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Startup italiane: stiamo investendo nei settori giusti?

Da Eartgaia88 @earthgaia88

startup culturale

Secondo il rapporto “Restart! Italia” istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico, a un anno dalla pubblicazione del Descreto Crescita 2.0 a dicembre 2012 le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese sono 1.478.

Fra queste circa il 39% lavora nel campo dell’ICT, il 18% opera nella ricerca e sviluppo, il 17% nell’industria elettronica… Il dato allarmante è che solo 6 startup delle 1.478 registrate risultano dedicate a cultura e turismo. (infografica della distribuzione delle startup italiane)

Sembra che nel bel Paese, il paese della cultura, del cibo, delle bellezze naturalistiche fare della cultura un business sia quasi impossibile.

Che avesse ragione Tremonti quando dichiarava che “con la cultura non si mangia”?. Eppure secondo il rapporto 2012  della UnionCamere “L’Italia che verrà, industrie culturali, made in Italy e territori” l’industria culturale rappresentava, già allora, parte significativa della produzione di ricchezza e dell’occupazione in Italia: il 4,9% del Pil.

Cosa manca allora per far sì che si diffonda il modello della startup culturale?

Nel rapporto della task force del Ministero le startup culturali ricadono nel calderone delle startup a vocazione sociale, rivolte più alla loro missione sociale che all’obiettivo economico proprio di ogni impresa.

Il problema sta proprio nel fatto che spesso alle startup rivolte a valorizzare il nostro patrimonio culturale si associa un modello di business debole, poco attrattivo per eventuali finanziatori. Da qui nascono le difficoltà ad accedere a risorse finanziarie adeguate e a quantificare ritorni economici sostenibili nel tempo.

Inoltre esiste un gap culturale fra artisti, studiosi e intellettuali e imprenditori che sappiano trasformare le idee in prodotti e servizi, che sappiano affrontare il rischio d’impresa con un approccio più progettuale e pragmatico, così da stimolare eventuali investitori.

Solo costruendo reti e occasioni di networking le pubbliche amministrazioni possono colmare questi gap, spingere alla collaborazione fra imprese e privati, fornire risorse finanziarie e di formazione imprenditoriale.

Startup e cultura dovrebbero diventare un binomio indissolubile nel nostro Paese per puntare sui nostri punti di forza e su quello che nella storia ci ha sempre differenziato dal resto del mondo. Sempre di più tendiamo a seguire il modello americano aspirando a  grandezze informatiche che storicamente non ci appartengono, forse dovremmo invece riappropriarci dei nostri valori e unire nuove competenze a vecchi patrimoni.

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