Possiamo dire, in generale, che i due estremi sono rappresentati dal profilo puro e ordinato degli Alessandrini e dall'opera più fitta e talvolta caotica dei Bizantini. Il riferimento alla storia della filologia non è fuori luogo, come vi apparirà chiaro se avrete la pazienza di seguire il mio excursus.Il libro come lo conosciamo, cioè come prodotto da sfogliare, leggere e commentare e da tramandare per un'utilità di studio o per diletto nacque con l'istituzione delle biblioteche in età ellenistica (III-II sec. a.C.), le più famose delle quali sono quella di Alessandria e quella di Pergamo, per arrivare poi alle biblioteche di età romana, come quelle di Asinio Pollione (la prima biblioteca pubblica a Roma) e di Ottavia. Certo, si scriveva anche in epoca precedente, ma i testi erano riposti in archivi personali o cittadini, come nel caso di Atene, che per prima aveva fatto redigere una versione ufficiale dei poemi omerici. Ad Alessandria, in particolare, gli studiosi dei testi antichi non si limitavano alla lettura, ma copiavano e tramandavano i testi e stilavano commenti e annotazioni. Gli Alessandrini lavoravano meticolosamente sulle opere arcaiche e classiche e si deve a loro, in particolare a Zenodoto e ad Aristarco la creazione dei segni critici, che servirono inizialmente per il commento ad Omero. Sul testo si apponevano dei segni di valore condiviso che venivano poi replicati in un secondo documento riservato ai commenti. I passi notevoli secondo il filologo venivano segnati con una diple ("forcella" >) e avevano la funzione di un discreto segno di attenzione.I filologi bizantini di IX-XI secolo avevano però un modo molto diverso di lavorare: essi annotavano i commenti direttamente accanto al testo, occupandone talvolta ogni spazio libero, dalle interlinee ai margini, con un effetto di horror vacui che sembra voler scoraggiare i filologi che per la prima volta si accostano a questi testi. La pagina tramandata dai filologi bizantini è spesso pienissima di parole e annotazioni che vanno sotto il nome di scolii (σχόλια in greco) fondamentali per ricostruire i commenti e per spiegare alcune oscurità dei testi. Perché questa diversità di approccio nel commento e nella segnatura del testo? Il motivo è semplice. In epoca ellenistico-romana il Mediterraneo costituiva un sistema di scambi fervido e precisamente organizzato e l'Egitto forniva, oltre al grano, papiro a non finire (anche se gli scrittori di Pergamo avevano inventato un nuovo supporto). Il materiale per la scrittura non mancava e i filologi potevano tranquillamente disporre di rotoli appositi per i loro commenti. Diversamente, in età medievale i flussi commerciali con il basso Mediterraneo diminuirono drasticamente e a Bisanzio si poteva contare solo sulla fornitura di pergamene, molto più costose del papiro, con la necessità di dover fare economia di materiale; per lo stesso motivo molte pergamene venivano raschiate e riscritte (sono i cosiddetti palinsesti), codici di immensa importanza smisero di essere copiati o vennero cancellati per fare spazio ad altri ritenti più utili o di maggiore qualità e la grafia onciale fu sostituita dalla minuscola, che permetteva di comprimere gli spazi.
L'incipit del libro XVI dell'Iliade nel manoscritto Townley
(prima metà XI sec.) conservato alla British Library
Un David Foster Wallace "bizantino" annota La stella di Ratner di Don DeLillo
Da quando sottolineo, segno le pagine e le ripercorro a fine lettura per capire in quali passi mi sono soffermata mi è più facile non solo scrivere una recensione, ma anche dare una lettura personale del testo, cogliere a colpo d'occhio quei brani che magari ho appuntato per pura suggestione estetica ma che, alla fine, formano un insieme che corrisponde ad un mio interesse, ad un'emozione, ad un nocciolo tematico mio e solo mio, che rende la mia lettura diversa da quella di mille altre persone. E sì, lo confesso, a volte intervengo anche a correggere la grammatica e gli errori di stampa.E voi, cari lettori che siete giunti alla fine di questo mio sproloquio, come vi comportate di fronte alla pagina stampata? Sfoderate matite, penne e pennarelli, ripiegate su quaderni di appunti o vi affidate alla sola memoria?Ditemi, insomma: siete più Alessandrini o Bizantini?
C.M.