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The Rake's Progress di Igor Stavinsky (dir. Esa-Pekka Salonen). Dreams may lay, but dream

Creato il 25 giugno 2013 da Spaceoddity
The Rake's Progress di Igor Stavinsky (dir. Esa-Pekka Salonen). Dreams may lay, but dreamIl libertino di Igor Stravinsky è un debole: non ha l'arroganza smaniosa di don Giovanni, né la seduttività esuberante di un Casanova. Tom Rakewell è un povero idiota senza arte né parte, è un bonaccione ingenuo, è uno smidollato. Canta My life lies before me, / The world is so wide, ma proprio nel correre verso il suo futuro (che sembra mentirgli nel suo stesso gioco di parole) precipita nell'incontro con la sua rovina: e per lui, affascinato dal sole della primavera e di Venere, la rovina assume le vesti di un'ombra. Il suo aguzzino si chiama Nick Shadow e non ha nulla di raccomandabile già nell'aspetto, ma Tom è troppo sempliciotto per porsi problemi di questo tipo. A lui si addice bene la storiella cantilenante di un'inattesa eredità da parte di uno zio dimenticato (Fair lady, gracious gentlemen) e l'invito a godersi la vita: o, se la vita non va, almeno i sogni (Dreams may lie, but dream.)
The Rake's Progress (1951) ha, nel libretto meraviglioso, straordinariamente denso, di Chester Kallman e W.H. Auden la sua formula lirica perfetta che sfuma non di rado in un vero e proprio discorso su Londra. Londra città lontana, Londra città del desiderio, city contrapposta a country, luogo di meraviglie e di perdizione. Londra, città dalla quale non arrivano lettere alla tenera, innamoratissima Anne; Londra, viluppo di desideri governati dal lupanare di Madre Oca e imbrigliati nelle forme inverosimili di Baba la Turca, la donna barbuta. Storia teatralissima, storia barocca, fatta di sorprese e di vocalizzi, The Rake's Progress gode forse anche più di tante altre dei vantaggi del cinema. Il film di Inger Åby ne è la prova: la sceneggiatura procede con una semplicità un po' didascalica, calligrafica, direi, ma caratterizza i suoi personaggi bene e con l'ironia di leggeri slittamenti. Il décor è fatto di interni e, anche quando ci troviamo fuori da ambienti chiusi, la folla e gli spazi sono sempre raccolti a focalizzare i personaggi. Non c'è nessun interesse a definire oggetti e sfondi, vi si allude, lasciando agli interpreti lo sviluppo dell'azione, fin quasi ad "abbreviare" i fondali in brevi distese monocromatiche appena arredate in forma simbolica o strumentale per la vita dei protagonisti.
Il Tom Rakewell di Greg Fedderly, per esempio, è belloccio e piuttosto svampito, ma canta con un timbro profondo e con voce asciutta, senza indulgere in eccessive coloriture: ha un timbro che non amo, ma arriva al cuore del personaggio e a me sta benissimo. L'Anna di Barbara Heindricks, sul piano della recitazione, è un po' monocorde, la cantante (dell'Arkansas) sta lì per cantare, appunto, ma lo fa alla perfezione e segue in modo meticoloso il suo binario; del resto, il suo personaggio porta il nome che Mozart, nel suo Don Giovanni, ha legato alla vena elegiaca, almeno se la si confronta con il nervo tragico di donna Elvira. Perfetto fino alla parodia il Nick Shadow di Håkan Hagegård: a lui si richiede carattere, temperamento, e penso che ci stia bene anche la sua totale assenza di seduzione: in fin dei conti, Nick è uno schiavo del male come chiunque altro, provoca, ma non rappresenta lo smarrimento spirituale e della volontà. Il personaggio di Baba trova nel controtenore Brian Asawa un interprete sicuro e consolidatissimo sul piano vocale, anche se un po' stereotipo nella sua espressione fissa e i suoi occhi sempre sgranati.
The Rake's Progress di Igor Stavinsky (dir. Esa-Pekka Salonen). Dreams may lay, but dreamIl The Rake's Progress funziona, dunque, altrettanto bene nello sviluppo lineare del teatro (e lo spettacolo di Immendorf con la direzione di Chamberling ne è la prova) quanto in quello complesso e "multiset" del cinema, ma richiede una regia orchestrale di primo piano. Deve prevalere il carattere di ogni scena, il disegno della parte nella sua struttura quasi a "numero chiuso" dell'opera protoottocentesca (uno sguardo alla partitura porta ad apprezzare il lessico tradizionale - o piuttosto "neoclassico" - di Stravinsky a proposito delle forme musicali). Il finlandese Esa-Pekka Salonen, direttore versatilissimo e particolarmente a suo agio con il repertorio novecentesco, riesce a tener salda l'esecuzione con maestria e garbo, soprattutto con un equilibrio ammirevole tra le parti. Il suono, forse, non ha la brillantezza che affascina in Stravinsky, ma The Rake's Progress appare in questo dvd della NVC ARTS per quello che è: uno dei capolavori più rappresentativi del Novecento operistico.

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