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Somalia. Un Uomo e Nessun Voto

Creato il 04 ottobre 2015 da Gianluca Pocceschi @geopolitiqui

Come tenere un’elezione senza che siano registrati gli elettori? Questa è la domanda che si pongono i politici della Somalia, ONG, diplomatici e altri attori internazionali per tentare di creare un governo somalo in questo paese che non ha un’amministrazione statale funzionante dalla caduta del regime militare avvenuta nel 1991.

La Somalia sta cercando di costruire un governo dal 2007 , quando la forza di mantenimento della pace dell’Unione Africana (UA) ha occupato il paese dopo l’invasione dell’Etiopia dell’anno precedente.

Una costituzione provvisoria è stata scritta nel 2012 e Hassan Sheikh Mohamud, un ex accademico e cooperante umanitario, è stato eletto alla presidenza di un governo di transizione.

Il processo intendeva creare le basi per delle elezioni da tenersi l’anno successivo così da dare alla Somalia un governo supportato dall’intera nazione.

Con sorpresa nel luglio scorso, Hassan ha dichairato non percorribile la strada dell’elezione diretta one – vote, one – man. “Le sfide e i pericoli sono ancora troppi” e cita, tra i motivi della sua scelta, i continui combattimenti con i jhiadisti legati ad al – Qaeda di Al – Shaabab (Al – Shaabab, la Gioventù che terrorizza il Kenia) e la necessità di mantenere la nazione unita .

L’ex – colonia italiana sta così cercando di trovare una soluzione. La formula 4.5 sembra essere l’unico compromesso. In poche parole i vecchi, dei 4 clan principali clan somali più una varietà di 5 clan minori agiranno come grandi elettori rappresentativi.

Il panorama dei clan sembra essere l’unico che fosse possibile vedere e fotografare per avere una parvenza di democraticità seppur elitaria.

Questa via, d’altronde, è stata più o meno la strada per raggiungere la costituzione del 2012: un gruppo di 135 anziani dei clan hanno scelto 275 parlamentari che hanno eletto Hassan.

Mentre le negoziazioni vanno avanti, sul territorio sono dispiegate 22.000 truppe sotto l’egida dell’Unione Africana che stanno combattendo una costosa guerra contro le milizie di Al – Shabaab anche se ormai fuori dai centri urbani.

Quando cala notte però Al – Shabbab torna a tormentare Mogadiscio lanciando brutali attacchi come quello avvenuto il primo di settembre contro la base delle forze ugandesi che ha fatto 12 vittime. L’ultima autobomba di questa settimana contro il palazzo presidenziale ha lasciato 4 morti sulle strade sabbiose. Colpi di arma da fuoco sono facilmente udibili nell’oscurità della capitale della Somalia.

La normalità diurna si frappone al terrore notturno mentre l’8 settembre a Nairobi, capitale del Kenia, gli Stati Uniti  hanno aperto l’ambasciata USA in Somalia. Un segno evidente di come l’insicurezza e la pace sono dettagli inversamente proporzionali a favore del primo.

La stabilità di un governo seppur largamente sotto rappresentato è l’unica garanzia verso gli attori internazionali ancora essenziali e presenti nel territorio. La piena sovranità sarà raggiunta con l’uscita delle truppe dell’UA e ridimensionamento degli aiuti delle Nazioni Unite che tuttora sono la principale fonte di “investimenti diretti esteri”.

L’emancipazione dei somali passa attraverso la rimozione di questi ancora vitali elementi. Ma la minaccia Al – Shaabab non permette ancora viaggi tranquilli nel Terzo Millennio verso il Pineta di un Uomo – un Voto.

Foto – Credit by www.my252.com


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