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Ormai lo si è capito, per far andare avanti i Sons, per farli proseguire agli stessi livelli stagione dopo stagione, c'è bisogno di un cattivo con la C maiuscola.
Dopo l'ATF, dopo l'IRA, dopo il Cartello Messicano, arriva il nero con le mani in pasta tra economia e politica: Damon Pope.
La sua rabbia si scatena dopo che Tig, nella sua furia cieca, gli ha ucciso la figlia, e si riversa nel club nel modo più spietato possibile: costringendo il nuovo capo, quel Jax che non ha certo vita facile fin dal suo primo giorno, a sacrificare un membro, a sacrificare quello a lui più caro.
La perdita si fa così sentire fin dall'inizio di questa quinta stagione, soprattutto dopo i morti di quella precedente e la spada di Damocle che pende sul collo di altrettanti personaggi, a partire da quel Clay ormai senza moglie, senza un figlioccio o una nuora, la cui stessa salute appare minata, che trova nelle new entries dei nomadi amici fidati a cui affidare i compiti più ingrati, che lo porteranno però ancora più alle strette con il suo club.
Al di là dei problemi interni del SAMCRO, c'è tutto un mondo là fuori che sembra fare le conseguenze di ogni loro scelta: lo sceriffo Roosvelt che perde moglie e figlio in un colpo solo, in un colpo di pistola, Otto che perde dignità e una vita fra le mura di una prigione, un'infermiera che proprio dalle mani di Otto perde altrettanto.
Se poi abbiamo da una parte la sempre tentennante Tara, che si ritrova tra l'amare Jax e l'odiare il club, Gemma e Clay, e volersi staccare da una vita in cui sangue, violenza e omicidi sono all'ordine del giorno, dall'altra abbiamo Nero, aitante latinoamericano che in una delle tante notti di follia che la single Gemma si concede, riesce ad entrare nel suo cuore, iniziando non solo una storia ad alto tasso di rischio, ma anche più di un affare con i Sons, che Jax vuole portare fuori dai giri illegali a favore del mercato della pussy.
Per farlo completamente, però, c'è bisogno di uno di quei piani a più mosse di cui il protagonista c'ha già abituato, e come un moderno Spartacus riesce in un colpo solo a rendere felici tutti, tranne forse se stesso.
Si delinea così il futuro per il club che lo stesso John a suo tempo desiderava, con il figlio che segue le sue orme, che scrive quotidianamente appunti, parole sentite da tramandare ai suoi, di figli. Ma il somigliare al padre non lo allontana dal somigliare anche al patrigno, e così la sua violenza sempre più efferata, il suo volere una giustizia a tutti i costi, mina il rapporto con Bobby, che per primo e forse solo vede questi cambiamenti cercando di placarli.
Giustizia deve però essere fatta, e madre, figlio e traditore trovano un modo per incastrare il tutto, per liberarsi di un peso, anche se all'orizzonte se ne delineano altri.
La quinta stagione, corposa davvero, dà l'addio a molti personaggi a cui si era legati, mettendo a rischio i giorni di altri. Ai brividi della quarta, si arriva così alle lacrime copiose di questa stagione, che pur ripetendo schemi e temi già affrontati (su tutti l'iperprotettività di Gemma e i dubbi morali di Tara che francamente fatico a sopportare) colpisce al cuore, con un finale che va a riprendere quello precedente in modo altamente metaforico.
Il merito, oltre che ad un universo al quale ormai si sente di far parte, è una colonna sonora che come non mai sottolinea momenti, iniziali o finali, di ogni episodio, incorniciandoli tra i motori rombanti delle moto, la polvere delle strade, la lealtà di una famiglia.
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