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The fall

Creato il 01 ottobre 2015 da Jeanjacques
The fall
E' risaputo che nella scelta di visione dei film mi faccio condizionare molto dai nomi di chi l'ha diretto e, alle volte, scritto. Perché credo che sia proprio in quei due ruoli che stia l'anima pulsante di una pellicola. Un bravo sceneggiatore ti dà una bella storia, ma è un regista coi contrococomeri che riesce a farla risaltare come merita. Gli esempi che uso sempre sono Drive e Pacific rim, il primo un film che ha una trama non molto diversa da un Fast and furious qualsiasi e il secondo un Transformers fatto però in una maniera competente e che quindi riesce a divertire. Il succo non cambia con gli esempi citati, però è proprio la maniera in cui vengono raccontati che li rende dei film assolutamente imperdibili. Poi ovvio che anche la più bella delle regie non salva film concettualmente sbagliati (per dire, ho bocciato Stoker che visivamente è la cosa più bella vista negli ultimi anni), però per me riesce a salvare in extremis anche un pastrocchio come Spider-man 3, perché in questo caso, a differenza di quasi tutti i cinefumetti moderni, si vede che l'omino dietro alla macchina da presa aveva voglia di fare del vero cinema ed ha provato a fare il meglio che poteva col poco che gli era stato concesso. Che motivi avevo per vedere questo film, allora? Nessuno. Perché David Fincher e Spike Jonze, i due registi che lo presentano, li rispetto molto ma non stravedo per loro. E su Tarsem Singh... beh,su di lui ci sarebbe un discorso lungo da fare.

Nella Los Angeles del 1915, in un ospizio, hanno modo di incontrarsi Roy, uno stuntman rimasto paralizzato alle gambe, e Alessandra, una bambina rumena con un braccio rotto. Roy inizierà a raccontarle una bellissima storia epica che...

Tarsem Singh è un regista davvero strano. Sicuramente bravissimo, con una voglia di fare cinema alla propria maniera e con degli stilemi decisamente non ortodossi, ma mi sembra sempre combattuto su questa questione, e la sua produzione lo dimostra appieno. Perché dopo vari videoclip, fra cui quello di Loosing my religion, esordisce sul grande schermo con lo strambo The cell, poi ha continuato con Immortals (per certi la versione brutta di 300 - e per altri ancora la versione ancora più brutta) e alla fine sembra avwer dato addio per sempre al suo particolarissimo stile per diventare un mestierante come tanti con Biancaneve e Self/less. Insomma, uno con una produzione non vastissima ma, per quella che è la sua prima metà, perfettamente riconoscibile, anche se io penso che il suo vero film, quello che ha voluto fare veramente, sia proprio questo. Che ironicamente è un remake della pellicola bulgara Yo oh oh di Valeri Pterov, ma poco importa. Importa poco perché lo stile assurdo e barocco del quale aveva dato una piccola anteprima col film che era una scusa per mostrare le chiappe della Lopez alla fine c'è tutto, ma cosa più importante, c'è nella giusta misura ed è asservito a un senso del racconto preciso e compatto. Si inizia con dei titoli di testa in bianco e nero, bellissimi e fotografati in maniera superba, poi si prosegue con luoghi maestosi, con un ritocco digitale minimo, e si continua ancora con dei cambi scena che fanno capire che quello che sta dietro la macchina da presa è uno con le palle quadrate. E che la vita sa essere davvero bastarda se uno così ha dovuto ridurre in quella maniera la propria carriera, ma questo è un altro discorso. Dicevamo, The fall altro non è che un film sulle storie e sulla voglia di raccontarle e, di conseguenza, sul cinema stesso, in quanto suo riflesso mediatico. In mezzo c'è tutto: l'amore, onnipresente in ogni singola inquadratura (non solo perché c'è nelle due duplici storie, ma perché io ho sentito tutto l'amore che il regista ha messo in questo lavoro), la crescita, la coscienza dei propri limiti e del proprio tempo, l'accettazione della realtà e, soprattutto, le storie. Che non fanno parte solo di quelle che si raccontano, ma anche del cinema e della vita stessa. Perché in mezzo alla grande storia che Roy racconta, ce ne sono molte altre. C'è quella di Alessandra che si è rotta un braccio e di come è arrivata in quel posto, c'è quella della disavventura che Roy ha subito per quella che era un'esibizione d'amore, e c'è anche la donna che Roy ha amato e del suo destino. E ci sarà anche la storia mancate di quel magnifico finale che Alessandra, con la sua ingenuità, porterà avanti. Le storie sono onnipresenti perché, volenti o nolenti, anche la vita lo è. E anche il cinema (come tutte le altre forme artistiche, quando sono fatte col cuore) è vita. Io ci ho visto questo nella pellicola, oltre alla meraviglia per le varie sequenze visive da cui mi lascio spesso abbindolare, ma credo che sia questo il vero senso della pellicola. Singh ha voluto fare il suo personale omaggio all'arte che tanto ama e alla quale si è dedicato, riuscendoci benissimo e attraverso il suo stile non convenzionale che qui, alla sua seconda fatica, ha potuto sfruttare appieno - anche se, come spesso accade alle cose davvero belle, non è stato capito ed ha avuto degli incassi davvero esigui, tanto che da noi credo sia passato o in sordina o direttamente in dvd. E con questo omaggio ha dimostrato il regista che avrebbe potuto essere ma che la vita gli ha impedito di diventare, costringendolo in produzioni non all'altezza che o hanno mandato in vacca tutto il bene che ha fatto o ne hanno castrato la potenza visiva e la voglia di osare. Anche questa è una storia, come molte di quelle raccontate in The fall, e purtroppo non è una storia lieta, ma aiuta a capire un poco come va il mondo.

Il tanto vituperato internet diventa quindi necessario per riscoprire dei gioielli come questi, purtroppo passati inosservati ma degni di più d'una visione.Voto: 

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