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Storia di un minibus che non è partito

Creato il 17 novembre 2014 da Storiediritratti @GianmariaSbetta
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Il profumo di mais alla brace mi circonda mentre cammino verso la stazione dell’autobus. Molti mi fissano, mentre i nostri sguardi si incrociano. Forse per via del mio grosso zaino sulle spalle o forse perché sono l’unico bianco che passeggia in un quartiere nero. Sono a Nelspruit, in Sudafrica e sto per prendere uno dei tanti minibus che mi porteranno verso il Botswana, tra imprevisti, cambi di programma e ritardi. Un giorno intero di viaggio, attraverso le colline fino alla capitale Pretoria, capolinea. Notte fonda, alloggio trovato e si riparte. Al mattino il minibus non parte perché non ha abbastanza passeggeri. Altre ore di attesa, due deviazioni, 8 ore di strada e finalmente il Botswana. Poi ancora notte fonda, alloggio trovato e si riparte. Un altro minibus che non si muove, nessun passeggero e troppe finte promesse che mi spingono a salire su un autobus a caso. È qui che incontro sei ragazzi con lo zaino in spalla, come me, viaggiatori in esplorazione d’Africa.

La gioia è tanta e mi chiedono “Hi! where are you from, man?”

Se non parlassi inglese avrei risposto “Italy, and you?” “Canada” e poi sarei tornato ad osservare il mondo da un finestrino, chiuso nelle mie voglie di esplorare e capire il mondo, a cambiare mezzo di trasporto, a cercare un alloggio e ripartire. Da solo.

Invece la risposta è stata “Italy, and you? Where are you going? Really? Great, I am going there next week”. E poi ancora, scopro che sono diretti in posti che mi piacerebbe visitare, che hanno vissuto esperienze incredibili, che sono curiosi di sapere cosa ci faccio da solo in giro per queste terre ostili. Cambio il mio piano di viaggio e rimango con loro, prima a Maun, poi decido di andare in Namibia, diventiamo un team perfetto. Nascono storie di taxi, autostop, fuochi sotto le migliaia di stelle, corse nel deserto, tende montate e smontate, cibi cucinati in mezzo al nulla. Insieme appunto. Grazie all’inglese. Che ne sarebbe stato di me senza la possibilità di comunicare con loro? Imparare una lingua è l’investimento migliore che si possa fare, per vivere al meglio queste bellissime esperienze. E me ne rendo conto qui, in cima a Table Mountain, a Città del Capo, mentre ci salutiamo con la promessa di vederci ancora. Grazie minibus per non essere partito.

Luca


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