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Takashi Murakami in mostra a Milano con “Il ciclo di Arhat”

Creato il 22 agosto 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

È stata inaugurata mercoledì 23 luglio a Milano la mostra “Takashi Murakami. Il ciclo di Arhat”, che vede per la prima volta in Italia le opere più recenti del celebre artista giapponese, presente alla conferenza stampa insieme al curatore Francesco Bonami e alle autorità milanesi.

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L’esposizione, ospitata nella prestigiosa Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, riunisce opere pittoriche e scultoree dell’esponente di punta del Japanese Neo Pop (secondo la definizione del critico Noi Sawaragi), noto per la sua capacità di appropriarsi delle forme espressive della “subcultura” contemporanea nipponica – anime, manga e tokusatsu – come dell’arte e della cultura del periodo Edo (1603-1867). Dopo un dottorato in nihonga (pittura su carta e seta, con uso di pennelli e inchiostri tradizionali) alla Tokyo National University of Fine Arts and Music e un periodo negli Stati Uniti volto ad approfondire i movimenti artistici statunitensi, Murakami (Tokyo, 1962) ha negli anni elaborato un vero e proprio movimento artistico, il Superflat: una rilettura della storia artistica del Giappone segnata – a detta dell’artista – da un’assenza di profondità. Una “superflatness” riscontrabile sia nelle radici storiche dell’arte tradizionale nipponica che negli elementi della cultura bassa contemporanea: figli di una nazione consumista controllata dagli Stati Uniti, cresciuti come otaku e affini alla poetica kawaii (ovvero del carino e “puccioso”), gli artisti superflat vedono come sbocco quasi naturale un’arte debitrice agli oggetti di cultura pop. Le loro opere sono esteticamente giocose e infantili, ma i contenuti spesso inquietano e criticano in maniera acuta la società giapponese contemporanea.

Takashi Murakami in mostra a Milano con Il ciclo di Arhat”   Takashi Murakami
Takashi Murakami in mostra a Milano con Il ciclo di Arhat”   Takashi Murakami
Le opere esposte a Milano (di grande formato come spesso nell’arte di Murakami) sono una selezione delle più recenti realizzazioni dell’artista, in cui pare abbia intrapreso un nuovo percorso che fa seguito ai tragici avvenimenti del 2011. Finita la fase di adolescenza che il Paese asiatico attraversava, si è entrati con il terremoto e il conseguente tsunami di tre anni fa in una maturità che il curatore della mostra Francesco Bonami definisce “superdeep”.
Per affrontare questo tema la scelta del soggetto vira alla spiritualità e ricade sugli arhat, monaci al servizio del Buddha, che grazie al suo insegnamento hanno raggiunto il nirvana, a cui anticamente il Giappone si affidava per guarire dalle malattie: l’intento simbolico è dunque quello di alleviare i cuori dei giapponesi, provati da eventi il cui impatto è stato secondo solo alla deflagrazione delle due bombe atomiche nel 1945.
Lo stile di Murakami trasfigura questi “santi” rendendoli simili a mostri usciti da un manga fantasy, grazie anche alla consueta tavolozza dai colori accesi. A corollario delle tre grandi opere diversi autoritratti dell’artista, a simboleggiare l’importanza – di fronte all’inevitabilità della morte – di lasciare delle tracce di sé.

A completare l’inaugurazione, mercoledì e giovedì si sono tenute due proiezioni di Jellyfish Eyes, primo lungometraggio ideato, scritto e diretto dall’artista stesso. Il film in live-action – che nelle intenzioni del regista è solo il primo di una vera e propria serie – è ambientato in un paesino dove il piccolo Masashi, appena trasferitosi, scopre l’esistenza dei F.R.I.E.N.D.s, strane creature che i bambini del luogo riescono ad accudire attraverso un telecomando.
Questo spunto non proprio originale viene innestato da Murakami su un’ambientazione post-tsunami 2011 e post-Fukushima, rappresentando una società con alle spalle i traumi di un recente disastro naturale e che guarda con sospetto il vicino laboratorio scientifico. La soluzione alla minaccia che incombe è per Murakami l’unione delle giovani generazioni – i bambini – per spingerli a credere in sé stessi e nel loro futuro. Il tutto viene reso attraverso una miscela di generi e riferimenti provenienti dalla più vasta produzione audiovisiva nipponica: fantascienza, kaiju-eiga (i film sui mostri giganti stile Godzilla), mostriciattoli kawaii alla Digimon, romanzo di formazione, commedia, unendo la ripresa dal vero all’uso della computer graphic per la resa dell’universo dei mostriciattoli.
Come l’intera opera di Murakami, anche questo film ha più livelli di lettura, oltre a creare un interessante pastiche di rimandi a un immaginario pop dagli anime ai dorama (i telefilm giapponesi) che lo rende volutamente kitsch, ma comunque affascinante.

Takashi Murakami. Il ciclo di Arhat
A cura di Francesco Bonami
Palazzo Reale di Milano, 24 luglio – 7 settembre 2014
Orari: lunedì 14:30 – 19:30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9:30 – 19:30
Giovedì e sabato 9:30 – 22:30
Biglietti intero 5 euro, ridotto 3 euro


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