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Sottolineare i libri: crimine inaudito o segreto per una relazione indissolubile?

Creato il 22 luglio 2015 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Di fronte all'idea di sottolineare i libri o di annotare appunti sui margini i lettori solitamente si dividono in due schieramenti quasi mai disposti a comprendere reciprocamente le motivazioni delle scelte della controparte: da un lato ci sono gli irriducibili della matita, della penna o dell'evidenziatore, dall'altra i cultori della pagina bianca, limpida, in cui è bandito il minimo segno di passaggio umano. Parliamo di libri di piacere e non di studio, perché questi ultimi credo siano arrembati anche dagli studenti più spirituali. In mezzo ci sono i moderati, ma, si sa, quando entrano in gioco le manie da lettori si scatenano vizi e stravizi di ogni sorta e, di conseguenza, vere e proprie battaglie.
Sottolineare i libri: crimine inaudito o segreto per una relazione indissolubile?Possiamo dire, in generale, che i due estremi sono rappresentati dal profilo puro e ordinato degli Alessandrini e dall'opera più fitta e talvolta caotica dei Bizantini. Il riferimento alla storia della filologia non è fuori luogo, come vi apparirà chiaro se avrete la pazienza di seguire il mio excursus.Il libro come lo conosciamo, cioè come prodotto da sfogliare, leggere e commentare e da tramandare per un'utilità di studio o per diletto nacque con l'istituzione delle biblioteche in età ellenistica (III-II sec. a.C.), le più famose delle quali sono quella di Alessandria e quella di Pergamo, per arrivare poi alle biblioteche di età romana, come quelle di Asinio Pollione (la prima biblioteca pubblica a Roma) e di Ottavia. Certo, si scriveva anche in epoca precedente, ma i testi erano riposti in archivi personali o cittadini, come nel caso di Atene, che per prima aveva fatto redigere una versione ufficiale dei poemi omerici. Ad Alessandria, in particolare, gli studiosi dei testi antichi non si limitavano alla lettura, ma copiavano e tramandavano i testi e stilavano commenti e annotazioni. Gli Alessandrini lavoravano meticolosamente sulle opere arcaiche e classiche e si deve a loro, in particolare a Zenodoto e ad Aristarco la creazione dei segni critici, che servirono inizialmente per il commento ad Omero. Sul testo si apponevano dei segni di valore condiviso che venivano poi replicati in un secondo documento riservato ai commenti. I passi notevoli secondo il filologo venivano segnati con una diple ("forcella" >) e avevano la funzione di un discreto segno di attenzione.I filologi bizantini di IX-XI secolo avevano però un modo molto diverso di lavorare: essi annotavano i commenti direttamente accanto al testo, occupandone talvolta ogni spazio libero, dalle interlinee ai margini, con un effetto di horror vacui che sembra voler scoraggiare i filologi che per la prima volta si accostano a questi testi. La pagina tramandata dai filologi bizantini è spesso pienissima di parole e annotazioni che vanno sotto il nome di scolii (σχόλια in greco) fondamentali per ricostruire i commenti e per spiegare alcune oscurità dei testi.  Perché questa diversità di approccio nel commento e nella segnatura del testo? Il motivo è semplice. In epoca ellenistico-romana il Mediterraneo costituiva un sistema di scambi fervido e precisamente organizzato e l'Egitto forniva, oltre al grano, papiro a non finire (anche se gli scrittori di Pergamo avevano inventato un nuovo supporto). Il materiale per la scrittura non mancava e i filologi potevano tranquillamente disporre di rotoli appositi per i loro commenti. Diversamente, in età medievale i flussi commerciali con il basso Mediterraneo diminuirono drasticamente e a Bisanzio si poteva contare solo sulla fornitura di pergamene, molto più costose del papiro, con la necessità di dover fare economia di materiale; per lo stesso motivo molte pergamene venivano raschiate e riscritte (sono i cosiddetti palinsesti), codici di immensa importanza smisero di essere copiati o vennero cancellati per fare spazio ad altri ritenti più utili o di maggiore qualità e la grafia onciale fu sostituita dalla minuscola, che permetteva di comprimere gli spazi.

Sottolineare i libri: crimine inaudito o segreto per una relazione indissolubile?

L'incipit del libro XVI dell'Iliade nel manoscritto Townley
(prima metà XI sec.) conservato alla British Library

Se in passato, dunque, la scelta di annotare a parte o di intervenire sulla pagina originale era dovuta a circostanze economiche, oggi scegliamo di scrivere su taccuini o in margine ai libri a seconda della nostra disposizione individuale, a seconda che desideriamo un piccolo deposito di citazioni, note e riferimenti o che preferiamo l'immediatezza di rileggerli trovare la registrazione delle impressioni direttamente sulla pagina. O, più semplicemente, la dicotomia è fra l'ordine e la perfezione di una pagina intoccabile e l'amore per il libro vissuto e quasi fagocitato. Comunque è una questione di indole. La sottolineatura, le annotazioni, i cerchi e qualsiasi altro segno utilizziamo per impossessarci della pagina hanno più o meno la stessa funzione di una diple o di uno scolio: portano la nostra attenzione su un passo, segnalano la nostra presenza in quella pagina, l'affinità con l'autore, la convinzione che quanto espresso in quelle righe sia un momento ad elevato tasso di comunicazione.Personalmente ho evitato le sottolineature fino a qualche anno fa, quando molti testi che avrei classificato come letture di piacere sono diventati libri di studio e la mia libreria si è trovata divisa fra le letture pre-universitarie, intonse e quasi cellofanate, in cui la minima piega suscitava grida di orrore, e letture in cui è intervenuto un atteggiamento più analitico proprio in seguito ad alcune esperienze di studio. Diciamo che, mentre l'università mi faceva avvicinare alla sacralità del libro e della letteratura, il mio approccio alle pagine diventava più concreto e desideroso di una sorta di simbiosi sancita dalla matita...mai la penna, lì rimango ancora purista, anche se qualcuno potrebbe pensare che un segno cancellabile riveli scarsa determinazione. L'impossibilità di segnare e annotare mi ha reso ancor più indigesto leggere libri presi a prestito. D'altro canto, non sopporto che altri si permettano di mettere le zampe sui miei libri, anche se lo facessero invocando Aristarco in persona; al terzo anno di liceo, mentre ero ancora in fase pre-profanazione, ebbi la sconsiderata idea di prestare La suocera di Terenzio ad una disordinatissima compagna di scuola e ancora mi si sbiancano i capelli al pensiero di quanta gomma ho dovuto usare per ripristinare il ph originario del libretto (che, fra l'altro, era di quella carta granulata e ruvida di BUR, che si graffia solo a guardarla). Quello stesso testo oggi reca i segni della mia analisi e l'orrore non si ripete, perché non è la grafite in sé ad infastidirmi: se interveniamo sottolineando, annotando o in qualsiasi altro modo stabiliamo un rapporto con le parole, fissiamo il posto del nostro spirito entro il pensiero di chi le ha scritte, sia che isolare un passo o una frase corrisponda ad una riflessione che sentiamo nostra o che riteniamo degna di essere ricordata o confutata, sia che agiamo per motivi strettamente estetici, perché quella frase ci piace

Sottolineare i libri: crimine inaudito o segreto per una relazione indissolubile?

Un David Foster Wallace "bizantino" annota La stella di Ratner di Don DeLillo


Da quando sottolineo, segno le pagine e le ripercorro a fine lettura per capire in quali passi mi sono soffermata mi è più facile non solo scrivere una recensione, ma anche dare una lettura personale del testo, cogliere a colpo d'occhio quei brani che magari ho appuntato per pura suggestione estetica ma che, alla fine, formano un insieme che corrisponde ad un mio interesse, ad un'emozione, ad un nocciolo tematico mio e solo mio, che rende la mia lettura diversa da quella di mille altre persone. E sì, lo confesso, a volte intervengo anche a correggere la grammatica e gli errori di stampa.E voi, cari lettori che siete giunti alla fine di questo mio sproloquio, come vi comportate di fronte alla pagina stampata? Sfoderate matite, penne e pennarelli, ripiegate su quaderni di appunti o vi affidate alla sola memoria?Ditemi, insomma: siete più Alessandrini o Bizantini?
C.M.

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