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La trama (con parole mie): ogni anno gli appassionati di birdwatching degli States si concentrano su quella che è la loro più importante sfida e competizione, la Grande Annata.Basandosi sulla fiducia e sulla parola senza una documentazione obbligatoria gli osservatori, viaggiando da una parte all'altra degli Usa, collezionano avvistamenti delle più disparate specie di pennuti segnalandole agli organi ufficiali in modo che possa essere così redatta una classifica finale.Il vincitore della gara sarà l'osservatore con il numero più elevato di avvistamenti contati.Kenny Bostick, ossessionato e decisamente borioso detentore del record - con più di settecento specie in lista -, decide di ritentare l'impresa compiuta qualche anno prima ovviamente senza dichiarare il suo interesse nella competizione.Stu Preissler, capitano d'industria fresco di pensione, si imbarca nella Grande Annata ed in quello che, di fatto, è il sogno della sua vita da tanto, troppo tempo, cercando di lasciarsi alle spalle il lavoro.Brad Harris, che del birdwatching ha fatto una passione nonostante il lavoro full time ed un rapporto non semplice con il padre, investirà risparmi ed energie cercando di battere il record apparentemente inarrivabile di Bostick.Al termine della competizione tutti e tre avranno guadagnato o perso qualcosa.
Da tempo, ormai, si combatte contro i mulini a vento di una distribuzione italiana completamente scriteriata nell'assegnare titoli in grado di fuorviare il pubblico minando la credibilità di film che potrebbero, al contrario, risultare interessanti: Un anno da leoni è soltanto l'ultima di una lunga serie di vittime che, a causa dei suddetti adattamenti, hanno rischiato di passare completamente inosservate in casa Ford, un pò come capitò con Se mi lasci ti cancello, Quando l'amore brucia l'anima o Strafumati - per citare solo alcuni esempi a dir poco eclatanti -.Fortunatamente per il sottoscritto, la consueta rubrica sulle uscite settimanali che condivido con quello scellerato del mio antagonista Cannibaleha portato alla visione del trailer di The big year, con conseguente curiosità rispetto a ciò che un regista avrebbe potuto tirare fuori da quello che è notoriamente uno degli argomenti più noiosi del mondo per i non appassionati: il birdwatching.E qui, dopo l'agghiacciante titolo italiano, c'è stata la seconda sorpresa: perchè nonostante la presenza di Jack Black, Steve Martin e Owen Wilson e l'aria da commedia leggera, il lavoro di David Frankel - che firmò Il diavolo veste Prada ed il sottovalutato e da me decisamente gradito Io e Marley - ha più lo spirito della malinconia agrodolce tipico del Sundance, e gioca le sue carte migliori raccontando, di fatto, la storia di tre passioni - e tre solitudini - profondamente diverse tra loro ma che hanno nel birdwatching lo stesso canale di sfogo.Interessante, in questo senso, il piglio di regista e sceneggiatori rispetto ai protagonisti, descritti con grande equilibrio e mostrati nei loro lati migliori e peggiori con un'affezione insolita, quasi più simile a quella di un romanzo che non al classico lungometraggio senza impegno che si pensa di incontrare nove volte su dieci in sala in questo periodo dell'anno.Ma oltre alla cura sentimentale dei protagonisti, Frankel e i suoi confezionano un'opera decisamente più che discreta anche rispetto alle ambientazioni - varie e ben fotografate, ottime le sequenze in Alaska - senza mai risultare spocchiosi - del resto, le premesse potevano esserci senza neppure troppa fatica - o tremendamente noiosi - il birdwatching, almeno sulla carta, non pare essere qualcosa in grado di tenere inchiodati alla poltrona per la tensione, per intenderci -: al contrario, invece, The big year riesce a mostrare il lato passionale e decisamente "adrenalinico" di questo curioso passatempo mostrandone anche l'aspetto più antico ed "onorato" - clamoroso, in un'epoca segnata da illeciti sportivi di tutti i generi, che possa esistere una competizione basata tutta sulla parola data, senza obbligo di prove certe degli avvistamenti -, fungendo al contempo da terreno di crescita per i suoi tre curiosi paladini.Così, mentre Bostick conserverà l'enigmatico approccio in bilico tra l'egoista approfittatore e borioso e l'appasionato all'ultimo stadio disposto a sacrificare tutto - ma proprio tutto - per raggiungere la meta, Preissler sarà in grado di riscoprire la gioia di una vita che gli ha dato ogni cosa - fortuna negli affari, ricchezza, una famiglia numerosa - ma solo in cambio del sacrificio di ogni briciolo del tempo da dedicare ai propri reali interessi, mentre Harris vivrà un nuovo e decisivo confronto con il padre - perfetto il momento nella foresta che vede per la prima volta il genitore prendere coscienza della passione e del talento del figlio - riscoprendosi vincente nonostante premesse assolutamente opposte - trentasei anni, divorziato, tornato sotto il tetto di mamma e papà, legato ad un lavoro che non sarà mai quello della vita -.Tre realtà differenti per tre crescite differenti eppure ugualmente intense e funzionali, pronte a giocarsi le preferenze del pubblico e la vittoria finale con la consapevolezza di chi, in cuor suo, già sa che potrebbe esserci qualcosa di molto, molto più grande in palio, che non il titolo di miglior birdwatcher degli Usa.Una quasi fiaba sentimentale ed intelligente, un film onesto e semplice di quelli che si torna sempre volentieri a vedere, un pò come fossero dei vecchi amici, forse troppo lineare per i palati più fini dei circoli radical chic eppure assolutamente efficace e ben più profondo di quanto non si sarebbe portati a credere.Un film per sognatori, di quelli che da bambini sperano, in cuor loro, di trovare un bel paio d'ali grazie alle quali prendere il volo e sentirsi liberi.Ma anche per tornare a casa e riscoprire il piacere di essere se stessi.
MrFord
"Like a bird on the wire,
like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free.
Like a worm on a hook,
like a knight from some old fashioned book
I have saved all my ribbons for thee."Leonard Cohen - "Bird on a wire" -
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