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Tecnopoesie

Creato il 09 luglio 2011 da Editoredimestesso

Tecnopoesie  di Federico Monaco

TecnopoesieViviamo in un’era di profondi cambiamenti.

Non è un luogo comune e certamente può non apparire il miglior attacco per parlare di poesia, ma lo è per parlare del mondo, mondo dove anche la poesia ha voce e corpo. Partiamo da lontano: dal quotidiano, dalla sfera economica, dalle relazioni sociali e da ciò da cui non possiamo prescindere, cioé noi stessi.

Le categorie di nazione, lavoro, identità e relazione sono forse cambiate più negli ultimi vent’anni che nei due secoli precedenti.

Se la nazione era l’ottima espressione dello sviluppo politico di un popolo su di un territorio, oggi gli Stati faticano a sostenere e rappresentare da una parte il cittadino e dall’altra il senso della comunità.

Il lavoro da attività produttiva ed economica per eccellenza si è sfrangiato in un caleidoscopio eterogeneo di postazioni personali di scambio tempo/denaro.

L’identità sta subendo una trasformazione insperata grazie a diverse emergenze, diversi modelli, diverse espressioni della stessa in una società che si nutre di novità, di frangibilità di tabù e clausole tanto logiche quanto culturali.

Anche le relazioni sono passate dall’essere punti di riferimento dell’individuo a merce di consumo misurata quantitativamente dove amore, amicizia, parentela hanno a volte meno significato della fascia oraria in cui potersi incontrare, o compatibilità con il proprio piano tariffario telefonico.

Tali cambiamenti trasformano le donne e gli uomini, ma anche le loro espressioni e modalità delle stesse nel rapporto con la materia e l’energia con cui quotidianamente facciamo i conti qualsiasi cosa vogliamo o pensiamo di fare. Rispetto al passato, al Rinascimento ad esempio, l’arte vive come realizzazione del suo essere espressione umana, dove invece la tecnologia ne è diventata quella sociale e logica.

Tali forme espressive non sembrano essere in contrapposizione, anzi.

Oggi gli imperativi relativi alla capacità di successo e di riconoscimento derivano dalla formula creatività + high tech, sia che si tratti di uno smart phone che di un padiglione della Biennale.

Innovazione e creatività. Credo che questi due concetti incrociati siano sufficienti per spiegare ed interpretare qualsiasi cosa nel nostro tempo e luogo, quasi fossero nelle nostre mani una bacchetta da rabdomante.

A questo punto la constatazione che viene da fare è che sia comunque difficile distinguere la natura artistica da quella tecnologica, ovvero di ciò che facciamo come realizzazione espressiva da ciò che intuitivamente immaginiamo e classifichiamo come nuovo.

Grazie della pazienza; arriviamo finalmente al caso della scrittura creativa.

Comunque dopo l’avvento del Personal Computer il mondo dell’editoria e della scrittura non ha finito di ridefinirsi e di rimodellarsi. Questo blog ne è un esempio nella sua forza esplorativa di nuove ed innovative forme editoriali, ma anche nel suo rendere possibili nuovi contenuti e nuovi poeti.

Non si tratta solo di cambiare la penna per la tastiera, ma l’ispirazione per l’esplorazione. Lo scrittore di oggi – come d’altronde il lettore – è un esploratore, un raccoglitore di parole, neologismi, modi di dire, che a volte non fanno in tempo a comparire sui dizionari, o essere vagliate dall’Accademia della Crusca, ma contano altissime frequenze nei motori di ricerca.

Non è più il tempo del pensare, ma dell’agire e del manipolare, del giocare nell’ottica dell’Homo ludens di Johan Huizinga.

Veniamo al titolo del post.

Tecnopoesie è evidentemente una parola, una semi-crasi, che riporta a tecnologia e poesia.

Secondo me tra tecnologia e poesia non vi è indifferenza, o competizione come tra il giorno e la notte. In un’era di metafore dove il messaggio ed il medium sono identificabili tra loro, nella e con la rete, poesia e tecnologia dilagano, dialogano e si conoscono. Poesia e tecnologia si ri-conoscono nel loro essere punti d’accesso del mondo. Mondo esplorabile e penetrabile; mondo che oggi tecnologia e poesia formano. Lo in-formano e lo decorano, lo bardano e lo rendono sacro e puro in occasione delle cerimonie e riti del corpo sociale e umano, pensiamo all’identità. Oggi entrambi rivelano e danno voce all’Essere direbbe il filosofo Martin Heidegger.

La tecnologia fonda il rapporto tra soggetto ed oggetto nel mondo moderno, la utilizziamo per avere certezze. La poesia, invece, avrebbe il compito assoluto di generare il nuovo, di ascoltare la realizzazione del possibile dell’Essere nel mondo, che ci permette quindi di abitarlo e di viverlo non solo come luogo, ma come nostro linguaggio, oggi unico possibile nel mondo globalizzato.



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