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Storia semplice o storia complicata?

Da Marcofre

storia semplice o storia complicata

Per quale motivo ci si complica la vita? Vale a dire, perché scegliere di raccontare una storia particolarmente complicata, che spinge a leggere libri per avere un po’ di documentazione… Quando le librerie sono piene di storie semplici, lineari, di buona qualità (ma anche di pessima), e che vendono bene?

Sono il signor Wolf, e creo problemi

Non c’è scritto da nessuna parte che si debba per forza pensare a una storia con una dozzina di personaggi, e tutto quello che si portano dietro di case, ambienti, modo di parlare e di vestire, e via discorrendo. Invece si sceglie proprio una storia del genere. Ci si crea dei problemi.
Sì, c’è “Il conte di Montecristo”, e poi i racconti di Raymond Carver. Sono entrambi meravigliosi, necessari. Quello che mi chiedo è perché esiste “Il conte di Montecristo”.
Come dici? Che mi sono già risposto? E che la risposta è che era una storia necessaria? Forse…

C’è davvero bisogno di certe storie?

Il punto è un altro. Come diavolo fai a sapere che qualcosa è necessario?
Orsù, davvero la gente voleva un tomo di oltre 1200 pagine? Niente affatto! La letteratura non è necessaria, lo sono gli antibiotici, i vaccini, l’acqua e l’energia elettrica. Ma, diavolone! Milleduecento pagine e anche più!
Proviamo allora a entrare nella testa di Alexandre Dumas, ma potrebbe anche essere quella di Charles Dickens. Deve scrivere una storia che tenga incollato il lettore per settimane, mesi! Per garantire all’editore un alto profitto. Per questa ragione è indispensabile tenere nella massima considerazione la risposta di questo essere bizzarro: il lettore, e chi altrimenti? Se risponde in maniera positiva all’introduzione di un personaggio… Ottimo! Lo si mantiene, lo si definisce meglio. La sua posizione dentro la storia prenderà maggiore peso.
Non viene accolto bene? Via! Senza rimpianti! Già, noi stiamo lì a pensare, a rimuginare su un paragrafo, un aggettivo, perché ci pare che senza, tutto crolli, muoia, finisca. Invece il buon Dickens: zac! Avanti un altro!
Non c’è bisogno di certe storie, finché non appaiono. Allora diventano indispensabili. Mica cotica!

La realtà è complicata (a volte)

Dickens e Dumas, e non solo loro, sapevano che i lettori non sanno quello che vogliono, ed era compito dello scrittore dir loro di che cosa avevano bisogno. A quel punto la faccenda “Storia Semplice” versus “Storia Complicata”, perde d’importanza. Certo: questi autori scrivevano quei libri zeppi di personaggi, e intrecci, e via discorrendo, perché dovevano tenere incollato il lettore.
Ma non solo.
Sapevano che la realtà è complicata, e che bisogna saperla raccontare. Ed erano anche capaci di scrivere storie semplici, se occorreva.

Il lettore non si riconosce più nel libro


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