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The hateful eight

Creato il 09 febbraio 2016 da Kelvin
THE HATEFUL EIGHT(id.)
di Quentin Tarantino (Usa, 2015)
con Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, Walton Goggins, Demian Bichir, James Parks, Channing Tatum
durata: 167 minuti (186 nella versione in 70mm su pellicola)

A Quentin Tarantino ormai è permesso di tutto: è (meritatamente?) un regista "cult", adorato da legioni di ammiratori e idolatrato dai ragazzi, che quando esce un suo film rinunciano perfino allo streaming pirata e pagano il biglietto per il cinema... Tarantino è una gallina dalle uova d'oro per il "sistema", e il "sistema" pensa bene di assecondarlo nelle sue follie, come quella di spendere 60 milioni di dollari per girare un film ambientato quasi completamente all'interno di una baracca (con tanto di versione "alternativa" in 70mm su pellicola!). Questo per dire che è difficile recensire un film di Tarantino senza considerarne l'aspetto "divistico", perchè ormai la stranezza e la megalomania del personaggio sono diventate parti essenziali del suo cinema, nel bene e (come in questo caso, a mio personalissimo parere) nel male. Ma ci proverò.
THE HATEFUL EIGHTThe Hateful Eight è il secondo western consecutivo del regista di Knoxville: segue di tre anni il magnifico Django Unchained, che mi aveva (quasi) fatto gridare al miracolo per la sua maturità, la sua epicità nell'omaggiare il genere e, non certo per ultima, la sua riflessione politica tutt'altro che banale sulla storia americana, vale a dire su un paese nato e cresciuto nel segno della violenza e del razzismo, le cui origini sono decisamente molto meno nobili di come ce le immaginiamo (e di come gli americani stessi ci vogliono far apparire). Qualcosa del genere c'è anche in The Hateful Eight, e bisogna riconoscere a Tarantino il merito di insistere molto sulla questione razziale, stigmatizzandone  i contenuti e prendendone le distanze con assoluta ironia (in Django c'era una scena celebre in cui veniva deriso il Ku Klux Klan, qui c'è la bellissima invenzione della falsa lettera di Abramo Lincoln, che il ne(g)ro "libero" Samuel L. Jackson porta sempre con sè nel taschino), ma è davvero l'unico barlume di spessore e autenticità in un film stanco e fin troppo prevedibile sin dalle prime battute.
THE HATEFUL EIGHTLa trama di The Hateful Eight è semplicissima, perfino banale nello sviluppo: siamo ancora "da qualche parte nel western", esattamente nei paesaggi desolati del Wyoming, appena dopo la fine della Guerra di Secessione. Otto loschi personaggi (un cacciatore di taglie, uno sceriffo, un boia, un ex generale sudista, un negro scampato alla guerra, un cocchiere di diligenza, un barman messicano, un cowboy solitario) più una prigioniera in attesa di processo, si ritrovano costretti a condividere forzatamente lo stesso tetto (un'osteria fatiscente) per ripararsi da un'imminente tempesta di neve. Ognuno di loro ha dei motivi più o meno validi per odiare tutti gli altri, si attende solo la miccia che farà scatenare l'inferno... e per chi conosce appena un po' Tarantino non sarà difficile immaginare come andrà a finire. Certo, una trama ovvia molte volte non significa necessariamente un brutto film, in quanto sono gli attori, il contesto e la confezione a contare, ma la sensazione è che stavolta il buon Quentin si sia lasciato andare a un "compitino" facile facile, un giocattolone compiaciuto e abbastanza fine a se stesso...
THE HATEFUL EIGHTTarantino è il regista più "citazionista" della storia del cinema, ma questa volta (per necessità, scarse idee o ego smisurato) arriva addirittura ad auto-citarsi: The Hateful Eight infatti non  è altro che il remake in salsa western de Le Iene, se possibile ancora più efferato e truculento. Ma se un quarto di secolo fa questo approccio così irriverente al genere poteva sembrare "alternativo" e dissacrante (e lo era), oggi sembra davvero perdersi nel manierismo più spicciolo riducendosi a un mero esercizio di stile, per alcuni magari ancora godibile ma decisamente scontato. Anche se, a dire il vero, la prima parte del film è molto bella e ci si diverte parecchio assistendo alla "presentazione" semiseria dei vari personaggi, con gli ormai famosissimi e interminabili dialoghi che sono da sempre il marchio di fabbrica del regista. Peccato però che man mano si procede verso l'epilogo la pellicola si trasforma in un autentico mattatoio dove tutti si ammazzano a vicenda, con il consueto campionario di violenza gratuita e in quantità industriale, che in molti ancora si ostinano nel definire innocua...
Ed eccoci dunque alla "solita" considerazione sulla proverbiale violenza tarantiniana. Chi mi conosce, sa che non cambio idea: trovo che l'uso eccessivo e smodato di immagini splatter e grandguignolesche sia profondamente sbagliato, perchè ritengo che scherzare sulla violenza sia come gettare benzina sul fuoco in un mondo che è già abbastanza violento di suo. Il che, come ripeto sempre, non significa che io sia contrario alla violenza al cinema (anche perchè altrimenti 3/4 dei film che escono non vedrebbero la luce), solo che a un uso copioso della stessa dovrebbe corrispondere, a mio modo di vedere, un adeguato contrappeso fatto di scene in cui si mostrano, una per una, le conseguenze di quest'ultima. Altrimenti si rischia di gettare in pasto al pubblico, come in questo caso, un vero e proprio videogame dove il valore della vita umana viene ridotto alla stregua degli ettolitri di salsa di pomodoro utilizzata.
THE HATEFUL EIGHTMa altrimenti così non sarebbe un film di Tarantino, ribattono immediatamente i fan! Vero, però (forse) sarebbe un bel film...  Aldilà di questa mia personalissima opinione, comunque, i difetti oggettivi dell'opera restano: trama banale, sviluppo scontato, nessun approfondimento della materia, un mero auto-citazionismo senza costrutto. Si salvano le belle interpretazioni degli attori (bravissima Jennifer Jason Leigh), le azzeccate musiche di Morricone e l'ottima scelta delle canzoni. Ma oltre la confezione, stavolta, c'è davvero poco di più...

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