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>>Stop biocidio in Campania. Cresce la protesta…

Creato il 15 novembre 2013 da Felice Monda

“Per amore della mia terra, non tacerò” sgorgò dall’animo nobile di Don Peppe Diana per divenire emblema del sentire comune di tutti coloro che, in questa terra martoriata – la Campania –, lottano contro il male, da Roberto Saviano, che da anni ci illumina, all’intero popolo, che da anni viene offeso.

Quel popolo, oggi, sta sollevando il coperchio, spingendo dal basso,ma qualcuno – non appartenente al popolo – sta tentando di impedirglielo, spingendo dall’alto, dalle stanze alte, dove abita il potere, dove abitano tutti i responsabili di questo genocidio i quali, in ossequio al loro secolare stile, usano mezzi subdoli per dissimulare la realtà, al fine di distrarre il popolo e condizionarne il pensiero, fino al punto di rivoltarlo contro chi tenta di salvarlo. Novelli “Genoino” pronti a tramare contro i “Masaniello” che potrebbero ridare la libertà – la vita – ai cittadini e sradicare il potere dai palazzi.
È bene, quindi, in questo particolare frangente, osservare con molta attenzione ciò che accade o che potrebbe accadere. I detrattori vogliono ancora vincere, ma questa volta vincerà il popolo.
Il detrattore, o meglio il pensiero detrattore, si può nascondere ovunque – in una frase apparentemente banale, in una diffamazione, in un dato certo che, seppur consacrato dalla scienza, ha il solo scopo di spostare l’asse del discorso, ad esempio fingendo di preoccuparsi dell’aspetto psicologico dei cittadini.

Oggi in Campania si sta morendo a causa dei rifiuti tossici. È questo il primo problema, nessun altro. Attualmente si continua a smaltire illegalmente, o meglio alcune industrie continuano a smaltire illegalmente i loro scarti speciali. Per oltre trent’anni l’hanno fatto, coperte da chi e in nome di cosa? In nome dell’economia del Paese, in nome della produzione, in nome del lavoro, qualche industriale, per lavarsi la coscienza, per dormire di notte, per sentirsi sereno durante le vacanze mentre giocava con i suoi figlioli sulla spiaggia della caletta raggiunta con lo yacht di famiglia, si raccontava che il suo reato era a fin di bene… per l’Italia, per i suoi dipendenti.
Non rimorde la coscienza a tutti coloro che sapevano ed hanno taciuto? Ora, per amore dei vostri simili, e delle generazioni a venire, che avete contribuito a ridurre in fin di vita, non dovete più tacere.
Vorrei dire a tutti quei signori che additano il nostro stile di vita quale causa dei tumori: «Quando acquistavamo abiti, auto, elettrodomestici, mattoni, cibo… questo stile di vita vi faceva comodo? Uno stile di vita di un popolo allegro e «‘e core» ha contribuito a mantenere l’economia, la produzione, la politica, l’imprenditoria in vita, mentre perdeva la sua».

Ed oggi, quei malfattori, vengono ancora tutelati? Non è tollerabile, allo stato dei fatti – mentre in Campania continuiamo ad ammalarci e a morire – che si continui a tutelare quel sistema, nemmeno se lo si fa in buona fede che, per ovvie ragioni (non si può non sapere), diventa cattiva. Qualcuno, però, potrebbe far presente che bisogna concedere il beneficio del dubbio. Chiunque, quindi, voglia approcciarsi a questo gravissimo problema, a questo disastro innaturale, lo faccia con cognizione di causa. Vada a leggersi tutti i libri di Roberto Saviano, studi tutte le inchieste giudiziarie, i processi e le deposizioni, e venga a vedere con i suoi occhi cosa è avvenuto nella “Terra dei fuochi” e nel “Triangolo della morte”. Vada negli ospedali a vedere vecchi, giovani e bambini in bilico tra la vita e la morte, vada a parlare con “le mamme che hanno perso i figli”. Venga, si informi. Se, dopo tutto questo apprendimento, avrà ancora voglia di parlare di economia, di produzione e di stile di vita, allora non avrò dubbi: «Parlava, e parla, in cattiva fede».

La mia speranza è che quei padri malfattori non abbiano già instradato i figli a compiere quegli atti che ci hanno ridotto in tale stato.
In ogni caso, è diritto di tutti i cittadini, non solo campani, conoscere la verità: tutti gli intrecci tra camorra, politica, imprenditoria e cittadini disonesti. Chi lo chiede? Lo chiede la parte sana della società, molta della quale si sta riversando per le strade, in questo momento storico, al fine di rivendicare un diritto sempliceil diritto alla vita.

Stop biocidio” si legge sui tanti striscioni che tappezzano i guard-rail dei ponti che cavalcano l’asse mediano, la strada statale che, sul finire dell’estate 2013, migliaia di persone hanno cominciato a percorrere con più frequenza, rabbia e speranza, per accorrere alle marce per la vita, contro le ecomafie, nelle lande denominate “Terra dei fuochi” e “Triangolo della morte”.
Da una parte migliaia di cittadini in corteo, dall’altra dichiarazioni sconcertanti, come quelle espresse dal Ministro per l’Ambiente Orlando all’indomani della marcia carica di tensione evocativa e di sofferenza a Casal di Principe. In particolare, durante la trasmissione “Ambiente Italia”, il ministro Orlando asserisce che, tra le possibili soluzioni, figurerebbe l’inceneritore, cadendo nello stesso identico errore commesso nel giugno scorso, quando i senatori M5S Andrea Cioffi e Paola Nugnes gli fecero notare che il Parlamento europeo, in merito all’argomento, si era espresso con un tassativo divieto di incenerimento fino al 2020.
Poi, quasi ad intervallare tali parole, altre ne giungono che, seppur di diversa pericolosità, da esse non prendono distanza. Mi riferisco alla dichiarazione più che deprecabile espressa da Mario Adinolfi: «Si sono fatti devastare tacendo dalla camorra che ha interrato per anni rifiuti tossici, ora fanno le manifestazioni. Che popolo di merda».

Ancora, c’è chi elargisce consigli o emette giudizi, come nel caso dell’endocrinologa Annamaria Colao, moglie del presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, la quale, pochi giorni fa, oltre a ripetere pressappoco gli stessi concetti dei ministri Balduzzi e Lorenzin, manifesta la sua contrarietà sul diffuso allarmismo: «Be’, trovo strano che ci si allarmi per una mela che neppure si sa se sia nociva o meno, e invece si continui a fumare e ingrassare».
La Colao, evidentemente, non è stata neanche sfiorata dal dubbio di sbagliarsi. In fondo, se non avesse voluto dare ascolto ai lamenti di una terra – la Campania – o al dolore di chi soffre perché ha perso la vita, avrebbe potuto dare ascolto alle parole del dott. Antonio Marfella, non solo a quelle che da tanti anni esprime sui danni alla salute provocati dai rifiuti (interrati e bruciati), ma soprattutto alle parole espresse in una corposa lettera indirizzata a Paolo Graziano, presidente degli industriali campani, il quale, pochi giorni prima, partoriva questi pensieri: «L’allarmismo danneggia il mercato campano».

Ma, in fondo, l’ottimismo della signora Caldoro nasce dal fatto di non sapere o di non dare peso alle ricerche di personalità scientifiche, tra le quali figura anche il prof. Antonio Giordano, secondo il quale, nei tempi a venire, sei abitanti su dieci della “Terra dei fuochi” saranno colpiti da malattie gravi.
Perché apporre lo stigma dell’allarmismo a un comportamento logico dei cittadini? Dai cortei, dalle case, dagli ospedali, dai cimiteri si leva la medesima voce: «Stiamo morendo, aiutateci».
Qualunque medico che, per credere al legame tumori-rifiuti tossici, avesse bisogno –  come la dott.ssa Colao – di leggerlo su una rivista scientifica, in questo frangente avrebbe due alternative: impegnarsi in prima persona, in quanto medico, a ricercare il nesso oppure stare zitto e attendere che altri lo facciano anche per lui.

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Nell’attesa della prossima marcia, che si terrà a Napoli il 16 novembre, continuano a rincorrersi nella mia mente immagini e parole, alcune bellissime, come gli incontri fatti durante le marce precedenti, l’abbraccio della gente e di coloro che combattono da sempre: il Dott. Marfella, padre Alex Zanotelli, don Maurizio Patriciello; altre terrificanti, come la desecretazione dell’intera deposizione – sessantatre pagine – che Carmine Schiavone, ex boss dei Casalesi, rilasciò nel lontano, lontanissimo 1997, da cui emerge innanzitutto che il popolo campano, ma non solo (in quelle tristi pagine Schiavone racconta gli sfruttamenti delle terre laziali, pugliesi, calabresi e molisane), è stato abbandonato dalle istituzioni, le quali almeno sedici anni fa potevano opporsi a questo sterminio, a questo genocidio. Che oggi si conosca questa verità, seppur solo in parte, lo si deve a coloro i quali ci sono stati più vicino negli ultimi quattro mesi, a partire da quello che fu denominato “Spazza tour”, il viaggio nei territori avvelenati della Campania compiuto da circa settanta parlamentari del Movimento Cinque Stelle.

Proprio in quei giorni due di loro – i senatori Sergio Puglia e Vilma Moronese – presentavano la richiesta della suddetta desecretazione, relativamente alla quale il vice presidente Luigi Di Maio sottopose una proposta (poi non accolta) all’attenzione della presidente della Camera Laura Boldrini e al segretario generale Ugo Zampetti: “[…] La mia proposta, pertanto, anche al fine di dare un segnale di vicinanza del Parlamento a queste popolazioni martoriate, sarebbe quella di svolgere la seduta dell’Ufficio di Presidenza nella quale si dovrà assumere la decisione definitiva circa tale desecretazione in uno dei comuni siti nel territorio della ‘Terra dei fuochi’”. Ma questo non è stato l’ultimo gesto di vicinanza del M5S. Pochi giorni fa ha dimostrato, nella presentazione di una mozione sulla “Terra dei fuochi”, di essere perfettamente in linea con i bisogni e le richieste del popolo, in particolare sottolineando un concetto imprescindibile per la soluzione del problema relativo ai rifiuti tossici, vale a dire un tavolo tecnico permanente, nel quale siano coinvolte le associazione e i comitati di cittadini da anni impegnati nelle lotte a difesa del territorio, personalità del mondo scientifico competenti in materia e rappresentanti di regione ed enti locali.

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Con tali premesse sembrerebbe poter fare un sospiro di sollievo, e invece i fatti ci impongono di non abbassare la guardia, poiché sono sempre in agguato e pronti a colpire quei novelli “Genoino” di cui parlavo sopra. È il caso del giornalista Paolo Liguori il quale, durante la puntata di Mattino5 del 7 novembre scorso, è stato capace di esprimere concetti irrispettosi e offensivi.
Liguori, in più riprese lancia un vero e proprio attacco ai campani, mentre la gente in collegamento da Qualiano, già contrariata per le parole di Stefano Caldoro (anch’egli in collegamento), tentava di ribellarsi. Una giovane donna gli ribadisce: «I cittadini hanno denunciato da anni. Purtroppo, fin quando non ci sono stati i cosiddetti pentiti, non sono stati creduti». Ma Liguori non si arresta neanche di fronte a queste parole. La signora si riferiva alla deposizione che il pentito Carmine Schiavone rilasciò nel 1997 e che solo oggi è stata desecretata. Sul sito della Camera si possono ora leggere quelle sessantatre pagine, di storia patria stravolta per sempre, da cui emerge uno scenario sconvolgente, in cui le responsabilità più gravi ricadono sulla politica, tutta, senza distinzioni di colore, come ribadisce l’ex boss. Ma le parole che lasciano senza fiato e fanno scoppiare la testa sono altre: «Le popolazioni di queste terre, entro vent’anni moriranno tutte di tumore».
Mentre i vari “Liguori” ci attaccano, noi pensiamo a come le istituzioni abbiano potuto tenere nascosta una verità come questa, la cui conoscenza avrebbe salvato tante vite umane.

Proprio questo tipo di reticenze gravi, celate da farisaiche promesse ascoltate per anni, ci legittima a diffidare; al contempo, nel nostro animo rimane sempre la speranza di una vita migliore, quella che rivendichiamo con le marce. La prossima, come dicevo, si terrà a Napoli, il 16 novembre. Si stanno mobilitando in tanti, tra cui gli attori Patrizio Rispo e Miriam Candurro, i quali fanno sentire l’amore per la nostra terra, per la nostra gente, in un breve ma intenso filmato.

fonte: http://www.lundici.it/2013/11/stop-biocidio-in-campania-cresce-la-protesta/


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