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Source Code

Creato il 12 aprile 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Il capitano Colter (Jake Gyllenhaal), coinvolto nel programma governativo Source Code, rivive gli ultimi otto minuti di vita di Sean, un insegnante presente sul treno esploso per mano di un attentatore. L’obiettivo della missione top secret di cui Colter è l’ignaro protagonista è l’applicazione del sofisticato e sperimentale Source Code per sventare le minacce terroristiche.

Dopo l’indipendente e ‘artigianale’ Moon, esplorazione in chiave fantascientifica della mente umana e delle possibilità esistenziali legate al concetto di duplicazione, Duncan Jones dirige il thriller prodotto da Mark Gordon, esprimendo il concetto possibilista mutuato dalla fisica quantistica con il suo linguaggio asciutto e la sua estetica dell’alterazione. Se in Moon erano il doppio (e la sua reiterazione) e le implicazioni vitali a esso connesse a essere indagati e manipolati, in Source Code è il tempo la coordinata su cui Ben Ripley (sceneggiatore) e Duncan Jones intervengono per aprire inedite prospettive e innescare nuove riflessioni. Sfidando l’idea cardine della scienza sull’immutabilità del passato, in Source Code il piano d’azione volge lo sguardo indietro (ignorando i più consueti salti nel futuro) per tentare l’ingresso in un universo parallelo attraverso l’apertura di un varco temporale impiantato nel già accaduto.

Colter/Gyllenhaal, sospeso in uno stato di non-vita, riesce a ritornare nel passato per un tempo limitato, solo otto minuti, vivendo e rivivendo sempre gli stessi istanti. Eppure, laddove la scienza prevede una semplice presa visione della storia, un pensiero si fa strada nella logica di Colter, ossia la capacità di usare il Source Code come chiave d’accesso di un mondo parallelo. E Jake Gyllenhaal dà corpo e voce alla narrazione da vero navigatore del tempo, non lasciandosi sfuggire neanche per un attimo l’enorme forza visionaria contenuta nelle ristrettezze spazio-temporali in cui deve agire. Sin dall’inizio è chiaro che anche lo spettatore sarà chiamato a raccogliere dettagli e informazioni insieme a Colter e, con lui, sarà obbligato a muoversi secondo la medesima breve sequenza temporale, ambientata nello spazio circoscritto del treno.

Ma, con un regista ingegnoso come Jones, capace di trasformare i limiti (di budget e non solo) in virtù, la raffinatezza scenica e narrativa è assicurata. Infatti, i continui ritorni al passato di Colter, guidati da una donna in uniforme (Vera Farmiga), contengono delle sostanziali variazioni corrispondenti al crescente grado di consapevolezza – e di rischio assunto – nel sostenere la tesi della presenza e, conseguente interferenza, di numerosi universi. Se Jones, già con il suo primo lungometraggio, ci aveva abituati a spazi ben delimitati e a scenografie minimaliste ma non per questo meno caratterizzanti la scena, Gyllenhaal/Darko si dimostra assai avvezzo a questa letteratura cinematografica possibilista ed emerge come un attore perfettamente a suo agio nell’esplorazione delle collisioni tra universi paralleli. E mentre in Donnie Darko, il protagonista, tormentato dai segnali premonitori di un destino nefasto, opta per il sacrificio personale in nome della salvezza degli affetti più cari, cancellando l’Universo Tangente, in Source Code Gyllenhaal porta a termine la sua missione governativa, scegliendo piuttosto di addentrarsi in un mondo che non crede essere una mera e inattaccabile rappresentazione della realtà.

Originale, convincente e avvincente, Source Code condensa azione, suspance, contenuti hi-tech in un ibrido di generi dall’inconfondibile tratto autoriale.

Francesca Vantaggiato


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