte sono arrivate abbastanza nettamente contro Thunder e Rockets, due tra le avversarie dirette ad Ovest e i Blazers sono ora situati al terzo posto di Conference. Servirà il miglior Lillard per tornare al vertice.

 

Worst of the Rest

 

BAD HOPES: a Est sono tante le squadre che hanno deluso fino a questo punto della stagione. I Knicks (17-27) guidano la fila delle momentanee escluse eccellenti dai playoff, insieme con Cavs (16-28), attesi ad un anno di rinascita nell’utopica speranza di ritrovare LeBron il prossimo anno tra le proprie fila, e Pistons (17-27), dotati di un team di assoluto livello e talento, ma troppo poco efficaci finora. Fatto sta che i tanto derisi Bobcats (19-27), ad oggi, rubano a tutte loro un posto per i playoff.

GRIZZLIES FINALLY OVER ROCKETS: Memphis, prima del doppio scontro in settimana contro Houston, era a quota 0-10 contro le avversarie dirette della Southwest Division. Ecco che, però, Memphis finalmente si è svegliata e ha messo due punti esclamativi nell’eterna lotta contro i Rockets. Due vittorie di fila, record positivo (22-20) e sempre più speranze di raggiungere i Mavericks all’ottavo posto di Conference. Houston, invece, rallenta la sua marcia ed è avvisata. I Grizzlies non sono più quelli di inizio anno.


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