Prosegue senza sosta la striscia di titoli nazionali conquistati da Elisabetta Mijno, vincitrice domenica scorsa dei campionati italiani indoor di para-archery e assoluta dominatrice della sua specialità da parecchie stagioni. A Zola Predosa (Bologna), la 28enne di Moncalieri ha disputato la prima gara del suo 2014, un anno che si preannuncia davvero impegnativo dal punto di vista sportivo e non solo: “tra qualche mese prenderò la laurea in medicina” spiega, “così negli ultimi mesi ho dovuto ridurre l’attività agonistica, allenandomi con intensità solo nei periodi vicini alle competizioni importanti”.
A proposito di queste, da segnare sul calendario il primo week end di febbraio, in cui Elisabetta gareggerà con i normodotati ai nazionali indoor di Rimini, il 7 e l’8 giugno, data degli Italiani di para-archery, e la settimana a cavallo tra luglio e agosto, in cui si svolgeranno gli Europei di Nottwil (Svizzera), prima prova internazionale valida per la qualificazione alle Paralimpiadi di Rio del 2016. Tornando all’ultima gara, l’argento di Londra commenta così: “vincere fa sempre piacere ma non posso ritenermi del tutto soddisfatta per il punteggio. Purtroppo nei giorni precedenti ho accusato dolori alla schiena e non sono riuscita ad allenarmi come avrei voluto”.
Nonostante i problemi fisici e il periodo dedicato in gran parte allo studio, l’arciera delle Fiamme Azzurre partiva come favorita, un ruolo scomodo ma ormai abituale: “nei primi anni affrontavo le competizioni con più tranquillità, ultimamente sento più tensione” racconta, “la mia non è paura di perdere ma di perdere tirando male”. Per questo motivo la medaglia olimpica del 2012 è sicuramente un argento conquistato, piuttosto che un oro mancato: “Zahra Nemati, l’iraniana che mi ha battuto in finale, ha meritato di vincere perché da molto tempo è la numero 1 del mondo” ammette Elisabetta con grande sportività, “quella di Londra è stata un’esperienza decisamente positiva e la porto dentro di me con orgoglio. Le immagini della gara sono un po’ annebbiate per l’adrenalina del momento, ma ricordo nitidamente tutti i mesi di preparazione”.
Quelli di un anno e mezzo fa non furono i primi Giochi per l’azzurra, che quattro anni prima aveva già respirato l’atmosfera dei cinque cerchi: “andai a Pechino quasi certa che non avrei potuto competere per il podio; e forse mi divertii di più, gareggiai più leggera e seguii meglio le gare dei miei compagni di squadra. Ho molti più ricordi rispetto a Londra, in cui nutrivo aspettative di risultato e trascorsi alcuni giorni di assoluta concentrazione”.
La componente principale di questa disciplina, che secondo Elisabetta nasce da due fattori: esperienza ed equilibrio tra agitazione e tranquillità: “il lavoro mentale con lo psicologo è fondamentale; quando si è troppo rilassati o troppo agitati si perde concentrazione, il segreto sta nel trovare la giusta via di mezzo. Qualcuno ci riesce leggendo, altri ascoltando musica; io visualizzo nella mia mente tutte le fasi della gara, dal contesto al gesto tecnico, dalla traiettoria della freccia fino al bersaglio. Per una prova importante inizio a immaginare tutto questo anche molti giorni prima. Naturalmente aver vissuto certe situazioni aiuta a gestire la tensione; è un processo che richiede anni e credo di dover ancora raggiungere la piena maturità”.
Luca Bianco
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