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Sorridi, intervista all'autrice Silvia Antenucci

Creato il 18 ottobre 2013 da Sadica @sadicamente
"Sorridi" è il romanzo d'esordio di Silvia G. Antenucci, giovane scrittrice veronese, laureata in filosofia e giornalista.
Silvia lavora inoltre come Communication Manager per il settore dello Spettacolo ed ha vissuto a Bologna, a Verona, a Milano e, per un breve periodo, in Inghilterra. Attualmente vive a Roma.
"Sorrisi" è ambientato in un mondo esasperato dalla dittatura mediatica ispirato al romanzo distopico e al genere dell’utopia negativa del ‘900. Un romanzo ove protagonista è la storia di una lotta, contro il sistema e contro se stessi, tra il volere e il dover essere.

Sorridi, intervista all'autrice Silvia Antenucci

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Vittoria Arditi, la protagonista del tuo romanzo "Sorridi", viene reinserita nella società dopo esser stata disintossicata dai libri. Quale tipo di società si ritrova a vivere Vittoria? Vittoria è certamente la protagonista della storia, colei che incarna sentimenti e pensieri di una ragazza costretta a scontrarsi con un mondo che non le appartiene più, e che probabilmente non le è mai appartenuto.
A ben vedere però, è proprio attraverso Vittoria che emerge l’altra grande protagonista del mio romanzo: la società in cui lei vive.
Il romanzo prende le mosse, infatti, da un espediente narrativo, ovvero immaginare un mondo futuro, la storia si svolge nel 2036, per raccontare gli sviluppi tragi-comici delle distorsioni, delle follie e delle nevrosi del presente, del mondo attuale.
Un mondo futuro che, in realtà, è il mondo presente portato all'eccesso sulla base di ciò che è oggi, nel qui ed ora. Lo chiamano genere distopico, il cui iniziatore è Orwell che amo e spesso cito, ma io preferisco chiamarlo un libro del qui ed ora, perché ciò che racconto, le situazioni che descrivo sono riconoscibilissime già oggi e, seppur molto fantasiose, per nulla improbabili.
Molto simile alla società contemporanea di oggi o si tratta pur sempre di una storia romanzata?
La società nella quale Vittoria si ritrova a vivere è la nostra portata all’estremo: ipercinetica, compulsiva, contraddittoria.
C'è la schiavitù dell'immagine, c'è la rincorsa al proprio quarto d'ora di celebrità, c’è la smania della perfezione ma, soprattutto, c'è il desidero, profondo e profondamente umano, di comprensione, di amore.
Quell’inestirpabile desiderio-bisogno di “essere con gli altri” che oggi sembra sempre più farsi attendere.
Non a caso l’atmosfera è frenetica, il senso di attesa e urgenza è crescente e palpabile tra le pagine, le suggestioni del contrasto tra essere e apparire sono continue. Per non parlare dei personaggi, surreali e perfetti figli del loro tempo.
Penso a Lisetta, che parla solo per proverbi e si inceppa con i discorsi impegnati, o a Marcello, affermato scrittore di reality-book. A Martina, felice di lavorare in un negozio come manichino vivente, o al Dottor Pedretti, chirurgo estetico di fama mondiale e incarnazione dei “valori” contemporanei.
Quali differenze dunque tra il nostro viver quotidiano e quello di Vittoria?
La differenza è che il vivere di Vittoria è il nostro tra una ventina di anni.
Per fare qualche esempio, in questo mondo i cartelloni pubblicitari sono umani, i grandi classici della letteratura subiscono reiterati lifting letterari per rispecchiare mode e diktat sociali, e ognuno ha diritto, a pagamento, a vivere in televisione il proprio Quarto d’Ora di Celebrità.
L’unica cosa che non inganna, paradossalmente, è l’apparenza.
Ho costruito un mondo dove apparentemente tutto è permesso e niente proibito. Tranne ridere. Tranne vivere. Tranne essere se stessi.
Per questo quel titolo, “Sorridi”: perchè anche la gioia è artificiale: nessun personaggio ride, si limita a sorridere perchè il sorriso è un accessorio come il vestito e il rossetto.
In che modo Vittoria cercherà di integrarsi o tornerà su suoi passi?
La sua è una rivoluzione interiore fortissima, a cui corrisponde una personalissima “soluzione finale”.
In ogni caso, più che la soluzione a me è interessato indagare il problema, la crisi come portatrice di cambiamento e di rinnovamento, anche creativo.
"Sorridi" è il tuo primo romanzo. Come nasce l'idea di questa storia?
La domanda da cui parte il romanzo è: che cosa accadrebbe se passato e futuro si incontrassero nel presente?
Se le persone non solo non potessero più scegliere chi sono e chi desiderano essere ma, addirittura, non si ricordassero nemmeno più che possono scegliere?
C'è una frase nel romanzo che lo riassume per intero: “Anche i ciechi alzano d’istinto gli occhi per guardare al cielo”, non a caso la casa editrice ha scelto di metterla sul retro di copertina.
Questa frase, chiaro omaggio al pensiero di Oscar Wilde, vuole significare che, per quanti sforzi si possano fare, o per quanta razionalità e praticità possa imperare oggi, l’uomo, le persone, rimangono sognatori, creature piene di speranza, che non rinunceranno mai ad alzare gli occhi al cielo per sognare, per sperare, anche il giorno che non potranno più vedere.
E’ un riflesso automatico, guardare al cielo, farsi domande e pensare in grande.
E’ la ricerca della felicità, una felicità che non deriva dai beni materiali o dalla perfezione esteriore.. Così sarebbe troppo facile no?
Quali sono i tuoi libri preferiti?
Il romanzo si apre con una citazione da 1984 di George Orwell, e ci tengo a dire che "Sorridi" deve molto ai grandi, grandissimo autori che ho amato e amo ancora leggere.
Non penso solo a Orwell ma anche a Moravia, a Buzzati con il suo eccezionale deserto dei tartari; ad autrici come Virginia Woolf o a stranieri soprattutto nell'anima come Carver, Roth, Homes.
Fonti inestimabili per chi, come me, ama scrivere.
E ispirarmi a voci così grandiose è stato fondamentale soprattutto per lo scopo del mio libro: raccontare il mondo in cui viviamo, la realtà in cui ognuno di noi oggi è calato.
Quando ci penso mi viene sempre in mente la citazione di Newton: "Se ho potuto guardare lontano, è perchè stavo sulle spalle dei giganti".
A chi consiglieresti di leggere il tuo libro?
Ho presentato il libro in diversi contesti, a serate letterarie, a incontri pubblici e anche nelle scuole, e ha riscosso sempre un ottimo interesse.
Non credo di avere un lettore tipo, se non quello che ama guardarsi intorno, che riflette sulle cose e usa l’ironia per governare il caos di questo pazzo mondo, e della sua vita.
Credo possa piacere a quelli che ci credono, nei sogni, e nell’amore come gesto rivoluzionario: l’amore per se stessi, per gli altri, per la propria vita.
L'amore che più ci preme conoscere e avere e che troppo spesso ci perdiamo perché attenti a cose in realtà banali. La vera tragedia non è sbagliare, o perdere, il vero dramma è perdere l’occasione.
Non c’è nulla di peggio di una vita sprecata, buttata via per disattenzione.

Sognando un futuro diverso, dove piacerebbe vivere a Vittoria, la protagonista del tuo libro?
Esattamente dove viveva, nel mondo che ricorda.
Progetti futuri?
Ho da poco finito il tour promozionale del romanzo, e in questi mesi mi sono dedicata alla forma del racconto partecipando ad alcuni progetti con la mia casa editrice (L’Erudita).
Nei prossimi giorni esce una raccolta contenente un mio racconto con la Giulio Perrone Editore, un ritratto tragi-comico su Verona, la mia città. E sto ovviamente scrivendo il secondo romanzo.
Ho scelto un tema forte, e sarà una bella sfida.

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